Lunedì 27 maggio 2024 il vescovo Daniele ha presieduto, in Cattedrale, i funerali di don Isacco Dognini, canonico della Cattedrale, spirato il 25 maggio 2024. Riportiamo di seguito l’omelia.
Don Isacco, decano del nostro presbiterio, era stato ordinato prete nel 1957: per pochi giorni non è arrivato al 67° anniversario di ordinazione, perché era stato ordinato il 30 maggio. Proprio in quella data, sette anni fa, nella cappella dell’episcopio, avevamo celebrato la Messa di ringraziamento per il sessantesimo anniversario: vescovo a Crema da meno di due mesi, avevo accolto molto volentieri la proposta di questa celebrazione, che vide la partecipazione, insieme con don Isacco, di don Ennio Raimondi (al quale va il nostro pensiero affettuoso) e degli altri confratelli che in questi ultimi anni hanno preceduto don Isacco nell’ultimo viaggio: don Mauro Sgaria e don Marco Lunghi.
Furono ordinati preti insieme, ma avevano età diverse: i più “anziani”, in quella classe di ordinazione, erano don Giovanni Zaninelli (che io non ho conosciuto) e don Isacco, tra loro pressoché coetanei: avevano quasi ventisei anni, al momento dell’ordinazione, un’età in un certo senso “alta”, per l’epoca, quando era normale diventare preti tra i ventitré e i ventiquattro anni.
Ignoro le ragioni concrete di questa piccola differenza di età: ma mi ci ha fatto pensare l’episodio del vangelo che abbiamo ascoltato. Perché colpisce, l’atteggiamento di questo tale che con una certa precipitazione va verso Gesù, anzi corre verso di lui, gli si getta ai piedi, e prorompe in questa domanda: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» (Mc 10,17).
L’evangelista Marco non dice che età avesse questo tale: è Matteo a specificare che si trattava di un giovane (cf. Mt 19,20): e forse lo ha fatto proprio pensando a questa corsa, a questo gettarsi ai piedi di Gesù, a questa domanda piena di desiderio di fare cose belle, di realizzare una vita piena, di guardare addirittura alla “vita eterna”…
Sta di fatto che questa corsa, questa foga, questo desiderio bello… tutto si sgonfia, tutto finisce in tristezza, in un nulla di fatto: e pensare che Gesù, a questo tale, non aveva neppure chiesto di fare qualcosa di particolare, oltre a osservare i comandamenti – cosa in un certo senso “normale”, e che di fatti quell’uomo dichiara di aver osservato fin dalla giovinezza (cf. Mc 10,20).
Più che riempirsi di cose da fare (com’era la domanda di quel tale: cf. v. 17), Gesù gli aveva proposto di “svuotarsi”, di abbandonare tutti i suoi beni – e forse di abbandonare, con questi beni, anche la consapevolezza di essere “bravo” (perché lo era, di fatto!) – e di seguire lui, quel Gesù verso il quale quell’uomo era corso così entusiasticamente.
Non so in quale momento della sua giovinezza don Isacco abbia provato qualcosa di simile al desiderio di quell’uomo; non so quando, di preciso, abbia sentito rivolto a sé quello sguardo di amore, con il quale Gesù guarda quell’uomo – quel giovane, forse – che sembrava così bravo, così generoso e disponibile…
Non so se a don Isacco sia stato necessario qualche tempo in più, qualche riflessione più pacata, prima di dire il suo sì: quello che è certo, è che – a differenza dell’uomo di cui ci ha parlato il vangelo – lui l’ha detto, quel sì. Perché è bello l’entusiasmo della giovinezza, ma poi si tratta di prendere sul serio l’invito che il Signore ti fa, e si tratta di “tenere” sulla durata, quando gli entusiasmi si spengono e bisogna fare i conti con i pesi e le difficoltà che la vita porta con sé.
Don Isacco ha risposto alla chiamata di Gesù e lo ha seguito attraverso il ministero del prete, un ministero che ha riempito la sua lunga vita, nei vari servizi che gli sono stati chiesti per la nostra Chiesa: il ministero parrocchiale come vicario a Bagnolo Cremasco e a Credera, poi i quindici anni come parroco a Campagnola; il servizio di cappellano a Offanengo e a Ombriano, e poi il lungo servizio a questo nostra cattedrale, di cui è stato canonico per più di un quarto di secolo, svolgendo anche i compiti di amministratore e prefetto; congiungendo questo servizio con quello, molto prezioso e delicato, di cappellano della residenza “Camillo Lucchi” in via Zurla.
Penso che don Isacco, nella sua lunga vita di prete, abbia sperimentato la verità di quella parola che Gesù dice a Pietro e agli altri discepoli, a conclusione di questo incontro con l’uomo ricco (lo sentiremo nel vangelo di domani): «Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (vv. 29 s).
Sì, penso che don Isacco lo abbia ricevuto, questo “centuplo”. E abbiamo fiducia nel fatto che nella notte tra venerdì e sabato il Signore sia venuto incontro a don Isacco con il dono della vita eterna: e che don Isacco abbia incontrato il suo Signore con la serenità che mi aveva manifestato poche ore prima, quando ho potuto fargli visita in ospedale.
Ora noi accompagniamo don Isacco nell’ultimo viaggio, riconoscenti per la sua testimonianza di cristiano e di prete.
Purificato da ogni traccia di umana fragilità per la misericordia di Dio, e grazie anche alla nostra preghiera di suffragio, potrà ora contemplare definitivamente lo sguardo di amore del suo Signore, e ricevere il premio da lui promesso ai suoi servi fedeli.