8 dicembre 2023

Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria

Il vescovo Daniele ha presieduto la celebrazione eucaristica nella solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, venerdì 8 dicembre 2023, presso la comunità dei Padri Sacramentini a Ponteranica (BG). Nell’anno 2023, la comunità ha ricordato i cento anni di presenza a Ponteranica e i sessant’anni della morte del venerabile Lodovico Longari, originario della diocesi di Crema (nato a Montodine nel 1889, ordinato prete per la diocesi nel 1912, entrò poi nella Congregazione fondata da S. Pier Giuliano Eymard e ne fu il primo Superiore generale non francese dal 1937 al 1949; morì il 17 giugno 1963. È stato proclamato “venerabile” da papa Francesco il 14 dicembre 2018).

La Messa presieduta dal vescovo Daniele ha concluso l’anno di celebrazioni centenarie della comunità dei Sacramentini di Ponteranica. Riportiamo di seguito l’omelia.

È difficile, molto difficile, dire di no a un’amico, a un’amica. In altre situazioni di relazione tra persone è più facile, mi sembra, dire di no: ai figli, i genitori dicono di no (forse dovrebbero farlo più spesso) quando capiscono che chiedono qualcosa che non va bene per loro; tra sposi, può capitare di dirsi dei no quando ci sono motivi di tensione nella vita di coppia; ai vescovi, e credo anche ai superiori religiosi, come i nostri Padri Sacramentini, capita di sentirsi dire di no dai propri preti (sarà successo anche al p. Longari, quando era superiore generale…): e naturalmente ci possono essere buone ragioni per un no, e altrettanto naturalmente può capitare a un vescovo o a un superiore di dire di no a una richiesta che ricevono…
Ma quando una richiesta, anche impegnativa, ti arriva da qualcuna o qualcuno con il quale hai un bel rapporto di amicizia, è molto più difficile sottrarsi, rispondere di no: forse perché si ha paura di rompere, o almeno di incrinare, quell’amicizia – d’altra parte, se l’amicizia è vera e profonda, sa accettare anche dei no, quando sono motivati e hanno buone ragioni… Soprattutto, però, il fatto è che l’amicizia sincera, profonda, è quel tipo di relazione nella quale ci si sente pienamente accolti, capiti, sostenuti dall’amico o dall’amica… e quindi si è davvero disponibili senza riserve.
Spero che tutto questo ci aiuti a capire un po’ meglio il di Maria a Dio, secondo il racconto dell’Annunciazione, racconto che ben conosciamo, e che abbiamo appena ascoltato nel Vangelo (cf. Lc 1,26-38).
Il di Maria a Dio, la sua disponibilità ad accogliere la chiamata di Dio, di essere Madre del suo Figlio che entra nella nostra condizione umana, avviene in un “clima” che, appunto, possiamo capire con l’esempio dell’amicizia. Certo, non è un’amicizia tra “pari”: Dio è Dio, e Maria è una donna, una creatura. Tra loro, come tra Dio e ogni creatura, c’è una distanza infinita! Infinita, sì, ma non insormontabile, se Dio per primo decide di superarla.
E Dio lo fa: e il superamento di questa distanza si esprime nella familiarità con cui l’angelo, il messaggero di Dio, entra nella casa di Maria; si esprime in quel saluto che ripetiamo tanto spesso nella preghiera dell’Ave, Maria: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (v. 28).
Una parola di gioia: Rallégrati! Una parola di compiacimento: «piena di grazia», cioè colei che si è lasciata riempire dalla benevolenza di Dio; una parola che esprime alleanza e vicinanza: «Il Signore è con te». Dio stesso attraversa la distanza, Dio supera le barriere e offre all’uomo, alla donna – a Maria, in questo caso – la sua amicizia, la sua vicinanza.
E Maria? Sì, in lei c’è il “turbamento”: la vicinanza di Dio non ti lascia indifferente! Ma forse è meglio provare a capire cosa non c’è, nella reazione di Maria a questa irruzione di Dio nella sua vita. Non c’è la paura: quella paura di cui parla invece Adamo, quando si sente interpellato da Dio: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto» (Gen 3,10: cf. I lettura).
Ricordiamo questo: Dio non stava cercando Adamo come un sovrano adirato, come un poliziotto che dà caccia a un malfattore, no: subito prima di questo dialogo tra Dio e l’uomo, la Bibbia racconta che Dio «passeggiava nel giardino alla brezza del giorno» (cf. Gen 3,8). Il “giardino” era l’abitazione che Dio aveva dato ad Adamo e a Eva: e Dio vi passeggiava proprio come uno che vuol andare a fare due chiacchiere con degli amici. È chiaro il senso dell’immagine: anche dopo il peccato (perché Adamo ed Eva hanno già mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, che Dio aveva loro proibito) Dio continua a offrire all’uomo e alla donna, all’umanità, la sua amicizia.
Ma qualcosa ormai si è rotto, tra Dio e l’uomo: l’amicizia si è incrinata, e sono proprio l’uomo e la donna a sottrarsi, a nascondersi, a fuggire impauriti da quel Dio che pure voleva ancora mostrare il suo volto amico… L’amicizia tra Dio e l’uomo si è rotta, e da allora tutto ciò che Dio fa per l’uomo, lo fa per ripristinare questa amicizia, per superare la paura, per ritrovare la sua familiarità con l’uomo e con la donna, e con il mondo intero.

