OMELIA DEL VESCOVO DANIELE NEL 75° DELLA PARROCCHIA DI CASTELNUOVO

Parrocchia di Castelnuovo (Crema), 18 marzo 2018 – V domenica di Quaresima

L’occasione del 75° anniversario della costituzione di questa parrocchia e del 60° della consacrazione della chiesa parrocchiale è senz’altro motivo per ringraziare Dio per tutto ciò che il suo amore fedele ha compiuto e ancora sta compiendo in questa comunità cristiana; ed è anche occasione per interrogarci sul modo in cui ci è chiesto oggi di continuare a dare testimonianza del vangelo di Gesù, e di ciò che esso ancora propone agli uomini e donne di oggi, qui, in questo quartiere dove voi vivete. Anche il vangelo di oggi ci dà degli orientamenti preziosissimi, per questo.
Incominciamo a chiederci: che cosa tiene insieme una comunità cristiana come una parrocchia? Esistono delle comunità dove si è scelto di stare insieme; ma non è così, nella maggior parte dei casi, per una parrocchia, dove ci si trova con altri senza essersi scelti. Vivo in quella parrocchia perché ci sono nato e ho continuato ad abitare in questo quartiere, o perché ho trovato casa qui… Anche se scegliessi di andare a stare in una certa parrocchia, le persone che vi troverei, per la maggior parte, non le avrei scelte io.
Esistono anche delle comunità dove ci si mette insieme ‘escludendo’ altri – non per cattiveria, ma perché una comunità può e anche deve adottare dei criteri: una comunità di suore è fatta solo di donne, e non di uomini; ci sono associazioni cristiane per aderire alle quali bisogna essere maggiorenni, e quindi sono esclusi i minorenni… Anche questo, in una parrocchia, non è possibile, e non sarebbe giusto: la parrocchia è la comunità cristiana che abbraccia tutte le età, tutte le condizioni, uomini e donne, bambini e adulti e anziani, con esperienze, storie, idee anche diverse…
Allora, che cosa la tiene insieme? – perché non è tanto facile tenere insieme una comunità così…
La risposta la troviamo, anche se in una forma a prima vista un po’ strana, nella parola di Gesù che abbiamo ascoltato nel Vangelo: «Io, quando sarà innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12, 32). L’evangelista spiega subito che questa espressione allude alla morte di Gesù: se però leggiamo tutto il vangelo di Giovanni, capiamo che non si tratta solo della morte.
«Innalzato da terra» vuol dire, certo, «innalzato sulla croce»: ma in questo «innalzamento» l’evangelista – anzi, Gesù stesso – ci invita a scorgere anche un altro innalzamento, quello della risurrezione, quello che fa entrare Gesù crocifisso nella vita e nella gloria di Dio.
Insomma, è il Gesù della Pasqua, morto e risorto, che «tiene insieme» la comunità cristiana: tutta la Chiesa, ma anche una singola comunità, una parrocchia. Non sono le nostre capacità, la nostra buona volontà, il nostro volerci bene… tutte cose importanti, ma non bastano, se non è prima di tutto Lui ad attirarci a Sé, a unirci anzitutto per il fatto che tutti guardiamo a Lui, che tutti siamo orientati a Lui, che tutti crediamo in Lui e viviamo di Lui.
Con questo sta o cade una comunità cristiana, una parrocchia. E questa è anche la ragione più semplice e fondamentale per cui una parrocchia ha un appuntamento irrinunciabile, che è quello della Messa domenicale: perché è proprio il momento privilegiato dell’incontro con Gesù morto e risorto, con il Cristo della Pasqua intorno al quale si raduna e si «tiene insieme» una comunità cristiana.
Non ci troviamo a Messa perché il prete è bravo, o perché i canti sono belli, o perché ci piace la compagnia delle persone; a volte il prete (e anche il vescovo…) fa quel che può, i canti sono così così, la compagnia delle persone può essere anche faticosa da reggere… Andiamo a Messa perché ci preme di incontrare Gesù, di ascoltare la sua Parola, di partecipare al suo dono di amore, e di farlo insieme, perché altrimenti nulla si reggerebbe, in una comunità cristiana.

Solo se ci lasciamo attirare da Gesù «innalzato da terra» saremo una vera comunità cristiana capace di diventare un segno di lui. All’inizio del vangelo abbiamo letto questa richiesta che viene presentata ai discepoli: «Vogliamo vedere Gesù». Supponiamo che qualcuno ce lo chieda ancora oggi: qui, in questo quartiere, sul luogo del lavoro, a scuola… Che risposta gli diamo?
Quella che dovremmo dare è questa: vieni a far parte della nostra parrocchia! Non abbiamo altro modo di farti vedere Gesù, oggi, che mostrandotelo attraverso la vita della nostra comunità. È una sfida grossa; talmente grossa che, appunto, si può affrontare solo se una comunità vive davvero orientata a Lui e sa affrontare ogni difficoltà, tensione, fatica, ritornando sempre a Lui; e imparando da Lui il punto essenziale, così straordinariamente espresso dall’immagine del seme che, se non muore nella terra, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
È un’immagine straordinaria di ciò che Gesù sta per vivere: la sua morte ormai prossima non sarà una sconfitta, ma la nascita di una vita nuova e abbondante, perché egli muore per amore, donando tutto se stesso. Ed è per questo che egli attira tutti a sé: non attira con la forza, con il dominio, con la seduzione o l’inganno, ma attraverso il dono della sua vita per amore.
Solo che Gesù dice che questa via è anche quella di chi lo vuol seguire, cioè di noi che vogliamo essere suoi discepoli. Se vogliamo che la nostra parrocchia renda visibile Gesù Cristo, oggi, l’unica cosa che possiamo fare è di vivere, anzitutto tra di noi, secondo la logica che Gesù ci ha insegnato: e cioè quella del dono di noi stessi nell’amore, gli uni per gli altri, nella pazienza, nell’ascolto vicendevole, nella fatica di ricomporre i dissidi, di apprezzarci e stimarci a vicenda, di aiutarci nelle diverse necessità della comunità ecc.
Ai suoi discepoli, nel vangelo di Giovanni, Gesù lascia questo solo comandamento, di amarsi a vicenda: e da questo, dice, tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri (cf. Gv 13,35). Saremo la sua comunità, la sua Chiesa in questo quartiere, guardando tutti insieme a Lui, innalzato nella croce e nella gloria, e se impareremo da lui a donarci gli uni agli altri nell’amore.
Poi tante cose possono anche cambiare, nella storia concreta: ma se il fondamento rimane – ed è Gesù Cristo, al quale tutti ci rivolgiamo, e che cerchiamo di seguire nel dono di noi stessi nell’amore – se questo fondamento rimane, la storia della vostra parrocchia sarà ancora lunga e ricca di frutti. Ed è l’augurio che vorrei farvi in questo giorno di festa della vostra comunità.