Riflettendo sui testi dei Vangeli che raccontano il Natale di Gesù, mi ha colpito notare la forte dimensione di «uscita», che accompagna la nascita di Gesù. È, per certi versi, il contrario del Natale come festa dell’intimità famigliare, del «Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi», come si diceva un tempo.
Tanto per cominciare, Giuseppe e Maria devono andare dalla Galilea fino a Betlemme, per il censimento voluto dall’autorità imperiale; e poi ci sono i pastori, invitati a lasciare il gregge per andare a vedere il «segno» del Bambino posto nella mangiatoia; e ci saranno ancora i Magi, sollecitati dalla stella a muoversi addirittura dall’Oriente – dalla Persia, forse – per andare verso la Giudea alla ricerca di colui che è nato, «re dei Giudei»…
Non si sta fermi, insomma, a Natale. Soprattutto, se si vuole incontrare Gesù – e per quali altri motivi dovremmo celebrare il Natale? – bisogna mettersi in movimento, bisogna uscire: uscire, in particolare, accettando il rischio dell’incontro. Ai credenti, a quanti si riconoscono nella fede cristiana, vorrei ricordare (lo ricordo a me stesso, in primo luogo) che l’incontro con Dio non è tranquillizzante, non dà la pace mondana: dall’incontro vero con Dio si esce sempre un po’ malconci e, soprattutto, «tirati fuori» dalla nostra quiete e mandati verso gli altri, per dare testimonianza del perdono, della grazia, della bellezza di una vita rinnovata dal Vangelo.
Ma anche a chi non si riconosce nella fede cristiana, a chi si ritiene estraneo alla compagnia dei credenti in Gesù Cristo, ma si sente in qualche modo toccato dalla tradizione o dalla poesia o dal sentimento del Natale, anche a lui propongo questo invito a «uscire fuori»: non in spirito di dissipazione o di superficialità, ma per evitare quella che F. Arminio, saggista e poeta, qualche giorno fa, su un quotidiano, ha chiamato la «rottamazione delle anime»: uno spirito di avvilimento, di stanchezza, forse anche di egoismo, che ci incupisce e appesantisce.
Uscir fuori rischiando l’incontro: gente semplice come i pastori, intellettuali e scienziati come i Magi, hanno corso questo rischio, e il Presepe non è stato per loro solo un momento per intenerirsi.
Spero, e auguro, che lo scambio degli auguri natalizi sia come un primo passo di questa uscita, e non solo un rituale vuoto. Altri passi potranno poi seguire, per una Chiesa sempre più lieta della sua fede in Gesù Cristo, per uomini e donne che non abbiano paura dell’incontro con l’altro, e per una società meno gretta, meno cupa, e più appassionata della vita e del futuro.
A tutti, e specialmente a chi si sente più stanco, solo, sofferente in qualsiasi modo, l’augurio sincero e affettuoso di buon Natale!
+ Daniele Vescovo