16 giugno 2023, Cattedrale di Crema

Ordinazione presbiterale di don Andrea Berselli – Solennità del S. Cuore di Gesù

Nella solennità del S. Cuore di Gesù, venerdì 16 giugno 2023, il vescovo Daniele ha presieduto nella Cattedrale di Crema la liturgia di ordinazione presbiterale di don Andrea Berselli.

 

Saluto all’inizio della celebrazione

Un saluto affettuoso e cordiale a tutti voi, qui riuniti in Cattedrale, e a quanti partecipano a questa liturgia attraverso la diretta streaming e la Radio Antenna5.
Saluto tutto il popolo santo di Dio della nostra Chiesa e di altre Chiese: il presbiterio diocesano, che stasera accoglie con gioia un nuovo membro; i diaconi, le consacrate e consacrati, le famiglie, e in modo particolare i genitori di Andrea, ai quali voglio esprimere speciale riconoscenza.
Do il benvenuto a quanti provengono dalla parrocchia di origine di don Andrea, san Carlo Borromeo, in unità pastorale con le comunità del S. Cuore (che celebra proprio oggi la sua festa) e di Santa Maria dei Mosi; e saluto le parrocchie di ministero, Vaiano e Monte Cremasco, in unità pastorale con Palazzo Pignano, Scannabue e Cascine Capri e Gandini.
Un saluto particolare ai membri dell’Azione Cattolica, alla quale don Andrea è particolarmente legato. Immagino che siano con noi anche alcuni studenti e colleghi di insegnamento di don Andrea: grazie per essere qui!
Saluto nel Signore tutti i seminaristi delle altre diocesi e il rettore del seminario di Lodi, don Anselmo Morandi. Ringrazio tutti i formatori e docenti, e il rettore di Crema, don Gabriele Frassi, che sta per concludere il suo lungo e impegnativo mandato, per passare il testimone a don Simone Valerani. Accompagniamo con la preghiera Gianni, Matteo e Riccardo, che incominceranno dopo l’estate la loro formazione in Seminario: e preghiamo perché altri li possano raggiungere, e Dio arricchisca la nostra Chiesa di tutte le chiamate, i doni, le vocazioni che il suo Spirito sa suscitare.
Tu, don Andrea, sei qui, questa sera, perché hai ascoltato la parola di Gesù: «Venite a me… Prendete il mio giogo sopra di voi… Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero». Ti sia davvero leggero, e fonte di inesauribile gioia, anche grazie la nostra preghiera, il ministero che questa sera Dio ti affida per il bene della sua Chiesa.

 

Omelia

Ogni tanto, guardando le infinite riproduzioni del Sacro Cuore, le statue che ci sono nelle chiese, le immagini che si trovano anche nelle case, le immaginette votive ecc. – cose che, molto spesso, dal punto di vista artistico lasciano un po’ a desiderare… – ci viene da domandarci: ma questa devozione, che ha avuto un seguito così largo nella Chiesa specialmente negli ultimi secoli, è ancora adatta a noi? Parla ancora alla nostra sensibilità, al nostro immaginario?
Poi uno scopre che di cuori e cuoricini ne circolano parecchi: anche, per dire, nei nostri telefonini: cuori fiammeggianti, cuori spezzati, cuori fasciati, cuori sanguinanti… E dunque, chissà: questo è un simbolo che ha ancora qualcosa da dire, non è poi così estraneo neppure al tempo presente.
Certo, a noi interessa soprattutto il fatto che questo simbolo sia molto presente anzitutto nella Scrittura; interessa il fatto che anche Gesù abbia usato questo linguaggio per comunicare qualcosa di sé (lo abbiamo sentito poco fa nel vangelo: cf. Mt 11,25-30), e non qualcosa di secondario: perché il cuore, nel linguaggio della Bibbia, rimanda al centro profondo della persona, alla sede non solo dei sentimenti, ma anche e soprattutto delle decisioni, al luogo dove l’uomo dispone di sé davanti a Dio e davanti ai fratelli.
E allora non ci stupisce constatare che, per dire la sintonia particolare di un uomo con Dio – e specialmente di un uomo al quale Dio affida una missione in favore del suo popolo – si usi questo linguaggio, si parli di un uomo «secondo il cuore di Dio», un uomo capace di pensare, di sentire, di agire, di comportarsi in profonda sintonia con Dio.
Ce lo ricorda una promessa di Dio al suo popolo, che risuona nel libro di Geremia: «Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza» (Ger 3,15).
Sì, noi siamo qui, questa sera, sorretti da questa convinzione: Dio sta donando alla nostra Chiesa un nuovo prete, don Andrea, e mostra così la sua fedeltà a questa promessa: che non manchino al suo popolo pastori secondo il suo cuore, ministri (cioè “servitori”) e guide in sintonia con il “cuore” di Dio stesso, il cui “sentire” è riassunto così straordinariamente soprattutto nelle parole di san Giovanni, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura (cf. 1Gv 4,7-16).
Siamo qui, convinti che Dio continua e continuerà a cercare e a chiamare, perché non manchi alla sua Chiesa nessuno dei doni, delle chiamate, delle persone, che mettendosi in sintonia col cuore di Dio, si rendono disponibili alla sua opera, per la Chiesa e per il mondo. Siamo qui, convinti che ci siano ancora uomini e donne, giovani e ragazze, attenti alla chiamata di Dio alla vita, alla gioia, al dono di sé ai fratelli.

