Ordinazione presbiterale di don Alessandro Vanelli – Omelia del vescovo Daniele

Cattedrale di Crema, 5 settembre 2020

La Parola di Dio proclamata questa sera ci offre tre immagini, attraverso le quali interpretare il dono e il compito che Dio mette nelle tue mani, carissimo Alessandro, con l’Ordinazione presbiterale. Sono le immagini del fratello, del debitore e della sentinella.

1. La situazione di possibile tensione, presentata dal Signore Gesù nelle parole del Vangelo (Mt 18,15-20), avviene tra «fratelli»: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te…» (v. 15).
«Fraternità» è un altro nome della comunità cristiana, e il prete è uno che viene preso tra i fratelli per un ministero particolare, ma non per distaccarsi da loro, non perché venga meno questo legame di fraternità.
Anche tu, caro Alessandro, rimarrai un fratello con e per gli altri membri della comunità cristiana. Presiedendo i momenti di celebrazione e di vita della comunità, e in particolare l’Eucaristia, ti rivolgerai a loro dicendo: «Fratelli e sorelle…»: non soltanto tra di loro, evidentemente, ma anche nei tuoi confronti.
Potrai applicare anche a te, in quanto prete, la celebre parola di sant’Agostino: con voi, fratelli e sorelle, cristiano; per voi, prete. E, sempre con sant’Agostino, potrai dire: «Nel momento in cui mi dà timore l’essere per voi» (perché senza dubbio almeno un pizzico di timore ci deve essere in te questa sera, sapendo che il dono che Dio ti fa è molto grande, ma grande è anche la responsabilità che ti affida); ecco, quando c’è questa consapevolezza di timore, dice Agostino, «mi consola il fatto di essere con voi» (s. Agostino, serm. 340, 1).
La fraternità cristiana, quella fraternità che rimanda a Gesù Cristo, che ne è la radice e il fondamento, sia dunque per te fonte di consolazione e di fiducia.
Reciprocamente – e qui mi rivolgo a tutti noi, e mi rivolgo in particolare alle comunità cristiane che ti accoglieranno come prete, a partire da quelle dell’unità pastorale di Casaletto Vaprio, Cremosano e Trescore – tocca anche a noi far sentire ad Alessandro la grazia e la bellezza di questa fraternità, dono di Dio nel quale riposa anche la possibilità per lui di essere generoso, lieto, perseverante anche quando avvertirà la fatica del suo ministero di prete.

C’è anche un’altra dimensione di fraternità, che mi preme ricordare, ed è quella con gli altri preti, con tutto il presbiterio diocesano, Vescovo incluso.
Nel rito di Ordinazione di questa sera mancherà un elemento che, anche se non è essenziale, è però bello e significativo: lo scambio del segno di pace con i preti qui presenti. Ci pieghiamo di malavoglia a questa limitazione: a maggior ragione, però, in assenza del segno non dovrà mancare la realtà alla quale quel segno rimanda. Diventando prete, questa sera, entri a far parte del presbiterio diocesano, che ti accoglie con gioia e riconoscenza verso Dio che ti ha chiamato, e verso di te, che hai risposto.
Mancherà il segno visibile di questa accoglienza: ma non manca affatto il nostro affetto, la gioia di averti tra noi, di poter costruire anche con te quella fraternità presbiterale che poi, ti auguro, potrà accompagnarti sempre, e che tu stesso sei chiamato a edificare con tutti.

Ma poi, di nuovo, questa dimensione di fraternità con il presbiterio diocesano non è esclusiva: il ministero a te affidato ti apre a una fraternità a tutto campo, nella quale, se mai, saranno da privilegiare soprattutto i più «lontani», i meno amabili, i «pubblicani e peccatori» di cui parla Gesù – perché, cosa vuol dire che il fratello che pecca, che ti rifiuta e rifiuta anche la comunità, dovrà essere «per te come il pagano e il pubblicano» (Mt 18, 17), se non che ti dovrai regolare con lui al modo in cui Gesù si è regolato con i pagani e i pubblicani, con i peccatori, con gli esclusi: Lui che ne ha condiviso la mensa, ed è stato chiamato «amico di pubblicani e peccatori» (cf. Mt 11, 19; 9, 10)!
Sarai custodito nel tuo ministero dalla fraternità dei credenti e del presbiterio: a tua volta, dovrai custodire questa fraternità ricordandone la regola fondamentale, che il Signore ci richiama questa sera: e cioè che al centro c’è lui, e lui solo. «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18, 20). Dio ti tenga al riparo dalla tentazione di mettere te stesso al centro; e se avvertirai che qualcuno vuol metterti al centro, scappa via, fa’ qualcosa di stravagante, fa’ quel che vuoi, ma non permettere che si tolga dal centro della fraternità cristiana il solo che deve starci, Gesù Cristo, nostro unico Signore.

