Parrocchia di San Benedetto Abate

Zona Pastorale Urbana

Parrocchia di San Benedetto Abate
Parrocchia
0373.256300

La chiesa di San Benedetto s’affaccia su un angolo appartato di piazza Garibaldi. È dedicata in realtà a Sant’Adrea apostolo, secondo l’uso antico di titolare le chiese alle porte della città agli Apostoli.

La zona è quella di uno degli antichi borghi sorti al di fuori delle mura della città, dove venne fondato un monastero benedettino forse alla fine del VI secolo, donato all’abbazia di Montecassino nel 1096-97. I monaci cassinesi (che esercitarono vasta giurisdizione sul territorio) vi rimasero fino al 1464. Nel 1520 subentrarono i Canonici regolari lateranensi. L’abbazia fu soppressa nel 1771, il monastero (di cui restano tracce) venne adibito a canonica.

I lateranensi costruirono l’attuale chiesa dal 1621 al 1623, affidandone il progetto al più celebre architetto dei Seicento lombardo, Francesco Maria Richino (1583-1658), che utilizzò parti dell’esistente chiesa medievale a tre navate, soprattutto le pareti laterali, di cui i recenti restauri (1992-1996) hanno riportato alla luce varie tracce con alzati a spina di pesce e notevoli lacerti di affreschi quattro-cinquecenteschi.

La facciata (restaurata nel 1971) è costituita in due ordini divisi da un’alta cornice sorretta da paraste e semicolonne ioniche, fra le quali si aprono tre portali architravati (i due minori sovrastati da nicchia). L’ordine superiore, chiuso da un timpano con cornici a dentelli retto da semicolonne e paraste corinzie, si apre in una grande finestra affiancata da nicchioni. I portali di granito di Baveno, il contorno delle nicchie è in pitetra serena di Vicenza.  Bello il campanile, con cella campanaria aperta in quattro serliane, sormonatata da un tamburo ottagonale e da una cuspide a pigna.

L’interno, ad aula, è grandioso e solenne, con quattro cappelle laterali intercalate da pilastri a capitelli corinzi reggenti un alto fregio che percorre la navata in tutta la sua lunghezza senza soluzione di continuità. Su di esso poggia l’ampia volta a botte. Grandioso l’arco trionfale e profondo il presbiterio. Sull’aula si aprono quattro grandi cappelle, interamente decorate con stucchi policromi, affreschi e tele in gran parte di Gian Giacomo Barbelli (1604-1656) e della sua bottega (dove figurava anche un valente stuccatore).

La chiesa presenta un’aula solenne e misurata (stravolta con modifiche dell’equilibrio generale ed aggiunte notevoli nell’Ottocento e anche all’inizio del Novecento), più effervescenti le cappelle, popolate di angeli, putti e santi, tra architetture di grande fantasia compositiva, secondo il gusto popolare barocco che tende a coinvolgere i fedeli in una festosa contemplazione paradisiaca.

Il tutto è stato interessato dal 1992 al 1996 a un generale restauro che ha ridato alla chiesa un’ariosa luminosità grazie ai toni verdi e avorio delle terre, dei colori naturali e degli ori originari.

Iniziando da destra, troviamo innanzitutto un sacello che contiene un affresco della Pietà di ignoto del XV secolo proveniente dalla chiesa precedente, la statua lignea di un’Orante e un Cristo Morto veneratissimo e portato ogni anno in processione il Venerdì Santo. La prima cappella a destra è dedicata a San Sebastiano: è forse la più bella ed armonica di tutta la chiesa e presenta un apparato decorativo ed iconografico di grande raffinatezza. La pala d’altare, di Uriele Gatti (sec. XVI), rappresenta Il Martirio di San Sebastiano (1585) e proviene dalla chiesa precedente. La decorazione della volta e delle pareti è stata affidata, nel 1640, a Gian Giacomo Barbelli che presenta Scene della vita di San Sebastiano, con l’aggiunta di due tele: Martirio di San Sebastiano e San Sebastiano che visita i carcerati.

