Veglia per la Giornata missionaria mondiale

Cattedrale di Crema, 27 ottobre 2018

Attraverso l’ascolto del vangelo di Luca, all’inizio della nostra Veglia, abbiamo richiamato la figura di Giovanni Battista. Vorrei tornare su questa figura un po’ scomoda – talmente scomoda che qualcuno, infastidito dal suo messaggio e dal suo richiamo alla verità delle cose, ha deciso di fargli tagliare la testa…
Secondo i vangeli, Giovanni era nato poco prima di Gesù; quando muore di morte violenta avrà avuto, anno più anno meno, una trentina d’anni. Oggi lo chiameremmo ancora giovane, anche se nel mondo antico quella era già un’età rispettabile.
In ogni caso, Giovanni non sembra aver aspettato molto, per accogliere la missione che Dio gli affidava, visto che qualcosa di speciale – sempre secondo i vangeli – trapela in lui già quando è ancora bambino.
È stato un giovane profeta – come secoli prima era stato un giovane profeta Geremia: Dio non ha certo paura della giovane età, per far arrivare la sua parola al mondo.
Non ha neppure paura del fatto che i suoi giovani profeti possano essere presi, in qualche momento, dallo scoraggiamento o dallo sconforto: è successo a Geremia, è successo anche a Giovanni che, dalla sua prigione, a un certo punto non è più sicuro che Gesù di Nazaret, il quale sembrava aver preso il suo posto, stia facendo la cosa giusta (cf. Mt 11, 2 s. e par.)…

Che cosa possiamo raccogliere, dalla testimonianza di Giovanni, per questo nostro incontro di riflessione e di preghiera, che è anche, però, rinnovato invito ad assumere la missione che nasce dalla nostra vita e dalla nostra fede?

Prima di tutto, possiamo raccogliere il suo senso di urgenza per la nostra personale conversione. Giovanni usa parole molto dure contro quelli che credono di potersi basare sul consueto tran tran, li chiama «razza di vipere», minaccia contro di loro il giudizio severo di Dio… Perché? Perché non vogliono vedere che far parte di una comunità religiosa non significa ancora sentire con il cuore di Dio; non vogliono capire che qui e ora, non in un futuro vago e lontano, è il tempo giusto per compiere le opere della verità e della giustizia; perché non si rendono conto (o forse fingono di non rendersi conto) che le belle parole non bastano, se si vuol camminare con verità nelle vie di Dio…
Giovanni vive la sua missione con la severità e la passione degli antichi profeti, perché sa che Dio è più importante di tutto il resto: il problema è che bisogna ricordarlo prima di tutto a quelli che dicono di credere in Dio, a quelli che vivono nello spazio religioso, perché sono i primi a dimenticarsene, anziché essere i primi a trarne le conseguenze, per poterlo così testimoniare anche agli altri.

E raccogliamo da Giovanni anche l’invito a guardare a Gesù, a orientare su di lui lo sguardo. Giovanni ha avuto dei discepoli, forse persino Gesù è stato un suo discepolo. A un certo punto, tuttavia, il Battista ha intuito la necessità di guardare a lui, a Gesù, anche senza aver capito tutto di lui; forse, addirittura, nutrendo qualche perplessità e dubbio.
Nessun credente serio può dire di aver capito tutto di Gesù; e capita anche ai cristiani seri di fare fatica ad accettare l’una o l’altra parola di Gesù, a camminare sempre speditamente nella sua via. Ha fatto fatica Giovanni, hanno fatto fatica i discepoli che Gesù stesso aveva scelto… Cosa avranno capito, quei due discepoli del Battista che si sono sentiti dire, mentre Gesù passava: «Ecco l’Agnello di Dio» (cf. Gv 1, 35 ss.)? Eppure hanno incominciato ad andare dietro a Gesù, a rimanere con Lui, e questo ha cambiato la loro vita e ha avviato la loro missione.
Dentro alla storia di ogni missionario e missionaria, dentro ad ogni missione cristiana c’è sempre, anzitutto, questo punto di partenza: Gesù mi attira a Sé, Gesù orienta la mia vita… e questo, e solo questo, in definitiva, mi dà il coraggio di mettermi in cammino, accettando anche le conseguenze drammatiche che ciò può avere, come sta sperimentando da settimane il nostro padre Gigi Maccalli.

Finalmente, raccogliamo da Giovanni la capacità di sperare e attendere un mondo nuovo. Notiamolo bene: di questo mondo nuovo, Giovanni non vede quasi niente. Il suo pressante invito alla conversione raggiunge solo una minoranza; la sua lotta per la giustizia e la verità si conclude con la sua decapitazione. Guarda, e fa guardare, a Gesù: ma non arriva a vedere tutto ciò che il vangelo del Rabbi di Nazaret porta con sé e promette all’uomo.
Eppure, Giovanni sa che Dio è all’opera, e dunque il mondo nuovo sta arrivando. Come, sotto quali dimensioni, con quali caratteristiche? Di questo, Giovanni sa poco, ma questo non lo preoccupa. Se Dio è all’opera – e la sua fede glielo dice con certezza – allora la sua giovane vita ha un senso, e può diventare dono perché l’opera di Dio si compia nel mondo, nonostante tutte le difficoltà e le contraddizioni.
Chiediamo a Dio la stessa fede di Giovanni e, guardando a Gesù, come lo stesso Battista ci invita a fare, apriamo anche le nostre vite all’opera di Dio, accogliamo anche noi la missione di testimoniare e servire il mondo redento, che l’amore di Dio certamente sta facendo crescere dentro la nostra storia.