2. Usando il linguaggio di Paolo (cf. II lettura: Rm 13,8-10), vorrei poi dire che ti penso come un prete perennemente indebitato! È chiaro, non nel senso che avrai a che fare sempre con i debiti che spesso assillano le nostre parrocchie e le nostre opere… Ci sarà anche questo, forse: ma ciò che fa di te un debitore perennemente insolvente è, anzitutto, la consapevolezza dell’amore gratuito e immotivato di Dio; che ti ha scelto non perché sei bravo, hai tante capacità, tanta generosità e così via (tutto vero, naturalmente: in ogni caso, anche queste sono tutte cose che vengono da Lui!)…
Dio ti ha scelto per amore gratuito, per compiere anche attraverso di te, attraverso il tuo ministero, l’opera del suo amore. E questo debito di amore gratuito e perdonante non arriverai mai a saldarlo. Del resto (ce lo ricorderà il vangelo di domenica prossima) non ce n’è bisogno, perché Dio te lo ha già condonato tutto (cf. Mt 18, 27)!
L’unica cosa che ti chiede, è di fare come Lui: di essere testimone e strumento del suo amore gratuito e perdonante; e di esserlo anzitutto con ciò che Dio stesso mette nelle tue mani, col dono del presbiterato: la sua parola che annuncia perdono e misericordia, i suoi sacramenti che ci trasformano nella novità di Cristo, il servizio generoso nelle comunità cristiane, che sarà il tuo modo concreto di assolvere al debito dell’amore vicendevole, di cui ci ha parlato Paolo…
Sì, il prete è un uomo che è sempre in debito, e al quale non si confà l’atteggiamento del creditore, di colui che avanza pretese, che accampa meriti, che può dire davanti a Dio, e anche davanti ai fratelli: adesso siete in debito con me… Essere sempre in debito, però, non ti renderà triste o affannato, perché potrai sempre riconoscerti custodito nell’amore fedele di Dio; e, per usare ancora parole di Paolo, potrai dire anche tu di essere forse «afflitto, ma sempre lieto; povero, ma capace di arricchire molti; come uno che non ha nulla e invece possiede tutto!» (cf. 2Cor 6, 10).

3. Finalmente, la Scrittura ti consegna, nel testo di Ezechiele (cf. I lettura: Ez 33,7-9), la bella immagine della sentinella. È un’immagine che la tradizione cristiana ha applicato soprattutto al vescovo, ma io questa sera te ne rendo volentieri partecipe! Ti avverto, però, che non è molto comodo essere una sentinella come il Signore chiede. Perché la sentinella sotto molti aspetti si distingue dagli altri: gli altri dormono, lui deve vegliare; gli altri possono distrarsi, lui no; gli altri possono guardare le cose in modo un po’ superficiale, lui dev’essere attento a individuare segni che gli altri non vedono…
Prendendoti di mezzo alla fraternità cristiana e facendoti prete, Dio ti mette anche in una posizione scomoda. Ti chiede di non confondere la fraternità con l’omologazione. Di non immergerti a tal punto nella comunità e nelle sue attese, da non essere più capace di alzare lo sguardo per vedere, non ciò che ti chiede la comunità, ma ciò che Dio ti chiede per la comunità, anche a costo – come è capitato ai profeti/sentinelle – di trasmettere alla comunità parole anche dure, esigenti.
Ti chiedo di essere sentinella vigilante attraverso uno spirito orante e una pratica costante della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio; di esserlo non permettendo che le molte attese che ci sono nei tuoi confronti (e che indubbiamente ci siano me lo ha testimoniato anche l’e-mail di giovani che tempo fa mi chiedevano di ordinarti il più presto possibile…) ti distolgano del tempo interiore, ma anche esteriore, da dedicare all’incontro con Dio, alla vita liturgica, alla contemplazione e all’adorazione… Se no, inevitabilmente, smetterai di essere quella sentinella pronta, di sguardo acuto e di spirito vigilante, che Dio si aspetta.
E mi permetto di affidarti, in conclusione, una cosa particolare sulla quale aguzzare, come sentinella attenta, il tuo sguardo di giovane prete: e sono quei «germi di vocazione che a piene mani [Dio semina] nel campo della Chiesa, perché molti scelgano come ideale di vita di servire [Dio] nei loro fratelli» (Messa “per le vocazioni agli Ordini sacri”, orazione dopo la Comunione) – come hai fatto tu, caro Alessandro, e te ne siamo tutti riconoscenti.
Sì, credo che se qualche volta questi «germi di vocazione» non si sviluppano è anche perché noi – lo dico a me, Vescovo, prima di tutto – non siamo sentinelle abbastanza attente per vederli e favorirne la crescita. Nella tua giovinezza presbiterale puoi avere lo sguardo più acuto e pronto.
Dio ti faccia dono di questa vigilanza, attenta ma non ansiosa e, come sentinella fedele, ti conceda di veder spuntare all’alba di ogni giorno della tua vita di prete la luce gioiosa del Signore Gesù, che ti ha chiamato di mezzo ai tuoi fratelli e ti rimanda ora verso di loro come prete, servitore della loro salvezza e collaboratore della loro gioia (cf. 2Cor 4,5; 1,24).