1 novembre 2025

Solennità di tutti i Santi

Il vescovo Daniele ha presieduto la celebrazione della Messa nella Cattedrale di Crema per la Solennità di tutti i Santi, sabato 1 novembre 2025. Riportiamo di seguito la sua omelia.

Lunedì scorso, appena arrivati a Gerusalemme per il piccolo pellegrinaggio di pace che noi vescovi lombardi abbiamo avuto la grazia di compiere nei primi giorni di questa settimana, abbiamo celebrato la Messa nella Cattedrale dei Melchiti, cioè dei cattolici di rito orientale, a poche centinaia di metri dalla Basilica del Santo Sepolcro.
Come la maggior parte delle chiese orientali, per lo meno quelle di rito bizantino, questa chiesa è totalmente affrescata, e gli affreschi hanno per oggetto avvenimenti biblici ed evangelici, rappresentati secondo lo stile delle icone bizantine, e figure di santi e di sante (tra i quali anche il nostro san Pantaleone).
Celebrare in questa chiesa dà veramente l’impressione di farlo non da soli, o in pochi (eravamo una trentina di persone in tutto), ma in compagnia di quella «moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua», di cui ci ha parlato il testo dell’Apocalisse nella prima lettura (cf. Ap 7,9).
Le immagini dipinte sulle pareti e sulla volta di quella chiesa non sono infinite, naturalmente; ma quel che conta è l’impressione complessiva che si ha: quella, cioè, di celebrare la liturgia “immersi” nella grande compagnia dei santi, di quella “Chiesa del cielo” che siamo invitati a intuire nella fede ma che, probabilmente, possiamo in qualche modo raffigurarci proprio solo attraverso l’arte.
Nella storia della Chiesa ci sono state epoche nelle quali la percezione di essere parte di una più grande comunità, quella appunto della “Chiesa del cielo”, era molto più forte di oggi: “Chiesa del cielo”, del resto, non voleva indicare una realtà “lontana”, ma una presenza viva, attuale; visibile e percepibile non attraverso la nostra sensibilità abituale, ma attraverso una sensibilità “spirituale” (se vogliamo chiamarla così), che passava però anche attraverso i nostri sensi. Anche le icone dei nostri fratelli e sorelle d’Oriente si offrono allo sguardo dei nostri occhi, ma sono un invito a percepire il “mondo della fede” e ad abitarlo già da adesso.

Di tutto questo vorrei invitare me e voi a percepire soprattutto, oggi, la dimensione “comunitaria”. Aiutati o meno dalle immagini (ne fanno parte, a loro modo, anche le reliquie dei santi), ma anche dalle parole e dai gesti della celebrazione che stiamo vivendo, siamo invitati oggi a contemplare la “moltitudine immensa” dei salvati, di quelli che – come si legge nel libro dell’Apocalisse – «vengono dalla grande tribolazione e… hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (v. 14).
Se ci avete fatto caso, tutte le letture bibliche ci hanno parlato al plurale:
– l’Apocalisse, mettendoci davanti i «centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele» (v. 8) e poi la «moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» (v. 9);
– san Giovanni, nella sua prima lettera, invitandoci a riconoscere il «grande amore [che] ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (1Gv 3,1);
– e le beatitudini, che il Signore proclama per i suoi discepoli, sono tutte al plurale: «Beati i poveri in spirito… beati i miti… beati i misericordiosi…» (cf. Mt 5,3 ss.);

Nessun dubbio, naturalmente, sul fatto che il nostro rapporto con Dio, e la nostra chiamata alla vita, alla fede, alla salvezza, siano profondamente personali; nessun dubbio sul fatto che Dio ci conosce e ci chiama per nome; e nessun dubbio anche sulla personalità e la fisionomia caratteristica, diciamo pure “individuale”, dei singoli santi e sante – di quelli che conosciamo, per lo meno: perché la festa di oggi è un invito a contemplare la moltitudine dei santi e sante che non conosciamo per nome, la grande comunità degli “anonimi e anonime” (per noi, non per Dio, naturalmente) che in tutti i tempi hanno risposto all’amore di Dio con la santità della vita.
Santità, anch’essa, “anonima”, forse, il più delle volte; santità percepita da Dio solo, non proclamata in nessun processo di canonizzazione, e forse neppure riconosciuta da chi viveva vicino a quelle persone; santità che però costituisce la grande “Chiesa dei santi”, di cui siamo parte.

Noi viviamo in un’epoca e in una cultura molto segnate dall’individualismo, e anche noi cristiani ne subiamo l’influsso. Rischiamo, anche per questo, di essere affascinati dalle figure “eroiche” dei santi, da quelli e quelle che “emergono”, che si fanno notare per qualcosa di eccezionale.
Ci fa bene, credo, ricordare che siamo parte di una comunità nella quale abita anche, e forse soprattutto, una santità nascosta e diffusa, quella che papa Francesco chiamava la “santità della porta accanto”. Ci fa bene pensare che anche e forse soprattutto nelle situazioni più drammatiche – quelle della Terra santa che noi vescovi abbiamo visitato nei giorni scorsi, o quelle del Sudan o di altri paesi dell’Africa, quella del Myanmar del nostro beato Alfredo Cremonesi, devastato dalla guerra civile, e tante altre… – ci sono stati e ci sono donne e uomini che cercano la pace, che vivono con mitezza, che si danno da fare per la giustizia, che praticano la misericordia e il perdono…
I “santi del cielo”, che oggi festeggiamo, e nella compagnia dei quali celebriamo ogni Messa (lo ricordiamo in particolare in quella parte della preghiera liturgica che culmina nel canto del “Santo”), sono stati, evidentemente, santi in questa terra, in questo nostro mondo.
E ci fa bene ricordare che i santi sono vicini a noi: sì, quelli che sono già entrati nella vita di Dio, e per i quali oggi noi rendiamo grazie, e che fanno parte dell’unica Chiesa, pellegrina in terra e già partecipe della gloria; ma sono vicino a noi anche perché sono quelli che ogni giorno, per lo più in modo anonimo, spargono nel mondo l’amore e la pace di Dio. Questi santi ci sono, non abbiamo dubbi. L’unico dubbio che può rimanere è questo: e io? E noi? Dove siamo, in questa “storia di santità”?

Ci aiuti Dio, per l’intercessione di tutti i santi e le sante del cielo e della terra, a trasfigurare sempre più la nostra vita, per aver parte alla beatitudine promessa dal Signore Gesù ai miti, ai poveri, a quanti cercano giustizia e pace, a quanti offrono misericordia e cercano sopra ogni cosa il Regno di Dio.