Il punto di arrivo di questa incessante opera di Dio è il dono di Gesù, il suo Figlio, la cui nascita celebreremo tra un paio di settimane, nella festa del Natale. E per farci arrivare il suo Figlio, Dio ha avuto bisogno del di una donna; ha avuto bisogno di una donna che non avesse paura di Lui, di una donna in grado di intuire, nella fede, la vicinanza e l’amicizia che Dio vuole offrire all’umanità; di una donna che capace di dire il suo , ma non perché costretta, come se fosse stata una schiava, al contrario: Dio ha cercato una donna che fosse in piena sintonia con Lui, e per questo pienamente libera, e capace di dire nella libertà quel che, appunto, riusciamo a capire un po’ meglio, pensando a cosa accade tra amiche e amici sinceri.
Questa donna, Maria di Nazareth, Dio non l’ha solo cercata, ma l’ha, per così dire, “preparata”. E questa preparazione risale fino al primo istante della sua esistenza, fino al momento del concepimento: è ciò che celebriamo oggi, appunto, la “concezione” di Maria (esattamente nove mesi prima della sua nascita, che celebreremo l’8 settembre), quella “concezione” che la fede cristiana riconosce come “immacolata”, cioè non segnata dal peccato, dalla eredità di peccato che, da Adamo ed Eva in poi (cioè fin dagli inizi dell’umanità) ogni uomo e donna porta con sé, entrando nel mondo.
Concepita, e dunque entrata nel mondo, senza la colpa del peccato, Maria è libera dalla paura, e può percepire meglio la benevolenza di Dio, può sentire meglio la sua vicinanza e amicizia; e quando arriva la richiesta di Dio, può dire il , può rispondere a Dio non come una schiava costretta a subire un ordine, ma come un’amica che, in piena libertà, non esita a compiere ciò che le viene chiesto, anche se ciò scombussola tutta la sua vita.

Noi oggi abbiamo motivo di rallegrarci per tutto questo: il di Maria è la porta attraverso la quale il Figlio di Dio è venuto a farci conoscere tutta la benevolenza e l’amore del Padre, a farci conoscere quanto siamo amati, quanto sta a cuore a Dio la nostra pienezza di vita; è venuto perché comprendessimo che siamo al mondo in base al “disegno d’amore della sua volontà” (cf. Ef 1,5-6: II lettura), non per caso, e tanto meno per disgrazia.
Ma il di Maria è anche un invito a fare nostro il suo comportamento: a riconoscere l’amicizia di Dio per noi, e a rispondervi nella libertà piena e disponibile della ragazza di Nazaret.
Questo potrà avvenire nella vita di ciascuno secondo le diverse chiamate di Dio: nel lavoro, nella famiglia, nel matrimonio, o nella vita religiosa, come i nostri Padri Sacramentini secondo il carisma del loro fondatore, san Pier Giuliano Eymard… Nell’uno o nell’altro modo, Maria ci aiuti a riconoscere il volto amico di Dio; e poiché anche noi siamo stati liberati dal peccato e da ogni paura, ci insegni a rispondere ogni giorno alla voce di Dio con il generoso di chi si sente amato e salvato, ed è disponibile a fare della propria vita un dono di amore.