Ordinazione diaconale di Piergiorgio Fiori – Omelia

Cattedrale di Crema, 20 ottobre 2018

È stato un bene, dopo tutto, che qualche mese fa abbiamo dovuto decidere di spostare di una settimana l’ordinazione diaconale di Piergiorgio, che avevamo messo in calendario per il 13 ottobre. In questo modo, senza che l’avessimo cercata, ci è venuta incontro una pagina di vangelo che usa proprio la parola diakonos e che parla in modo molto chiaro della diakonia; anzi parla – meglio ancora, fa parlare – Colui che è la radice e il modello di ogni diakonia, e che dice di se stesso: «Il Figlio dell’uomo… non è venuto per farsi servire, ma per servire (diakonein) e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 45).
Così, questa sera, il diaconato che celebriamo e nel quale viene costituito Piergiorgio, ci si presenta sotto almeno tre sfaccettature, distinte ma complementari.

C’è, in primo luogo, quella cristologica, a motivo della quale possiamo e dobbiamo dire che il primo «diacono» è Gesù Cristo.
Lo è a un punto tale che in questa parola si riassume il senso e la portata di tutta la sua missione: Egli è venuto «per servire»! E se la tradizione cristiana, fin dai primi tempi (l’abbiamo sentito anche attraverso il testo della lettera agli Ebrei), parlerà di Gesù e della sua opera di salvezza anche con le categorie del sacerdozio, non possiamo mai dimenticare questo linguaggio del «servizio», che Gesù stesso ha utilizzato; linguaggio, del resto, già anticipato nel Primo Testamento, attraverso la figura di quel misterioso «servo del Signore», di cui parla il libro di Isaia, il quale prende su di sé l’iniquità della «moltitudine», perché si compia per essa la salvezza di Dio.
Certo, guardare a Gesù come al primo e vero
diakonos significa anche riconoscere che qui non abbiamo solo qualche gesto isolato, qualche esperienza pur bella e utile di volontariato, o un mestiere a ore: «servire», per Gesù, significa «dare la vita», né più, né meno. Nella diakonia, vissuta come dono totale, si riassume l’intera missione di Gesù: e così, tutta la sua esistenza, e l’intero vangelo che la testimonia e la racconta, è il libro-guida del diacono, è il primo grande «direttorio» al quale anche tu, Piergiorgio, dovrai guardare, per vivere il ministero che ti viene affidato questa sera.

Ma prima di arrivare a te, vorrei ancora dire una parola sulla seconda sfaccettatura del mistero di grazia che viviamo questa sera: ed è quella che riguarda tutti i discepoli di Gesù. Perché la qualifica di diakonos Gesù la applica a tutti i suoi discepoli: «chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore (diakonos), e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10 43 s.).
È la comunità dei discepoli, infatti – è la Chiesa – che si caratterizza per la
diakonia come suo tratto costitutivo e significativo. «Tra voi non è così»: non si tratta solo di un auspicio, di un desiderio, ma di una nota distintiva della comunità cristiana. È vero, Gesù parla agli apostoli, a quelli che avranno poi, nella comunità, una posizione di autorità: per loro, prima di tutto, vale il rovesciamento evangelico, per loro vale l’esigenza di non scegliere se non la strada seguita dal Maestro: scegliere l’ultimo posto, scegliere il servizio, addirittura come «schiavi»; e dunque questa è una parola seria, importante, anzitutto per me, Vescovo.
Ma nel gruppo dei discepoli, che Marco dipinge così fragili, così lontani dal capire il Maestro, c’è anche l’immagine di tutta la comunità dei credenti: sicché la regola della
diakonia, del cercare solo il primato del servizio, è davvero una regola per tutti. Paolo la riassumerà dicendo ai Galati che la libertà, che Cristo ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione, non deve diventare un pretesto per vivere secondo la «carne» – cioè secondo un egoismo che mondanamente cerca il primato e il dominio – ma, dice, «mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri» (cf. Gal 5, 13).

Guardando al diacono per eccellenza, il Signore Gesù, e nel contesto di una Chiesa chiamata a fare del servizio nell’amore la regola della sua vita (e anche, aggiungiamo, la sua «sfida» al mondo del potere e del dominio), questa sera tu, carissimo Piergiorgio, ricevi il diaconato come primo passo del sacramento dell’Ordine sacro, in vista del ministero presbiterale.
Non è un passaggio solo formale: anche ciò che sarai chiamato a vivere come presbitero è radicato anzitutto nella conformazione al Cristo, venuto a servire e a dare la vita. Il diaconato iscrive in te, dunque, qualcosa che non dovrà più venir meno, perché il Cristo Servo, e il Cristo Maestro e Pastore, sono l’unico e medesimo Signore al quale hai scelto di donare la tua vita, in risposta alla sua chiamata.
Di questa scelta è espressione, questa sera, anche l’impegno del celibato per il Regno dei cieli: impegno che non sminuisce la tua umanità, ma la conforma a quella del Signore, casto, povero e umile, per darle tutta la fecondità che da soli non potremmo mai raggiungere; impegno che dice che la tua
diakonia sarà, per tutta la tua vita e in qualunque condizione, dedizione senza confini e senza riserve, con, se mai, una sola preferenza: quella per gli ultimi, per i meno amati, per gli esclusi e i dimenticati.
Potrai realizzare così, in tutta la tua vita, ciò che il ministero del diacono esprime anche nei segni della liturgia, in particolare l’annuncio del Vangelo e il servizio al «Pane della vita e al Calice della salvezza». La tua adesione totale a Cristo, il servizio vissuto, come Lui, nel dono di tutta la tua vita, saranno proclamazione del Vangelo dell’amore che salva e partecipazione alla dedizione piena di Colui che ha dato se stesso per noi, e nel sul Corpo e nel suo Sangue ci fa comunicare al suo dono.

Sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire, che abbiamo ricordato nella liturgia alcuni giorni fa, nelle sue Lettere si rivolge spesso ai diaconi, e si presenta volentieri, lui, vescovo, come syn-diakonos, diacono insieme con loro.
Vorrei dunque ringraziarti perché così anch’io, come lui, almeno per qualche mese potrò qualificarmi quale
syn-diakonos, diacono insieme con te. Ma vorrei che tutti, nella diversità delle nostre chiamate, ci sentissimo associati a te, partecipi della tua gioia e partecipi del servizio che tutti ci riguarda, alla scuola del nostro Signore e Maestro che, come uno schiavo, ha voluto lavare i piedi ai discepoli (cf. Gv 13, 1 ss.), per ricordare loro che il più grande, davanti a Dio, è colui che serve e dona la sua vita.