Mercoledì 1 gennaio 2025 il vescovo Daniele ha presieduto in Cattedrale la celebrazione dell’Eucaristia, nella solennità di Maria SS.ma Madre di Dio, ricordando la 58ª Giornata mondiale della pace e invocando la benedizione di Dio sul nuovo anno civile. Alle autorità civili e militari presenti alla celebrazione, il vescovo ha consegnato copia del Messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale della pace. Riportiamo di seguito l’omelia del vescovo.
In tutto l’insieme delle lettere di san Paolo, c’è un solo passo nel quale egli fa riferimento alla nascita di Gesù da Maria, colei che oggi la Chiesa onora con il titolo di “Madre di Dio”: ed è quello che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, tratta dalla lettera ai Galati (cf. Gal 4,4-7).
È una lettera particolarmente “nervosa”, e Paolo non si attarda sui dettagli. Gli preme di andare al punto: e il punto è che Gesù, colui che “nella pienezza del tempo” è “nato da donna” (e dunque appartiene pienamente alla nostra condizione umana), è il Figlio mandato dal Padre. Egli è nato “sotto la legge”, dice ancora l’apostolo: pensa sicuramente alla legge ebraica, ma pensa più in generale alla condizione per la quale l’uomo si sperimenta “schiavo”: schiavo di sé stesso, in definitiva; schiavo della sua impossibilità di vivere una vita veramente buona, se fa i conti solo con le proprie forze.
Nel mondo di Paolo esisteva la schiavitù, e sicuramente c’erano degli schiavi anche tra i primi cristiani. Si poteva diventare schiavi per diverse ragioni: ad es. perché si veniva fatti prigionieri in una guerra; oppure anche perché ci si indebitava a un punto tale, che la schiavitù diventava un modo per tentare di pagare i propri debiti.
Ed esisteva, in quel contesto, l’istituto del riscatto, che permetteva di uscire dalla condizione di schiavitù: pagando un certo prezzo, si entrava nella condizione di uomini o donne liberi. Poteva essere lo schiavo stesso, che pagava tale prezzo col proprio lavoro; o poteva avere la fortuna di trovare qualcuno (un familiare, ad esempio; o un amico) che si prendeva carico di lui, pagava il prezzo del riscatto e gli permetteva così di ritrovare la libertà.
Paolo conosce questa prassi, e la prende come immagine per spiegare ciò che ha fatto Gesù con noi: egli è venuto per «riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,5), perché Dio non vuole che la nostra relazione con lui sia quella di schiavi, ma quella di persone libere, e che nella libertà possono rispondere al suo dono di amore.
Non dobbiamo pretendere di scavare dentro a tutti i dettagli dell’immagine del riscatto: è un’immagine, appunto, e Paolo la usa per dire anzitutto che, davanti a Dio, siamo figli, e non schiavi; e per dire che è Gesù, colui che è “nato da donna”, che ha reso possibile questa condizione; e l’ha fatto a un prezzo alto, il prezzo della sua vita data per noi, nell’amore portato «fino alla pienezza» (cf. Gv 13,1; Rm 5,5 ss.).
Gesù, in questo modo, ha realizzato anche ciò che doveva avvenire con il Giubileo (il Giubileo secondo la legge ebraica, che aveva caratteristiche un po’ diverse, rispetto ai Giubilei celebrati nella Chiesa dal Medioevo in poi). Perché, in mancanza di una possibilità di riscatto, al momento del Giubileo tutti coloro che erano in condizione di schiavitù dovevano tornare liberi, e tutti i debiti ancora in corso dovevano essere annullati; in generale, l’anno giubilare doveva mettere fine a tutte le condizioni di oppressione e sfruttamento che potevano esserci.
Su questa base, papa Francesco, nel Messaggio scritto in occasione della 58ª Giornata mondiale della pace, che si celebra oggi, ci invita a collegare la preghiera e la ricerca della pace con l’invito – che si richiama appunto al Giubileo biblico – ad agire in modo deciso contro le situazioni di ingiustizia, che sono poi il più delle volte le cause dei conflitti che devastano l’umanità.
Il Papa guarda in modo particolare proprio alle situazioni di indebitamento, che gravano su tante popolazioni. Mi sembra che il cuore di ciò che il Papa chiede – intitolando il suo Messaggio: Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace – si trovi in queste sue parole:
Non mi stanco di ripetere che il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati. A ciò si aggiunga che diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati… Prendendo spunto da quest’anno giubilare, invito la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. È un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia.
Il cambiamento culturale e strutturale per superare questa crisi avverrà quando ci riconosceremo finalmente tutti figli del Padre e, davanti a Lui, ci confesseremo tutti debitori, ma anche tutti necessari l’uno all’altro, secondo una logica di responsabilità condivisa e diversificata. Potremo scoprire «una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri» (Francesco, Messaggio per la 58ª Giornata mondiale per la pace, nn. 7-8).
Naturalmente invito tutti a leggere per intero il Messaggio del Papa, che ripete anche proposte concrete, che siano veri “segni di speranza”, come ha scritto anche nella Bolla di indizione del Giubileo che abbiamo da poco incominciato.
Soprattutto, invito me e ciascuno di noi a riflettere e prendere sul serio ciò che forse chiediamo un po’ meccanicamente nel Padre nostro, quando diciamo: «Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Ciò che chiediamo a Dio, e ciò che viviamo nelle nostre relazioni reciproche, sono realtà strettamente legate; e in questo intreccio sta la via della pace. Ce lo ricorda ancora la preghiera con la quale il Papa conclude il suo Messaggio, e con la quale anch’io desidero concludere, augurando a tutti voi, e tutti noi, un anno carico di speranza e di pace:
Rimetti a noi i nostri debiti, Signore,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e in questo circolo di perdono concedici la tua pace,
quella pace che solo Tu puoi donare
a chi si lascia disarmare il cuore,
a chi con speranza vuole rimettere i debiti ai propri fratelli,
a chi senza timore confessa di essere tuo debitore,
a chi non resta sordo al grido dei più poveri (Francesco, Messaggio…, n. 15).
