Domenica di Pasqua – 9 aprile 2023

Il vescovo Daniele ha presieduto la solenne Eucaristia del giorno di Pasqua nella Cattedrale di Crema, domenica 9 aprile 2023. Riportiamo qui l’omelia.

Quando san Paolo, il grande apostolo san Paolo, cercò di parlare della risurrezione di Gesù agli Ateniesi – gli intellettuali, gli uomini acculturati del tempo – fu solennemente preso in giro: «Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: “Su questo ti sentiremo un’altra volta”» (At 17,32).
Un fiasco clamoroso, un insuccesso quasi completo. Finché Paolo aveva parlato di Dio in termini un po’ vaghi, un po’ generali, con un linguaggio che cercava di adattarsi agli ascoltatori, erano stati a sentirlo. Quando però arriva al cuore della fede cristiana, all’annuncio di Gesù, morto e risorto, gli voltano le spalle senza tanti complimenti.
Qualche tempo dopo, a Corinto, Paolo era stato molto più deciso nell’annuncio della fede, incentrato su Gesù Cristo morto e risorto: e a Corinto aveva trovato una risposta nettamente migliore che ad Atene. Però anche a Corinto, persino tra i cristiani, c’era chi non credeva alla risurrezione; tanto che Paolo dedica un lungo capitolo della prima lettera ai Corinzi proprio a parlare della risurrezione.
In questo capitolo, Paolo riporta una delle più antiche professioni di fede, riguardanti la morte e risurrezione di Gesù. Dice così:

Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, e fu sepolto;
è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e apparve a Cefa e quindi ai Dodici (1Cor 15,3-4).

“Cefa” è il nome ebraico di Pietro: ricordando che Cristo risorto è apparso anzitutto a Pietro, Paolo conferma ciò altre testimonianze ci dicono, e cioè che Pietro, nella tradizione cristiana più antica, è considerato il primo testimone ufficiale della risurrezione.
Sottolineo questo aggettivo, “ufficiale”: perché i vangeli sanno che le prime testimoni del Signore risorto furono le donne, che si erano recate al sepolcro di Gesù fin dalle prime luci del giorno di Pasqua. Ma la tradizione cristiana, pur ricordando questo con evidenza, ha comunque riservato a Pietro il ruolo di “primo” testimone: non in ordine cronologico, ma in ordine di importanza, di autorevolezza.
Nella prima lettura abbiamo sentito Pietro “in azione”, per così dire, esercitare il suo ruolo di testimone di Gesù risorto (cf. At 10,37-43).
Ma anche il vangelo proclamato poco fa ce l’ha ricordato: Pietro e l’altro discepolo, quello che Gesù amava, corrono entrambi al sepolcro, l’altro discepolo corre più veloce ma poi, al sepolcro di Gesù, si ferma e lascia che sia Pietro a entrare per primo, per constatare che il corpo di Gesù non è lì, la morte non ha potuto tenere prigioniero Gesù (cf. Gv 20,1-9).
Sabato prossimo, tra meno di una settimana, a Dio piacendo, la nostra Chiesa di Crema incontrerà papa Francesco, nell’udienza, riservata alla nostra Diocesi, alla quale parteciperanno più di duemila pellegrini. E al papa, successore di Pietro, chiederemo anzitutto questo: di confermarci nella fede pasquale in Gesù Cristo, morto e risorto; gli chiederemo di essere ancora, per noi, il primo testimone del Signore risorto, il primo testimone della Pasqua.
Senza questa fede in Gesù risorto, infatti, tutto il resto crolla. Non sono io a dirlo; è ancora Paolo, sempre nella prima lettera ai Corinzi:

Se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati (1Cor 15,12-17).

Due volte, in poche righe, Paolo ripete: se Cristo non è risorto, la nostra fede è vana, vuota, inconsistente! Mi sembra opportuno richiamarlo, anche perché tutte le inchieste recenti sulla religiosità degli italiani mostrano una percentuale consistente di persone che si dicono cristiane e al tempo stesso, senza grandi problemi, dicono di non credere nella risurrezione…
Abbiamo bisogno di ricordare che con ciò che celebriamo oggi, qui, in questa santa Messa di Pasqua, si gioca il senso di tutta la nostra fede. Abbiamo bisogno di ricordarlo, perché – dice ancora Paolo – «se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini» (v. 19).
È fortissima, questa parola di Paolo: e vuole ricordarci che Gesù Cristo non è per noi solo un bell’esempio che viene dal passato, o solo il maestro di una dottrina affascinante e di una serie di comportamenti etici che hanno suscitato l’ammirazione anche di atei o credenti di altre religioni.
Celebrare la Pasqua significa ricordare che Egli è il Vivente; e che dunque la morte non è la parola ultima sui nostri progetti, sogni e speranze. Celebrare Gesù risorto, e credere in lui, significa credere che l’amore di Dio, che rialza dai morti il suo Figlio crocifisso, è più forte dell’odio, della violenza, dell’ingiustizia, della menzogna… insomma di tutto ciò che ha condotto Gesù sulla croce; significa credere nella possibilità del perdono, nella speranza di un riscatto per le vittime e per tutti i crocifissi della storia; significa credere che anche il nostro impegno per quelle grandi cose in cui almeno a parole diciamo di credere – la verità, la giustizia, la pace, la fraternità… – ha un senso, anche quando non ne vediamo i frutti, anche quando ci sembra di fallire, di essere troppo deboli…
La fede in Cristo, morto e risorto per noi, ci assicura che Dio non lascia cadere nulla, di quanto viene seminato seguendo Gesù, camminando nella via del vangelo, che egli continua a tracciare per noi.
Lo Spirito Santo, frutto della Pasqua, ci renda saldi nella fede del Signore risorto. Ci confermi in questa fede anche l’incontro con il Papa, che affido alla preghiera di tutta la nostra Chiesa, per l’intercessione del beato Alfredo Cremonesi, di cui ricorderemo, con il papa, il settantesimo anniversario del martirio. Padre Alfredo credeva in Gesù, morto e risorto: e proprio per questo non ebbe paura di donare la sua vita a Dio e ai fratelli.
In questa stessa fede viviamo con gioia, anche noi, la Pasqua del Signore.