XXII DOMENICA del Tempo Ordinario (ANNO A)

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Domenica 30 agosto – XXII Domenica del T.O. (Anno A)
II settimana del Salterio
Colore liturgico: verde
Letture del giorno: Ger 20,7-9; Sal 62; Rm 12,1-2; Mt 16,21-27: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso.
Liturgia delle ore: domenica II settimana del salterio

COMMENTO
La carta d’identità dell’amore
“Prima esaltato da Gesù che aveva elogiato la sua confessione di fede e lo aveva istituito “cefa”, pietra sulla quale fondare la sua Chiesa, adesso Pietro al contrario viene umiliato e rimproverato per la sua negligenza a cogliere i segni del divino nel progetto di Gesù di autoconsegnarsi alla croce. Dalle stelle alle stalle. In colui che sarà a capo del collegio apostolico della chiesa vi è una lodevole filantropia nei confronti di Gesù, che prende forma in una premurosa attenzione a che non affronti alcun pericolo, stia lontano dalle insidie, dalle persecuzioni già più volte subite, e soprattutto che non affronti l’estremo supplizio della morte di croce. Un’apprensione nei riguardi del Maestro che dal punto di vista umano non può che essere elogiata.
Satana però molto spesso si traveste da angelo di luce (2Cor 11, 14) e le sue manovre perfide sono ordite mediante le apparenze di bene. E per questo Gesù vede le sue macchinazioni nell’atteggiamento di Pietro: nell’apparente benevolenza del primo apostolo nei suoi confronti vi è un progetto di ribaltamento dei piani divini di salvezza per l’umanità. Se infatti Gesù non si recasse a Gerusalemme non si porterebbe a compimento la tappa espiativa dei peccati di tutti gli uomini, che è appunto quella della croce, Dio non potrebbe pagare il prezzo del suo Figlio per riscattare l’umanità, noi non saremmo stati “giustificati”, cioè non saremmo stati messi in condizioni di meritare la salvezza e soprattutto la morte non sarebbe stata sconfitta per sempre dalla vita con la resurrezione. E’ strano che Pietro non consideri questa realtà trascendentale dell’opera di Gesù: Domenica scorsa avevamo notato che poco prima proprio lui aveva fatto una professione di fede, riconoscendo in Gesù il Cristo, Figlio del Dio vivente. Com’è possibile che adesso, anche se con la retta intenzione di salvaguardarlo da un pericolo, Pietro tenda a distogliere Gesù dalla realizzazione dei veri piani di Dio, quelli della croce ai fini della resurrezione e della salvezza di tutti?
Non poteva che esserci l’opera del maligno negli intendimenti del primo apostolo, così come opera del maligno sarà il suo rinnegamento al canto gallo, quando Gesù sarà stato arrestato. Bisogna invece che Satana stia al suo posto e che non prevarichi l’opera di Dio.
E allora Gesù ribatte: “Vai dietro a me, Satana”. Stai al tuo posto, non prevaricarmi.
Soprattutto perché è ineluttabilmente opera del maligno il successo facile, il guadagno dei premi senza fatica e la vittoria senza i dovuti sacrifici. L’amore senza sacrificio è sempre presunzione, vanità o almeno ostentazione di sé ma non produce alcun beneficio per gli altri. “Sine dolore non vivitur in amore” dice l’Imitazione di Cristo e se oggi non pochi genitori si autoaccusano per evitare la condanna ai propri figli assassini, come non potrebbe Dio, Padre di misericordia, lascia che il suo Figlio sia in balia di accuse ingiuste per una condanna assurda e infame.
Piuttosto c’è da osservare che Gesù si dispone a fare la volontà del Padre compiendo quello che nessun altro uomo farebbe, dando ragione a null’altro che alla causa dell’amore.
Un’anticipazione della croce di Gesù Cristo oggi l’abbiamo soprattutto nella figura di Geremia, il timido profeta lacrimevole talmente avvinto dal dolore e dallo sconforto da essere tentato di arrendevolezza nella sua missione profetica: “Dicevo non parlerò più in nome di costui”. Ma anche in questo caso il progetto di Dio ha la meglio sulle insidie del male e Geremia vince l’apprensione a motivo di qualcosa che lo invita a perseverare, un arcano fuoco ardente che non riesce a contenere e che lo sospinge in avanti.
Quando ci si sente di amare, si avverte infatti di dover superare ogni ostacolo senza raggirarlo e ci si dispone all’eroismo e al paradosso, e se ci sono ostacoli e arrendevolezze si è in grado di superare anche quelli. Nelle mie attività con i ragazzi e i bambini tante volte mi sono trovato in episodi di delusione e di sconforto analoghi a quelli di Geremia, che mi suggerivano di non persistere più nei propositi di generosità e di benevolenza: perché impiegare tempo, inventiva e a volte anche denaro di tasca propria quando i risultati sono solo le ingratitudini, le irriconoscenze e non si raggiungono comunque gli obiettivi sperati? Meglio lasciar perdere e non continuare più nelle iniziative quando queste non sortiscono i loro frutti, basta. Eppure immediatamente dopo qualcosa mi suggeriva che dovevo andare avanti, portare a termine i miei proponimenti e che non potevo trascurare quei ragazzi… Mi sentivo insomma di non poter fare a meno, comunque, di tentare…
L’esperienza della croce è lancinante anche nell’ordinarietà della nostra vita e si imprime anche nei nostri rapporti e nelle nostre attività non senza mancare però di configurarsi come unica carta d’identità dell’amore che persiste anche nelle piccole cose. Il riverbero della croce grande del Signore si ripercuote nelle nostre vicissitudini e nelle nostre esperienze e la croce è essa stessa l’esperienza che ci rende certi di vivere l’amore mentre procede anche per noi il cammino verso Gerusalemme. (Padre Gian Franco Scarpitta, Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola)

Immagine: particolare dell’affresco dell’abside San Pietro con Gesù – Chiesa di San Pietro Crema

A cura dell’Ufficio Liturgico Diocesano