Presentazione del Signore – Giornata della Vita consacrata – Omelia del vescovo

In Cattedrale a Crema, il 2 febbraio 2021, il vescovo Daniele ha presieduto la celebrazione della Festa della Presentazione del Signore, con la partecipazione delle consacrate e dei consacrati della diocesi, in occasione della XXV Giornata della vita consacrata. Riportiamo l’omelia del vescovo.

Abbiamo incominciato la celebrazione della festa della Presentazione del Signore accendendo le nostre candele, invocando la benedizione del Signore, mettendoci in cammino per andare incontro al Signore, in questa festa che la tradizione orientale chiama appunto «festa dell’incontro». Le nostre piccole luci vogliono rinviare a colui che Simeone, nel vangelo, ha cantato come luce per la rivelazione dell’amore di Dio a tutti i popoli, e gloria del popolo delle promesse, Israele (cf. Lc 2,32).
Le nostre piccole luci, accese all’inizio della celebrazione, sono un gesto che anticipa quanto poi faremo – quest’anno, a Dio piacendo, in pienezza – nella notte di Pasqua, accendendo al fuoco nuovo la fiamma del cero pasquale, figura del Cristo morto e risorto e poi, a partire da lì, via via, i ceri che ciascuno di noi avrà in mano.
Ormai viviamo in un mondo che è quasi perennemente illuminato: l’esperienza del «buio pesto» è pressoché impossibile, da noi come in gran parte del mondo. Non dobbiamo certo rimpiangere i secoli bui – ma neppure dimenticare che la possibilità di illuminare facilmente le nostre notti è molto recente, nella storia complessiva dell’umanità.
Certo è, però, che così è più difficile percepire il valore che ha il segno anche di una piccola luce accesa. Ce lo ha ricordato in alcune occasioni p. Gigi Maccalli, quando ha rievocato – anche qui, in Cattedrale, parlando ai giovani all’inizio dell’Avvento – le lunghe notti passate nel deserto, quando si diceva: «Presto o tardi questo incubo finirà. Anche nel buio c’è luce: anzi, nel buio si vede meglio la bellezza e la forza anche di una piccola luce».
Questo spunto può aiutarci a collegare meglio il mistero che celebriamo (la presentazione del Signore al tempio) i segni che lo accompagnano (in particolare, appunto, le nostre candele accese) e la vita consacrata, che proprio in questo giorno, ormai da venticinque anni, la Chiesa ricorda e celebra con riconoscenza al Signore.
In alcuni momenti, nella storia della Chiesa, la vita consacrata è stata come un grande corteo luminoso: penso ai secoli di grande diffusione del monachesimo; penso alle forme di vita consacrata suscitate dallo Spirito nei momenti di riforma della Chiesa; e penso ancora alla fioritura sorprendente di Istituti di vita apostolica nati in un momento tutt’altro che facile, per la Chiesa, come la seconda metà dell’Ottocento o i primi decenni del Novecento…
Oggi abbiamo forse l’impressione che questa corteo di luci, per lo meno qui, da noi, si vada spegnendo, e che permangano, qua e là, solo poche luci, deboli, sempre più vacillanti come vacillanti sono per numero e per età tanti Istituti e Congregazioni religiose… È vero solo in parte, naturalmente: lo Spirito è all’opera anche oggi, e suscita anche nuove forme di vita consacrata, o ne rinnova di esistenti da secoli. Con questo non voglio dire, naturalmente, che le cose vadano bene e che possiamo allora tranquillizzarci.
Proprio stamattina abbiamo vissuto un bell’incontro di riflessione e condivisione sul dono della vita consacrata, in particolar modo quella femminile, perché mi sembra importante che anche nella nostra Chiesa rimanga viva la coscienza di questo grande dono di Dio; perché sappiamo esserne riconoscenti a Lui, e perché troviamo il modo di testimoniarlo e annunciarlo anche oggi, perché la nostra Chiesa conosca ancora – se così Dio vuole – la fioritura di vocazioni alla vita consacrata conosciuta in passato.
Sento che dobbiamo e possiamo fare di più, per dare testimonianza a questo dono: è un talento che dobbiamo trafficare, e non nascondere sotto terra. Altrimenti, per richiamare l’immagine usata Gesù da Gesù, sarebbe come accendere una lampada, e metterla sotto il moggio (cf. Mt 5, 15) – ossia, in parole povere, spegnerla.
«Ma è una lampada che fa poca luce, che rischia di spegnersi», potremmo obiettare, guardando a noi stessi, pensando alla nostra condizione ed età. Ho già anticipato la risposta a questa obiezione: non importa che la luce sia fioca, nel buio anche una piccola luce risplende e incoraggia.
Non mi piace dare giudizi sommari sul nostro tempo, quasi che tutto fosse buio e male: ma credo che ci siano zone oscure, nel nostro mondo sfavillante di luci. La pandemia che abbiamo vissuto, e che ancora ci condiziona, le ha anche allargate. Tanti nostri contemporanei sentono la fatica del vivere, si interrogano su questo tempo sospeso; in molti percepiscono, magari confusamente, tutto l’insieme di problemi e di pesi di cui la pandemia è stata una conseguenza. Ciò che papa Francesco, nel primo capitolo dell’enciclica Fratelli tutti, chiama «le ombre di un mondo chiuso», non sono soltanto impressioni passeggere.
In questo mondo ci è chiesto di tenere accese le nostre luci: piccole fin che si vuole, ma indispensabili, se non vogliamo soffocare sotto l’oscurità. La vita consacrata, la vostra vita, care sorelle e fratelli, è portatrice di luce nell’oscurità. In che modo? Provo a ricordarvelo, riportandovi tre affermazioni incisive di papa Francesco, nel Messaggio con il quale, il 30 novembre 2014, aveva aperto l’anno della vita consacrata. Il papa diceva appunto: «svegliate il mondo, illuminatelo con la vostra testimonianza profetica e controcorrente!». Come? Ecco le tre indicazioni:

«Essendo gioiosi! Mostrate a tutti che seguire Cristo e mettere in pratica il suo Vangelo riempie il vostro cuore di felicità. Contagiate di questa gioia chi vi avvicina, e allora tante persone ve ne chiederanno la ragione e sentiranno il desiderio di condividere con voi la vostra splendida ed entusiasmante avventura evangelica.
Essendo coraggiosi! Chi si sente amato dal Signore sa di riporre in Lui piena fiducia. Così hanno fatto i vostri Fondatori e Fondatrici, aprendo vie nuove di servizio al Regno di Dio. Con la forza dello Spirito Santo che vi accompagna, andate per le strade del mondo e mostrate la potenza innovatrice del Vangelo che, se messo in pratica, opera anche oggi meraviglie e può dare risposta a tutti gli interrogativi dell’uomo.
Essendo donne e uomini di comunione! Ben radicati nella comunione personale con Dio, che avete scelto come il porro unum (cf. Lc 10,42) della vostra esistenza, siate instancabili costruttori di fraternità, anzitutto praticando fra voi la legge evangelica dell’amore scambievole, e poi con tutti, specialmente i più poveri. Mostrate che la fraternità universale non è un’utopia, ma il sogno stesso di Gesù per l’umanità intera.»

Anche piccole luci possono contribuire a svegliare il mondo e illuminarlo: a condizione, naturalmente, che queste luci, per quanto piccole e vacillanti, siano sempre accese a partire dal Signore Gesù, il solo che è luce delle genti e gloria di Israele. È lui a dire a tutti i credenti, ma a voi, in modo speciale, questa sera: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16).