19 ottobre 2024

Veglia per la Giornata Missionaria Mondiale

Il vescovo Daniele ha presieduto la Messa nella vigilia della Giornata Missionaria Mondiale, sabato 19 ottobre 2024, nella chiesa di Ripalta Nuova, ricorrendo il quinto anniversario della beatificazione, e il centesimo anniversario della “prima Messa” celebrata in terra cremasca dal b. Alfredo Cremonesi il 19 ottobre 1924 nella vicina chiesa parrocchiale di S. Michele. Nell’occasione è stato dato il mandato missionario a una coppia di giovani sposi, Roberto e Lorenzo, in partenza per il Guatemala, e sono stati accolti alcuni operatori pastorali provenienti da altri paesi e che hanno iniziato da poco il loro servizio in diocesi di Crema. Pubblichiamo di seguito il saluto iniziale e l’omelia del vescovo.

 

Saluto iniziale

Cento anni fa, non lontano da qui, nella chiesa parrocchiale di San Michele, padre Alfredo Cremonesi, prete da una settimana, celebrava la sua “prima Messa” in terra cremasca. Una singolare coincidenza ha voluto che questa data coincidesse con quella della sua beatificazione, di cui ricorre oggi il quinto anniversario.
Non abbiamo, purtroppo, nessuna testimonianza dello stesso p. Alfredo, a riguardo di quella sua prima Messa: possiamo solo immaginare che cosa gli sia passato nel cuore, in che modo quel momento così importante abbia contribuito a plasmare la sua vocazione missionaria (mentre ricorderà largamente, nel suo diario, l’ultima Messa nella nostra terra, celebrata un anno più tardi al Santuario delle Grazie, prima di partire per sempre per la Birmania).
Toccherà a noi – ma, evidentemente, con la nostra mentalità di oggi, a un secolo di distanza – provare a ricostruire quei pensieri e sentimenti: ci aiuterà senz’altro il tema della 98ª giornata missionaria mondiale, che si celebra in questa domenica, tema che viene da questa parola di Gesù: «Andate e invitate al banchetto tutti», e che mediteremo aiutati anche dal Messaggio di papa Francesco per questa giornata.
Il centenario della “prima Messa” di p. Alfredo spiega perché quest’anno la consueta veglia missionaria si celebra in questo modo, per la nostra Diocesi, ossia con la celebrazione dell’Eucaristia. Essa è il culmine della convocazione della comunità cristiana, riunita intorno al Signore morto e risorto, che sempre rinnova per ciascuno di noi e per tutta la nostra Chiesa il mandato a uscire poi verso tutti, per invitare tutti al banchetto del Regno.
Ancora una volta, siamo richiamati a vivere la dinamica della comunione e della missione: la vivremo anche attraverso il mandato a Roberta e Lorenzo, che avviano un progetto di impegno missionario in Guatemala, attraverso una collaborazione tra la nostra Chiesa e quella di Trento; e poi anche accogliendo altri nostri fratelli e sorelle, che da altre Chiese sono arrivati da poco tra noi, per condividere con noi la “gioia del Vangelo”.
Ringrazio da subito la parrocchia di Ripalta Nuova, che ci accoglie questa sera, con il parroco don Franco e gli altri sacerdoti, e tutta l’unità pastorale, che è intitolata al beato Alfredo. Un saluto speciale a p. Alberto Sambusiti, cremasco e missionario del PIME, come il beato Alfredo; e a don Paolo Rocca, attraverso il quale ci sentiamo uniti alla Chiesa di S. José de Mayo, in Uruguay, e a don Maurizio e a Benedetta.
Porto ancora nel cuore la memoria grata dell’incontro avuto nei giorni scorsi con la piccolissima, ma viva Chiesa di Algeria, alla quale abbiamo promesso un ricordo nella preghiera. La testimonianza di S. Charles de Foucauld e dei diciannove martiri d’Algeria degli anni ’90, insieme con quella del b. Alfredo, sostenga loro e noi nel vivere la missione che Dio continua ad affidare alla sua Chiesa e a ciascuno di noi.

