Venerdì 30 maggio 2025 il vescovo Daniele ha accolto in Cattedrale gli adolescenti e i giovani impegnati a vivere le prossime esperinze estive: Grest, campi scuola, esperienze caritative e missionarie, Giubileo dei giovani, campi scout ecc. Pubblichiamo le parole che il vescovo ha rivolto ai giovani durante il momento di preghiera.
Cosa sarà passato nella testa dei quattro pescatori di Galilea, nel momento in cui si sono sentiti chiamare da Gesù e hanno deciso di lasciare lì tutto, barca, famiglia, lavoro… per mettersi in cammino dietro di lui (cf. Mt 4,18-22)?
Difficile dirlo. I racconti dei vangeli sono “stilizzati”: riassumono in poche righe il significato della chiamata, ma non si perdono dietro le circostanze concrete e, meno ancora, dietro ai sentimenti, i pensieri, le emozioni che si potevano agitare nella testa o nel cuore dei chiamati.
Noi, invece, viviamo molto di emozioni – e magari, giustamente, ci stiamo già chiedendo quali emozioni e sensazioni ci potranno regalare le esperienze estive, per le quali ci stiamo preparando, e per le quali chiediamo, questa sera, la benedizione di Dio; per questo, lo “stile” dei vangeli può sembrare deludente.
Cerchiamo però di raccogliere qualcosa da queste poche righe del vangelo di Matteo. E anzitutto questo: i quattro discepoli sanno che cosa stanno lasciando (un lavoro ben preciso, una rete di relazioni, un contesto di vita…) ma non a che cosa vanno incontro: partono per l’ignoto.
Per noi, probabilmente, non tutto sarà altrettanto ignoto: lasciamo, però, un po’ di spazio per farci raggiungere da ciò che non conosciamo e non prevediamo; da ciò che potrà sorprenderci, entusiasmarci, stupirci… e forse anche deluderci, o irritarci… perché anche queste sono possibilità da non scartare.
Nel nostro modo di vivere, dove i navigatori ci dicono con esattezza a che ora si concluderà il viaggio, dove con Google Maps o altre cose del genere possiamo andare a vedere con un’approssimazione di pochi centimetri dov’è che ci toccherà alloggiare, e dove non ci troveremo mai, probabilmente, nella situazione di non riuscire a messaggiare che con chi è rimasto a casa, o è in movimento in qualche altra parte del mondo, l’ignoto, la sorpresa, la scoperta, possono diventare merci molto rare. Lasciamo nei nostri zaini un po’ di spazio a tutto questo.
E poi: i pescatori di Galilea lasciano tutto, partono per un’avventura in gran parte sconosciuta, ma partono dietro a Gesù. E questo, naturalmente, fa la differenza. Il cristiano non va in giro per il mondo semplicemente come un turista, o come un vagabondo: se mai, come un pellegrino, come qualcuno che, al di là delle giravolte più improbabili, sa di avere davanti a sé una meta, sa di compiere un cammino che ha un senso. E sa di farlo in compagnia di Qualcuno che si è presentato a lui come la Via, e come una luce seguendo la quale è sicuro di non perdersi, neppure nel buio più fitto.
Questo non vuol dire che sia sempre facile seguirLo. I vangeli ci ricordano che i discepoli, anche quelli più bravi (e in particolare proprio questi primi chiamati, Pietro, o i due figli di Zebedeo), anziché andare dietro a Gesù, si mettono di traverso, pretendono di saperne più di lui, di insegnargli come dovrebbe svolgere la sua missione, come dovrebbe trattare quelli che non fanno parte del gruppo, come rispondere o non rispondere alle persone…
I discepoli di Gesù ci sembrano decisamente inadeguati, e i vangeli non hanno paura a raccontarlo. Ma sono anche eloquenti, i vangeli, nel farci vedere come Gesù non li abbandona mai, e continuamente rimette in piedi il loro camminare un po’ vacillante, continuamente riapre loro la strada, anche e soprattutto dopo il fallimento più grande, quando, davanti alla prova della passione e della croce, tutti lo abbandonano e scappano via.
Gesù, il risorto, li rimette in cammino, anche se non sempre lo si riesce a riconoscere, a percepirne la presenza. Ma la sua parola fa ardere il cuore, nel pane spezzato egli si fa riconoscere, e continua a mettersi nelle loro mani – nelle nostre mani – perché la sua buona notizia continui a percorrere le vie del mondo.
Da ultimo: la promessa che il Signore fa ai quattro pescatori è un po’ strana, un po’ enigmatica: «Vi farò pescatori di uomini». Lì per lì, non si capisce bene che cosa Gesù voglia dire, anche se poi con il proseguire del racconto nei vangeli le cose si capiranno un po’ meglio.
Teniamoci questa promessa del Signore come promessa di incontri che si renderanno possibili, di relazioni che si potranno intrecciare, nelle nostre diverse avventure estive.
Noi sappiamo che è nel volto dell’altro, del fratello, della sorella, anche dello sconosciuto che potremo incontrare occasionalmente, e con il quale avremo forse qualche difficoltà a parlare, o con il quale sarà difficile trovare un’intesa… è in loro, soprattutto, che il Signore promette di compiere il nostro desiderio di comunione, di relazione: il nostro desiderio di amare e di essere amati.
Nel volto e nel cuore dell’altro, dell’altra, il Signore stesso ha promesso di farsi riconoscere: lasciamoci attirare da questa promessa, facendo anche lo sforzo di non accontentarci delle relazioni “virtuali”, che allargano enormemente i nostri orizzonti, ma rischiano anche di farci rimanere alla superficie.
Insomma, ci sarà tanta bella umanità da “pescare”, nelle nostre attività estive: ma, appunto, la potremo pescare in bambini e bambine, in giovani e ragazze, in donne e uomini concreti, non immaginati o digitalizzati; e, naturalmente, lasciandoci anche “pescare” dagli altri, senza paura di perderci, cercando di non difenderci troppo, aprendoci alla bellezza e al rischio dell’incontro, che lo Spirito di Dio saprà poi dilatare in pienezza di umanità e promessa di beatitudine.