Si è tenuto venerdì 3 maggio 2024 il pellegrinaggio diocesano al santuario di Santa Maria della Croce, concluso con la celebrazione dell’Eucaristia, presieduta dal vescovo Daniele. Riportiamo di seguito la sua omelia.
Il nostro convenire qui, presso la Basilica di Santa Maria della Croce, si collega ormai da qualche anno a una preghiera speciale e a un affidamento a Dio delle nostre famiglie, e di tutte le famiglie della nostra Chiesa diocesana: in preparazione anche alla Giornata diocesana della famiglia, che siamo chiamati a vivere nella sesta domenica di Pasqua (che quest’anno cade tra due soli giorni, il 5 maggio).
Per questo ho voluto contemplare con voi anzitutto, attraverso il passo del vangelo appena ascoltato (cf. Lc 2,41-52), la famiglia di Gesù: e contemplarla in un momento di crisi, un momento per certi versi simile a una delle cose più normali (e anche più delicate) che accadano in una famiglia, quando i figli o le figlie adolescenti incominciano a prendere qualche distanza in più dai genitori, e diventano motivo di fatiche e incomprensioni, e non fanno molto per rispondere allo sconcerto dei genitori…
Proprio come Gesù che, alla domanda di Maria («Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo»: Lc 2,48), risponde con una frase tutt’altro che accomodante: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (v. 49). Così poco accomodante, come risposta, che i genitori semplicemente «non compresero ciò che aveva detto loro» (v. 50): parabola perfetta, direi, di ciò che tante volte accade nelle famiglie.
Mi sembra bello pensare che anche Giuseppe e Maria si sono trovati disarmati e sconcertati davanti a questo loro figlio adolescente – anche se magari i figli adolescenti di oggi non si mettono a parlare di questioni religiose con dei professori di teologia… ma non si sa mai!
Ho detto che Giuseppe e Maria si trovano disarmati e sconcertati di fronte al comportamento e alle parole di Gesù: ma non è del tutto vero. Hanno qualcosa con cui far fronte a tutto questo: «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (v. 51). L’evangelista aveva detto la stessa cosa al momento della nascita di Gesù, dunque dodici anni prima, raccontando della visita dei pastori a Gesù appena nato: «Maria… custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (v. 19).
Credo che non ci sbagliamo, se interpretiamo questo atteggiamento di Maria anzitutto nell’ordine della preghiera – di quella preghiera che ci viene anche proposto di mettere al centro della celebrazione della Giornata della Famiglia, di cui dicevo prima. Ciò che Maria custodisce e medita nel cuore è appunto l’insieme delle vicende che vive, sono le cose che accadono, i comportamenti e le parole di questo figlio e di chi ha a che fare con lui, sono anche i dubbi e le domande che sorgono… ma custodite nella fede, custodite nella presenza di Dio e nell’ascolto della sua parola… Di modo che possiamo pensare che in Maria si sia realizzato in modo pieno quel processo che avverrà nei discepoli di Emmaus, in quel loro sentire «ardere il loro cuore» (cf. Lc 24,32) a mano a mano che l’ascolto di Dio e l’intimità con Lui aiutano a portare il peso anche delle crisi più difficili e delle vicende più dolorose.
Questa stessa fiducia nella preghiera ci è chiesto di avere, come comunità cristiana, nel tempo difficile che stiamo vivendo. Ho pensato che il nostro ritrovarci qui, a Santa Maria della Croce, fosse anche un’occasione da non perdere per invocare il dono della pace, affidandoci all’intercessione di colei che la tradizione cristiana invoca più che mai come “Regina della pace”.
Ce lo ha ricordato il card. Matteo Zuppi, nell’intervento che ha fatto qui a Crema il 15 aprile scorso: la preghiera, la preghiera per la pace, non come ultima risorsa, quando tutto il resto sembra non funzionare più; ma la preghiera come prima risorsa, perché anzitutto i nostri sentimenti e pensieri si dispongano a parole e opere di pace; e poi perché si orientino alla pace i pensieri e le opere di tutti, e in modo particolare di quelli che guidano i destini e le scelte dei popoli.
Le parole di Paolo agli Efesini, che abbiamo ascoltato nella prima lettura (cf. Ef 2,13-22), ci hanno ricordato che la “nostra” pace ha un nome preciso, che è quello di Gesù Cristo. Paolo lo contempla in quella che, per i cristiani delle prime generazioni, era la prima opera di pace: aver tolto la separazione che divideva, come un muro invalicabile, il popolo di Israele, il popolo scelto da Dio, rispetto agli altri, alle “genti”.
Di questi “due”, un tempo nemici e lontani, Gesù Cristo ha fatto «una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia» (Ef 2,14); e lo ha fatto «nella sua carne», «per mezzo della croce» (vv. 14-16); mettendo in gioco, per creare questa pace, l’intera sua esistenza.
Il muro di divisione tra ebrei e pagani, quel muro che Gesù ha fatto crollare abbracciando con la sua croce gli uni e gli altri, è il prototipo di tutti gli altri muri, che incessantemente siamo tentati di erigere, contraddicendo la croce di Cristo, di lui che «è venuto ad annunciare pace» a quanti erano lontani, «e pace a coloro che erano vicini» (v. 17), perché tutti potessimo presentarci «al Padre in un solo Spirito» (v. 18).
La preghiera del Padre nostro, che Gesù ci ha consegnato, e che ci viene riproposta anche in vista della Giornata diocesana della famiglia, noi la ripetiamo spesso e, temo, un po’ superficialmente: perché ci dimentichiamo che dietro di essa c’è tutto questo, c’è la croce del Signore che si è fatto nostra pace, perché tutti noi potessimo accogliere la piena comunione con l’unico Padre che è nei cieli – quel “Padre” al quale Gesù, come dichiara a Maria e Giuseppe nel tempio, consacra tutta la sua esistenza (cf. Lc 2,49) –, e potessimo considerarci e vivere tra noi come fratelli.
La Vergine Maria, regina della pace, interceda per noi, accompagni e sostenga la nostra preghiera al Padre, per mezzo di Cristo, il Figlio amato, nell’unico Spirito; e ci insegni a prenderla sul serio, questa preghiera, perché da Cristo, nostra pace, e dal mistero della sua Pasqua, attingiamo forza per continuare a credere ostinatamente nella pace, per invocarla senza mai stancarci, per metterla in atto nei nostri comportamenti quotidiani e nelle nostre scelte di vita.