 

Omelia

1. L’ultima parola del vangelo di questa domenica ci aiuta a ricollegarci facilmente, senza bisogno di salti acrobatici, al tema della 98ª Giornata missionaria mondiale. Concludendo il suo insegnamento ai discepoli, dopo il dialogo con Giovanni e Giacomo, i “figli del tuono” (cf. Mc 3,17), Gesù dice: «Il Figlio dell’uomo… non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (10,45).
Possiamo chiederci il perché di questa parola, “molti” (potremmo anche tradurla con: “la moltitudine”) e non “tutti”. L’abbiamo sentita anche nella prima lettura (cf. Is 53,11) e ritornerà nelle parole di Gesù sul calice, durante l’ultima Cena (cf. 14,24). Ci si è chiesti: “molti” vuol dire “tutti”, o vuol dire un’altra cosa? Gesù ha dato la sua vita “per tutti”, o per “molti”, magari anche tanti, ma non “tutti”?
Proprio la parabola degli invitati al banchetto di nozze (cf. Mt 22,1-14), a cui si riferisce il tema della Giornata missionaria mondiale, e anche il Messaggio che papa Francesco ha preparato per questa Giornata, ci aiutano, credo, a trovare la risposta.
Quella parabola ci ricorda, infatti, che l’invito che Dio rivolge a tutti gli uomini, invito alla vita e alla salvezza piena, è esposto al rischio del rifiuto. Quando il re, protagonista della parabola, manda i suoi servi e dice loro: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze» (v. 9), c’è già stata l’esperienza del rifiuto, da parte dei primi invitati. E però – ricorda papa Francesco nel suo Messaggio – «Dio, grande nell’amore e ricco di misericordia, è sempre in uscita verso ogni uomo per chiamarlo alla felicità del suo Regno, malgrado l’indifferenza o il rifiuto».
E sempre l’annuncio del vangelo si espone a questo rischio, perché Dio non si impone mai con la violenza, non smette mai di rispettare quella libertà che egli stesso ha donato all’uomo, e che è uno dei segni più grandi, se non il più grande, della nostra dignità. Per questo, anche, lo stile della missione – come ricorda di nuovo il Papa – è fatto di «gioia, magnanimità, benevolenza, frutto dello Spirito Santo… (cfr Gal 5,22); senza forzatura, coercizione, proselitismo; sempre con vicinanza, compassione e tenerezza, che riflettono il modo di essere e di agire di Dio».
Dio continua a invitare tutti, anche attraverso il nostro impegno missionario. Risponderanno tutti? Accoglieranno tutti, in un modo o nell’altro, il dono di sé, che Gesù ha fatto per loro? La risposta a questa domanda la dobbiamo lasciare a Dio solo.

2. Un altro aspetto avvicina il vangelo della domenica alla parabola degli invitati al banchetto, ed è il linguaggio del servizio: un linguaggio che si esprime con termini diversi ma anche, in particolare, con l’uso del verbo della diakonia, che rimanda al servizio della tavola, della mensa. Nella parabola degli invitati, scrive il Papa,

il re chiede ai servi di portare l’invito al banchetto per le nozze di suo figlio. Tale banchetto riflette quello escatologico, è immagine della salvezza finale nel Regno di Dio, realizzata fin d’ora con la venuta di Gesù, il Messia e Figlio di Dio, che ci ha donato la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10), simboleggiata dalla mensa imbandita «di cibi succulenti, di vini raffinati», quando Dio «eliminerà la morte per sempre» (Is 25,6-8).

L’annuncio missionario – riprendo sempre parole di papa Francesco – si fa

con la gioia di chi sa che «il Signore è vicino» e con la speranza di chi è proteso alla meta, quando saremo tutti con Cristo al suo banchetto nuziale nel Regno di Dio. Mentre dunque il mondo propone i vari “banchetti” del consumismo, del benessere egoistico, dell’accumulo, dell’individualismo, il Vangelo chiama tutti al banchetto divino dove regnano la gioia, la condivisione, la giustizia, la fraternità, nella comunione con Dio e con gli altri.

