1 febbraio 2025

Presentazione del Signore – XXIX Giornata della vita consacrata

Il vescovo Daniele ha presieduto i primi Vespri e la celebrazione della Messa della Presentazione del Signore nella Basilica di S. Maria della Croce, sabato 1 febbraio 2025, in occasione della XXIX Giornata della vita consacrata. Riportiamo di seguito la sua omelia.

 

«Segno di contraddizione»: così Simeone, rivolgendosi a Maria, parla di Gesù, il bambino che in quel momento tiene tra le braccia (cf. Lc 2,34).
Segno di contraddizione Gesù lo è già in quel momento: «egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti», dice ancora Simeone. Del resto, la contraddizione sembra esserci già nelle sue stesse parole: perché poco prima ha detto cose che suonano solo come lode e benedizione (ha parlato di “pace”, di “salvezza”, di “luce”, di “gloria”…); adesso, invece, il linguaggio si fa più severo, si parla di caduta, di contraddizione, appunto; si parla di spada che trafigge, di pensieri nascosti che dovranno essere svelati…
L’evangelista Luca è molto sensibile a questa “contraddizione”. Usa questa parola qui – e siamo ancora all’inizio del vangelo – in riferimento a Gesù; la userà altre volte, soprattutto la userà alla fine di tutta la sua opera (che, oltre al Vangelo, comprende anche gli Atti degli apostoli) per dire che «questa setta» (anzi, questa “eresia”, è la parola usata), cioè i cristiani, incontra opposizione, contraddizione: lo dicono i “notabili” degli Ebrei di Roma che incontrano Paolo, arrivato nella capitale dell’impero da prigioniero, per essere processato dalla magistratura dell’imperatore; gli dicono che desiderano conoscere il suo pensiero perché, appunto, «di questa setta… sappiamo che ovunque essa trova contraddizione» (At 28,22).
Da un capo all’altro, dunque, risuona questo tema: Gesù è segno di contraddizione; e anche i suoi discepoli, anche quelli che aderiscono a lui, sono segno di contraddizione – se non lo fossero, se tutti dovessero «dir bene di loro» (cf. Lc 6,26), vorrebbe dire che qualcosa non funziona.
Nel racconto di Luca, il punto più alto di questa “contraddizione” si verifica ai lati della croce del Signore. Solo Luca, infatti, ci parla del comportamento opposto dei due “ladroni”, crocifissi insieme con Gesù: uno che si unisce agli insulti e al disprezzo della folla, l’altro che, invece, consapevole di essere un malfattore, riconosce l’innocenza di Gesù e si rivolge a lui come al Salvatore: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno» (cf. Lc 23,39-43).

Un cristianesimo che dovesse perdere questa capacità di essere “segno di contraddizione” sarebbe un cristianesimo lontano dal suo Signore Gesù Cristo: perché l’incontro con Gesù, se è vero, autentico, non può lasciare indenni, non può essere qualcosa che non incide profondamente nel destino della persona; è come la lotta di Giacobbe con Dio: non se ne esce, senza riportare una ferita (cf. Gen 32,23-33).
Ed è anche per questo motivo che il cristianesimo, la Chiesa, ha bisogno della vita consacrata.
Non è l’unico motivo, certamente. Si possono e si debbono elencare i tanti benefici, per la Chiesa e per la società, che derivano dalla presenza della vita consacrata e dall’azione che in tantissimi modi i consacrati – e voi, consacrate e consacrati presenti nella nostra Chiesa cremasca – hanno compiuto e compiono: nei vari campi dell’apostolato, dell’educazione, dei servizi ai malati e ai poveri, in mille modi la fantasia dello Spirito ha suscitato e suscita il carisma di donne e uomini che, spesso con grande sacrificio personale, nel nome di Gesù e del vangelo procurano il bene delle persone e dei luoghi nei quali vivono.
Prima e a monte di tutto questo, però, ritengo che il dono della vita consacrata, per la Chiesa e per il mondo, risieda proprio nel suo essere parte di quel “segno di contraddizione” che è Gesù stesso, di quel “segno di contraddizione” che devono diventare i suoi discepoli: tutti, ma proprio per questo c’è bisogno di qualcuno che, per dono e chiamata di Dio, lo esprima in modo più chiaro ed evidente.

Segno di contraddizione è il fatto che, all’origine della vostra vocazione, credo che ci sia sempre, in un modo o nell’altro, quella “spada”, di cui parla Simeone a Maria. «E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35). All’origine della vostra vocazione c’è sempre, credo, una ferita. È anzitutto una “ferita d’amore”, come quella di cui parla la sposa nel Cantico dei cantici (cf. 5,8): la percezione che sì, certo, è possibile rispondere a Gesù Cristo, colui che «mi ha amato e ha dato se stesso per me» (cf. Gal 2,20), vivendo come tutti, restando nella buona e giusta “normalità” della vita… Ma voi avete sentito nel vostro cuore come un “fuoco ardente” (cf. Ger 20,9), qualcosa che vi trapassava l’anima e vi spingeva a scegliere un’altra via: una via che a molti, appunto, sembra difficilmente comprensibile, e suscita contraddizione.
Ed è una ferita, quella che sta all’origine della vostra chiamata, perché il richiamo dello Spirito a una vita casta, povera, obbediente e fraterna, non è stato per voi una forma di disprezzo per gli affetti umani, i beni di questo mondo, la libertà, l’autonomia… No: ma il Signore vi ha fatto intuire che troppe volte esistono modi fragili, o addirittura distorti, di vivere questi beni: e avete preferito viverli al modo proprio di Gesù, per essere appunto segno di un’altra possibilità, di un’altra via, quella che si dischiude a partire dal Vangelo.

Una Chiesa che dovesse dimenticare che Gesù, e il suo vangelo, sono “segno di contraddizione”, finirebbe per rinnegare se stessa: non rifletterebbe più la luce di Cristo, perderebbe il suo sapore (cf. Mt 5,13-15).
Per questo, la Chiesa ha bisogno di questo segno, ha bisogno della vita consacrata, ha bisogno di voi. Il mio augurio è che continuiate a vivere questa vita, alla quale siete stati chiamati, sentendo sempre in voi quella “ferita d’amore” originaria; che continuiate a sentire che la spada che vi trafigge il cuore, anche in mezzo a tante fatiche e stanchezze e possibili avvilimenti, è sempre quella dell’amore del Signore «che supera ogni conoscenza» (cf. Ef 3,19); e con voi prego Dio, perché questo “segno di contraddizione”, che è il dono della vita consacrata, non manchi mai alla nostra Chiesa e a tutta la Chiesa di Dio.