Sono stati celebrati nella Cattedrale di Crema, nel pomeriggio del 26 settembre 2025, i funerali di don Giacomo Carniti, canonico della Cattedrale, parroco emerito di Passarera, responsabile diocesano per la musica sacra, morto il 24 settembre all’età di 81 anni. Riportiamo di seguito l’omelia del vescovo Daniele.
Nella “sinfonia” delle parole della Scrittura, accade di sentire a volte note che sembrano discordanti, dissonanti. Accade di sentire voci di profeti molto critiche nei confronti del tempio (penso ad es. a quella di Geremia), o del culto che vi si svolge (penso ad es. a certi passi di Isaia); e accade di sentire voci, come quella di Aggeo che abbiamo ascoltato nella prima lettura (cf. Ag 1,15 – 2,9), attraverso le quali Dio rimprovera il suo popolo perché non si prende cura del tempio, perché – come si legge in altre parti dello stesso profeta – la gente si preoccupa dei propri affari o delle proprie case, ma non si prende cura della “casa di Dio”, come abitualmente veniva chiamato il tempio.
Ogni buon musicista – come era il nostro don Giacomo – sa che anche le dissonanze rendono la musica bella e interessante. Ogni buon musicista sa che proprio la varietà delle voci dev’essere preservata e valorizzata, lì dove, appunto, la musica si esprime con la “polifonia”, la pluralità di voci, che tanto don Giacomo amava.
Anche la Bibbia va ascoltata e interpretata con criteri “sinfonici” o “polifonici”: cioè come un insieme variegato di voci diverse, a volte anche in tensione tra di loro, in qualche caso persino stridenti: e che però conducono verso l’armonia, verso una consonanza che per noi credenti, e anche per un credente chiamato da Dio al ministero presbiterale nella Chiesa, come nel caso di don Giacomo, ha un nome preciso: Gesù Cristo.
È in lui che possiamo ritrovare l’armonia delle Scritture e delle sue diverse voci; è lui, il Signore morto e risorto, nostra vita e nostra speranza, il “motivo conduttore” (il leit Motiv, direbbero ancora i musicisti) di tutta la sinfonia delle Scritture.
Questo motivo, questo “tema principale”, lo ha fatto risuonare per noi la risposta di Pietro alla domanda di Gesù: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro risponde: «Il Cristo di Dio» (cf. Lc 9,20: vangelo del giorno), e questa risposta, la risposta della fede, centra l’obiettivo, dà la “nota giusta” per accordare tutto il resto.
Don Giacomo è stato un cristiano e un prete, e ha sentito come sua missione principale quella di insegnare questa “nota giusta”, la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio e salvatore del mondo: lo ha fatto nel suo ministero di vicario parrocchiale a Chieve, e poi nella parrocchia della Cattedrale (dove ha condiviso il ministero con l’allora giovanissimo prete don Franco Manenti, ora vescovo di Senigallia), e nei vent’anni nei quali ha guidato come parroco la comunità di Passarera, dove poi è rimasto fino al termine della sua vita terrena; e lo ha fatto nel servizio alla diocesi, come direttore dell’Ufficio liturgico diocesano e responsabile per la musica sacra, come insegnante alla scuola Dante Alighieri e nello Studio teologico dei Seminari di Crema e Lodi, e come canonico di questa Cattedrale, dove ogni giorno guidava con il canto, e accompagnava all’organo, la preghiera delle Lodi e la Messa capitolare.
Questi ultimi richiami ci ricordano che, certo, don Giacomo ha avuto anche la grazia di poter esprimere e testimoniare la sua fede attraverso l’arte musicale: e non è un dono da poco vivere la passione per la musica (e padroneggiarne le competenze “tecniche”) e sentire che questa passione non solo non è in contrasto con la propria fede, ma trova anzi il modo di esprimersi proprio nella fede e per la fede e l’annuncio evangelico, in particolare grazie al patrimonio ricchissimo del canto liturgico e della musica sacra.
Don Giacomo ha messo le sue capacità musicali a servizio anzitutto della vita liturgica della nostra diocesi, promuovendo in primo luogo la partecipazione attiva di tutto il popolo di Dio alle celebrazioni liturgiche attraverso il canto, ma anche curando con attenzione il repertorio dei canti e valorizzando il servizio delle corali e degli strumentisti.
Come ben sappiamo, poi, don Giacomo ha anche potuto offrire la ricchezza della musica sacra alla gioia dell’ascolto, grazie specialmente ai concerti del “suo” coro Pregarcantando, che accompagna (e gliene siamo riconoscenti) anche questa nostra liturgia di commiato.
L’ho accennato prima: la musica è fatta anche di dissonanze; e càpita anche ai migliori musicisti di infilare, come si dice, qualche “stecca”. E così pure la vita di un cristiano, e anche di un prete, fa i conti con i momenti e le situazioni nelle quali l’armonia viene meno, e la consonanza con Gesù Cristo non è perfetta. Noi siamo qui anche per questo, per celebrare una liturgia di suffragio, per affidare don Giacomo alla misericordia di Dio, perché purificato da ogni traccia di peccato sia accolto nel coro degli angeli e dei santi.
Questa purificazione, del resto, don Giacomo l’ha anticipata anche attraverso la sofferenza fisica e la malattia: cercava di rendere visibile il meno possibile questa parte della sua vicenda non per vergogna, credo, ma per non essere di peso ad altri e non rattristarli inutilmente… In ogni caso, anche così è stato partecipe delle sofferenze di Cristo – quelle sofferenze che, l’abbiamo sentito nel vangelo, Gesù preannuncia ai discepoli; e anche così don Giacomo ha contribuito alla edificazione del suo corpo, che è la Chiesa.
Vorrei riascoltare con voi, per concludere, le ultime parole del salmo che abbiamo cantato dopo la prima lettura (cf. Sal 43/42); riascoltiamole, come se sentissimo l’ultima segreta preghiera di don Giacomo nei giorni della sua vita terrena:
Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.
Don Giacomo certamente amava più l’organo che la cetra… Ma sono sicuro che troverà in cielo tutte le voci e tutti gli strumenti di cui ha bisogno.
