OMELIA PER LA CELEBRAZIONE DEL MANDATO AGLI OPERATORI PASTORALI. CATTEDRALE 29/09/2017

MANDATO AGLI OPERATORI PASTORALI
 
 
È una grazia del Signore celebrare questa liturgia, che costituisce il culmine del nostro convenire all’inizio dell’anno pastorale. Abbiamo cercato di riflettere insieme e di confrontarci nelle nostre esperienze e desideri, soprattutto riguardo alla missione della Chiesa di testimoniare il vangelo con i giovani e per i giovani; ci siamo messi in ascolto anche di chi ci ha utilmente provocati a di fronte al rischio di una «erosione del futuro», che minaccia seriamente l’orizzonte della nostra vita e della nostra fede; in questa terza sera, raccolti qui in Cattedrale, facciamo dei nostri progetti, desideri e speranze quel che facciamo con il pane e il vino, ogni volta che celebriamo l’Eucaristia: li presentiamo a Dio, ben sapendo che essi contengono anche il frutto del nostro lavoro, perché sia Lui, però, a prendere ogni cosa nelle sue mani, e a restituirci ogni cosa, ma trasfigurata dalla forza trasformante della Croce del Signore e dalla grazia dello Spirito.
Ogni fedele è invitato a presentare a Dio, con il pane e il vino, tutta la propria vita, perché essa entri nel dinamismo della Pasqua del Signore, che porta a compimento ogni cosa: lo facciamo questa sera anche come Chiesa diocesana, perché solo così i nostri progetti e sforzi – generosi ma sempre fragili, se affidati solo alla nostra buona volontà –, possono trovare non il compimento che vogliamo noi, ma quello che vuole Dio, e nel modo che vuole Dio.
 
Facciamo tutto questo nel giorno in cui la Chiesa celebra gli angeli, e in particolare gli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele: celebra cioè quelle creature nelle quali si realizza pienamente l’essere rivolti a Dio e il servizio al suo disegno di salvezza. Lo diremo nel prefazio, all’inizio della preghiera eucaristica: gli angeli «stanno davanti a te per servirti, contemplano la gloria del tuo volto e giorno e notte cantano la tua lode».
All’inizio di questo nostro anno pastorale, chiediamo anche per noi la grazia di lasciarci illuminare dalla contemplazione del volto di Dio, che ci è stato manifestato in Gesù, e di poterlo servire: ricordando che il servizio di Dio non è la schiavitù a un padrone capriccioso, ma la gioia di poter collaborare al suo desiderio di vita, di misericordia, di salvezza per l’uomo e per il mondo; è la grazia di saperci amati, perdonati e salvati da Dio, e di poter testimoniare tutto questo in mezzo ai fratelli. 
 
I tre arcangeli, che veneriamo oggi nella liturgia, ci sono presentati nella Bibbia associati ad alcune azioni particolari: come ha fatto anche papa Francesco nella liturgia di oggi, le possiamo riprendere brevemente, perché ci danno un orientamento utile anche per noi.
La figura di Michele, l’arcangelo «lottatore», «combattente», ci ricorda che accogliere la grazia del vangelo comporta sempre anche una lotta, un combattimento: contro il male che è in noi, prima di tutto, contro la tentazione diabolica – che è stata proposta anche a Gesù – di cercare le vie più facili: il successo, il potere, la seduzione, il dominio, le ricchezze…
Ho ricordato che quel che facciamo questa sera consiste nel far entrare ogni nostro progetto e desiderio nel dinamismo della Pasqua, dentro al quale l’Eucaristia ci conduce; ma questo dinamismo è anche il combattimento contro la tenebra del male, è anche l’agonia (la lotta, appunto); la viviamo nella certezza che «noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati» (Rm 8, 37), ma anche nella consapevolezza di doverci sempre affidare all’aiuto di Dio e di non poter contare troppo sulle nostre forze.
 
L’angelo Gabriele è l’angelo dell’annuncio, l’angelo della «buona notizia», del vangelo. Ci ricorda il dono prezioso, inestimabile, la perla di grande valore, che è per noi il vangelo di Gesù Cristo: per noi, ma anche per gli altri. Solo questo, solo la consapevolezza di dover testimoniare anche ad altri questa buona notizia, solo il desiderio di condividere con altri l’amicizia con Gesù e la grazia della vita nuova, buona e bella, in lui, ci spinge a impegnarci, dentro e fuori delle nostre comunità, per essere anche noi «angeli», cioè annunciatori, messaggeri di questa buona notizia: anche con le parole, se necessario, ma soprattutto con la bellezza di una vita sempre più conforme a quella del Signore Gesù.
 
Raffaele è l’angelo del cammino: nel Libro di Tobia è il compagno di viaggio di Tobia: di un giovane, appunto, che si muove alla scoperta della vita – in un viaggio che ha a che fare con problemi economici, ma è anche un viaggio verso la ragazza che sposerà – e trova questo compagno inaspettato, che condivide i suoi passi e li condurrà a un esito felice.
È bello pensare di poter essere anche noi compagni di viaggio e «facilitatori di futuro» per i tanti giovani (ma non solo i giovani…) che spesso si ripiegano sul presente soltanto perché così fa comodo alla nostra società e perché non trovano nessuno che sia disposto a camminare con loro.
Andando verso il «sinodo dei giovani», che la Chiesa celebrerà l’anno prossimo, ricordiamo che «sinodo» vuol dire proprio «camminare insieme»: questo sinodo lo faremo noi se, come Raffaele, sapremo affiancarci ai giovani, condividerne il cammino, aiutarli a scoprire la bellezza dell’amore di Dio nella loro vita.
Ce lo conceda il Signore, nell’anno che ci sta davanti.