Che cosa poi voglia dire concretamente per te, carissimo don Andrea, essere un prete «secondo il cuore di Dio», credo lo si possa capire meglio richiamando alcuni testi in cui Gesù mette in luce le “disfunzioni” del cuore dei suoi interlocutori; che, spesso, sono i suoi stessi discepoli (e questo ci deve far pensare…)!
Accade agli interlocutori di Gesù, e anche ai discepoli, di avere il «cuore indurito» (cf. Mc 3,5; 6,52; 8,17): e dunque potrebbe accadere anche a un prete, questa «durezza di cuore» che consiste, credo, soprattutto nel non saper assecondare la misericordia del Padre, e non saper scorgere l’opera dello Spirito nelle persone, e dimenticare l’azione instancabile con la quale il Dio di Gesù Cristo va in cerca specialmente degli ultimi, dei “perduti”, di quanti si sono o sono stati “allontanati”.
Dio ti doni un “cuore di carne”: un cuore di prete capace di compatire e di accompagnare; di parlare ma anche, prima ancora, di ascoltare; ti aiuti a credere ostinatamente al desiderio di salvezza di Dio per tutti; ti conceda, specialmente nel ministero del sacramento della Penitenza, di far sentire ai fratelli l’infinita tenerezza del cuore di Dio.

Nel cuore dei discepoli di Gesù si annida, poi, a volte, un modo “mondano” di intendere la loro chiamata e la loro missione. Càpita loro di discutere – beninteso, di nascosto da Gesù – sui primi posti, su chi sia il più grande, il più importante… Ma Gesù conosce il loro cuore (cf. Lc 9,47), conosce il nostro cuore, e non ce la manda a dire.
Sa – come sai anche tu – che non si diventa preti per primeggiare, per comandare, per esercitare sugli altri un potere al modo in cui lo esercitano i grandi delle nazioni, ma per cercare l’ultimo posto (cf. Lc 9,48), e stare in mezzo ai fratelli «come colui che serve» (Lc 22,27). E se c’è un “potere”, al quale Gesù tiene, è quello di dare la vita, la \emph{sua} vita (cf. Gv 10,19); e a chi, rispondendo alla sua chiamata, mette se stesso a servizio dei fratelli nella Chiesa, egli dà lo stesso potere, né più né meno: il potere, cioè la capacità, di fare della propria vita un dono di amore.
La celebrazione dell’Eucaristia sarà, per te e per coloro con i quali e per i quali la celebrerai, il “luogo” principale, dove attingere questo potere, una capacità di dono che non viene da noi, ma solo dal Signore Gesù: perché rimane fermo che «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,10). Ed è appunto nell’Eucaristia che possiamo andare al cuore di questo mistero.

Càpita che il cuore dei discepoli, e anche quello dei preti, si «appesantisca»: non (mi auguro) per via di «dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita» (cf. Lc 21,34: è comunque un rischio dal quale Gesù mette in guardia i suoi…); ma può capitare che si appesantisca per la sfiducia, per l’affievolirsi della speranza, perché i tanti desideri e aspettative che porta con sé un momento bello e gioioso, come quello che stiamo vivendo, fanno poi i conti con gli scarsi risultati, le delusioni, persino con ciò che agli occhi del mondo sembra un fallimento…
E quindi forse capiterà anche a te, come ai due che se ne andavano tristi verso Emmaus, di sentirti dire: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!» (cf. Lc 24,25). Se questo dovesse accadere, ringrazia il Signore, perché sai che Lui solo può dirti questa parola, che manifesta il suo amore fedele.
E Lui continuerà a sostenerti attraverso la meditazione assidua della Parola di Dio; potrai ritrovare in tutte le sue pagine le ragioni vere della fiducia e della speranza; nella vicinanza a Lui, sentirai ardere il tuo cuore (cf. v. 32), e vivrai l’esperienza della consolazione e della gioia, che anche nei momenti più difficili ti rimette per via e ti porta verso i fratelli, per trasmettere loro la buona notizia che Lui è vivo (cf. v. 23), e continua a offrire a tutti pienezza di vita.

Hai scelto come tuo “motto” la parola di Paolo a Timoteo: «So a chi ho dato la mia fiducia» (2Tm 1,12). E colui nel quale poni la tua fiducia ripete a te, e a tutti noi, questa sera: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1).
Sostenuto da questa fiducia, ti auguriamo di essere sempre un cristiano, e un prete, «secondo il cuore di Dio»; ti auguriamo – assicurandoti la nostra preghiera – di rimanere sempre nell’amore del Padre e del Figlio, per la forza dello Spirito che invochiamo su di te (cf. 1Gv 4,13.16).
Ti auguriamo, in definitiva, che tutta la tua vita di prete non testimoni altro che questo: «Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (ivi, v. 11).