La seconda cappella oggi intitolata a San Giuseppe (statua del santo sopra l’altare), era stata dedicata dal Canonici Lateranensi al patrono Sant’Andrea con l’aggiunta di Sant’Agostino e Sant’Ubaldo. Vi si trovano infatti episodi della vita dell’apostolo (Vocazione e martirio) e dell’Ipponate (Battesimo e Agostino col fanciullo) affrescati da Giovan Battista Bottichio (1648 ca). Le due tele Miracolo di San Biagio e Sant’Ubaldo che caccia i demoni sono di Tomaso Pombioli (1579-prima metà del ‘600) del 1636.

La prima cappella di sinistra è dedicata al culto eucaristico. Anche qui la decorazione ad affresco delle pareti e della volta è opera del Barbelli (1632) che racconta lo sviluppo biblico del mistero Eucaristico: raccolta della manna, La Pasqua ebraica, L’Esaltazione dell’Eucaresita, con due tele raffiguranti Il profeta Elia e L’Ultima cena (con il tavolo scorciato in diagonale). Splendida la pala d’altare (anch’essa della chiesa precedente e recentemente recuperata), dipinta attorno al 1580 da Carlo Urbino (sec. XVI). Presenta Il Padre che dona il figlio Gesù Pane vivo (come indica anche l’iscrizione sotto la figura del Cristo) fra schiere di angeli e cherubini; il Cristo è modellato in modo classico.

La seconda cappella dedicata alla Madonna è ancora di Gian Giacomo Barbelli (1636) e vi sono raffigurate in numerosi riquadri Scene della vita della Vergine (Nascita, Presentazione al tempio, Annunciazione, Visitazione, Assunzione) , piccoli gioielli ricchi di personaggi e con stupendi paesaggi. La statua della Vergine (secc. XVII-XVIII) è dell’ambiente di Giacomo Bertesi (1643-1710).

Anche il presbiterio e il coro retrostante sono ricche di notevoli opere d’arte, tra cui spiccano quelle del veronese Martino Cignaroli (1649-1726). Nel presbiterio è allogato un pregevole organo del Serassi (1759) con splendida facciata lignea barocca, cantoria e controcantoria in radica intarsiata del Seicento. Sopra quest’ultima la tela San Guarino distribuisce l’elemosina di Francesco Pozzo.

Modesto l’altare neoclassico di Luigi Voghera (1788-1840), dietro il quale si trova un notevole coro con stalli in radica intagliata del Seicento (solo quelli sul fondo). Sulle pareti la splendida serie di tre grandiose tele di Martino Cignaroli datate 1677/79: al centro Il Martirio di Sant’Andrea, a destra San’Ubaldo da Gubbio che scaccia i demoni, a sinistra San Patrizio apostolo dell’Ilrlanda. In alto, nella lunetta sopra il cornicione, bella Crocifissione di Giovan Battista Botticchio (XVII sec.) di forte accento coloristico. L’insieme (vanno aggiunte altre due piccole tele sopra le porte delle sacrestie) è di notevole effetto e costituisce, per le dimensioni, un unicum.

Nella cappella invernale (ingresso prima del presbiterio a destra) è visibile un brano della parete dell’antica chiesa a spina di pesce. Vi si custodisce una notevole raccolta di tele provenienti dall’antica, demolita chiesa di San Marino e un bel confessionale risalente forse al Rinascimento.

Altre pregevoli opere sono una statua lignea di san Pantaleone (secondo matroneo a sinistra) del XVI secolo; un Padre Eterno di Giovan Battista Lucini (1639-86), una deposizione di Gesù con le sante Lucia e Apollonia di Tomaso Pombioli e un cristo portacroce con san Francesco di Giovan Angelo Ferrario (1581-1636 ca.).