Il vescovo Daniele ha presieduto la solenne liturgia della Domenica delle Palme in Cattedrale, a Crema, domenica 10 aprile 2022. Riportiamo di seguito la sua omelia.
Anche noi, come la folla dei discepoli nella Gerusalemme di duemila anni fa, abbiamo accompagnato il Signore con i rami d’olivo (e poi magari un giorno chiederemo all’evangelista Luca come mai, unico tra gli evangelisti, egli non parli di questi o altri rami, nel suo racconto dell’ingresso di Gesù nella città santa…), con le nostre espressioni di lode. Abbiamo cantato il nostro «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore», e sentito risuonare, nel racconto del vangelo, un canto simile a quello della notte di Natale: «Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!» (Lc 19,38).
Non so dire perché qui si trovi l’acclamazione «Pace in cielo» mentre – ricordate – nel canto degli angeli che appaiono ai pastori nella notte di Natale si dice «Pace in terra agli uomini che Dio ama» (Lc 2,14). Ma osservo questo: subito dopo il racconto dell’ingresso festoso di Gesù a Gerusalemme, che abbiamo ascoltato all’inizio della nostra celebrazione, il racconto di Luca riporta il pianto di Gesù in vista della città santa:
«Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”» (Lc 19,41-44).
Sì, Gerusalemme sembra aver smarrito la «via della pace»: e per questo, forse, il canto che accompagna l’ingresso di Gesù lascia come in sospeso la «pace in terra agli uomini amati da Dio».
Perché questa pace, certo, Dio continua a donarla, continua a guidare i passi degli uomini «sulla via della pace» (cf. Lc 1,79), come si legge in un altro punto del vangelo. Ma gli uomini continuano a smarrire questa via, continuano a cercare altre strade, con gli esiti che noi poi vediamo sempre, anche nei tempi che stiamo vivendo.
E queste ‘altre strade’, che allontanano dalla pace, sono tutte presenti nel racconto della passione del Signore.
Sono le vie della corruzione, dell’inganno e dei tradimenti (i sommi sacerdoti e Giuda); le vie di chi cerca di dominare e di spadroneggiare sugli altri (anche tra i discepoli, anche nella Chiesa: cf. 22,24 ss.); le vie della violenza, dei sotterfugi (cf. 22,53); del mancato rispetto dell’uomo e della sua dignità (Gesù viene picchiato, deriso, insultato…); sono i giochi di alleanza perversa tra i potenti (i capi religiosi, Pilato e Erode…); sono le ingiustizie plateali (Gesù condannato, Barabba liberato…), la condanna degli innocenti (Pilato tre volte proclama l’innocenza di Gesù, e poi lo fa condannare…), la crudeltà di strumenti di tortura, qual è la croce, e così via.
È troppo evidente che comportamenti di questo genere allontanano la via della pace, alimentano ingiustizie e conflitti e, calpestando l’uomo, calpestano anche Dio, che proprio nell’uomo vuol essere onorato e rispettato.
A fronte di tutto questo, l’evangelista ci invita a contemplare Gesù: a contemplarlo nella sua mitezza (il re che entra nella sua città su un puledro), nella sua compassione (il pianto su Gerusalemme), nel suo rifiuto di difendersi con la violenza (cf. la scena dell’arresto nel Getsemani: 22,49-51), nella sua preghiera per i discepoli, nel perdono offerto ai persecutori e, in definitiva, in tutta la sua vita intesa come servizio d’amore (cf. 22,27) e, come tale, consegnata ai discepoli (e a noi) attraverso il mistero dell’Eucaristia.
Sono vie difficili, impegnative, certo: ma solo percorrendo queste vie Gesù, vinta la morte, potrà presentarsi ai discepoli, il giorno di Pasqua, e dire loro: «Pace a voi» (24,36). La Pasqua, in definitiva, è la via di pace e di riconciliazione con Dio e tra gli uomini, che Gesù ha percorso nel modo che abbiamo sentito raccontare, e alla quale possiamo attingere, partecipando alla santa Cena che il Signore ha lasciato ai discepoli.
Proviamo a contemplarla, questa via di pace che è la Pasqua del Signore, anche nei giorni santi che ci stanno davanti: e il Signore Gesù ci renda poi capaci di passare dalla contemplazione all’azione, di modo che, ricevendo la pace come suo dono, possiamo camminare anche noi su questa via, per renderla un po’ più presente nel mondo.