Ed è ancora una volta il Papa a ricordarci che

questa pienezza di vita, dono di Cristo, è anticipata già ora nel banchetto dell’Eucaristia, che la Chiesa celebra su mandato del Signore in memoria di Lui. E così l’invito al banchetto escatologico che portiamo a tutti nella missione evangelizzatrice è intrinsecamente legato all’invito alla mensa eucaristica, dove il Signore ci nutre con la sua Parola e con il suo Corpo e il suo Sangue.

La memoria corre di nuovo al beato Alfredo, alla sua vocazione missionaria, che certamente anch’egli ha sentito profondamente legata al suo essere prete e quell’Eucaristia che nella sua e nostra terra ha celebrato per la prima volta cento anni fa.

Non l’avrebbe detto, forse, con le stesse parole – perché appunto è passato un secolo – ma credo che avrebbe sottoscritto senza riserve l’invito di papa Francesco a «vivere più intensamente ogni Eucaristia in tutte le sue dimensioni, particolarmente in quella escatologica e missionaria».

E continua (citando anche parole di papa Benedetto XVI):

Ribadisco, a tale proposito, che «non possiamo accostarci alla Mensa eucaristica senza lasciarci trascinare nel movimento della missione che, prendendo avvio dal Cuore stesso di Dio, mira a raggiungere tutti gli uomini» (Benedetto XVI, Sacr. carit. 84 ). Il rinnovamento eucaristico, che molte Chiese locali stanno lodevolmente promuovendo nel periodo post-Covid, sarà anche fondamentale per risvegliare lo spirito missionario in ogni fedele. Con quanta più fede e slancio del cuore, in ogni Messa, dovremmo pronunciare l’acclamazione: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta»!

 

3. Nell’Eucaristia, se l’accogliamo secondo queste indicazioni, si forma anche una comunità, una Chiesa autenticamente missionaria, che non riserva solo ad alcuni “specialisti”, anche eroici – come il beato Alfredo – il compito di testimoniare e annunciare il vangelo.

Ci ricorda ancora papa Francesco che, secondo la parabola del banchetto,

seguendo la raccomandazione del re, i servi radunarono «tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni» (Mt 22,10). Inoltre, proprio «i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi» (Lc 14,21), vale a dire gli ultimi ed emarginati della società, sono gli invitati speciali del re. Così, il banchetto nuziale del Figlio che Dio ha preparato rimane per sempre aperto a tutti, perché grande e incondizionato è il suo amore per ognuno di noi. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

Ma (sono sempre parole del Papa)

la missione per tutti richiede l’impegno di tutti. Occorre perciò continuare il cammino verso una Chiesa tutta sinodale-missionaria a servizio del Vangelo. La sinodalità è di per sé missionaria e, viceversa, la missione è sempre sinodale.

O anche possiamo dire che, di nuovo, comunione e missione, nella Chiesa, si tengono la mano, e l’una non può stare senza l’altra.

Dentro a questo intreccio, a partire da questa nostra Eucaristia e nella Giornata missionaria mondiale che si celebra in tutta la Chiesa, chiediamo a Dio di saper custodire il primato del servizio, che Gesù raccomanda, anzi comanda (cf. Mc 10,43: «Tra voi però non è così») ai suoi discepoli: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (vv. 43 s.).

Di tutti: qui certamente Gesù non esclude nessuno da uno stile di servizio che non ammette eccezioni. E se lui, il Signore, ha scelto l’ultimo posto in un modo che – come amava ripetere Charles de Foucauld – nessuno gli potrà togliere, anche per noi la chiamata al servizio fraterno e universale nella carità sarà senz’altro la via migliore per compiere la nostra vocazione di discepoli-missionari.