Domenica delle Palme 2019 – Omelia

Cattedrale di Crema, 14 aprile 2019

Abbiamo chiesto a Dio, nella preghiera che precedeva le letture bibliche, di avere «sempre presente il grande insegnamento della passione [di Cristo], per partecipare alla gloria della risurrezione». Il «grande insegnamento» della passione del Signore è fatto, naturalmente, di molti grandi insegnamenti: non possiamo richiamarli tutti adesso, ma questo è anche un invito a riprendere ancora in mano il racconto che abbiamo ascoltato, e continuare a contemplare nella preghiera la passione di Gesù.

Gesù stesso ha voluto dare ai discepoli una chiave di lettura determinante, per comprendere il mistero della sua passione e della sua croce, ed è l’Eucaristia. Non a caso, il racconto incomincia proprio nel momento in cui Gesù si mette a tavola con i discepoli, e compie i gesti e dice le parole che poi consegna loro, perché si prolunghi fino al suo ritorno il memoriale della sua passione.
Il racconto di Luca riporta subito dopo anche l’insegnamento di Gesù, in risposta alla discussione dei discepoli su chi di loro fosse il più grande. È certo paradossale: Gesù ha appena annunciato il tradimento, ha appena compiuto i gesti che esprimono la dedizione di tutta la sua vita per la salvezza del mondo, ed ecco che i discepoli si mettono a litigare sui primi posti, su chi conti di più e debba avere più potere…
La risposta di Gesù è, potremmo dire, l’insegnamento nell’insegnamento: è una chiave di lettura di tutto il mistero della Pasqua e anche, in modo particolare, di ciò che celebriamo in questa domenica delle Palme. Perché Gesù incomincia (e finisce) parlando di re e di regni, di sovrani e benefattori. E appunto come un re era stato salutato al momento del suo ingresso festoso in Gerusalemme: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!» (Lc 19, 38).
Ma già in quel momento si capiva che era un re particolare, che entrava nella sua città non su una cavalcatura sontuosa, ma su un puledro (su un asinello, secondo i racconti degli altri vangeli). Il paradosso più grande, è chiaro, lo si vedrà poi dopo, quando questo re finirà sulla croce come un malfattore; e proprio dalla croce la scritta proclama la sua regalità: «Costui è il re dei Giudei» (23, 38).
Sì, «i re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve» (22, 25-27).

«Io sto in mezzo a voi come colui che serve»: possiamo prendere proprio questa parola di Gesù, per cogliere oggi il «grande insegnamento» della passione di Gesù. Del resto, Gesù l’aveva già preannunciato ai discepoli: egli è venuto «non per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per la moltitudine» (cf. Mc 10, 45). Servire, fino al dono della propria vita, è il solo modo di «regnare», che Gesù conosca. Ed è il solo che vuole che anche i discepoli conoscano, per essere sicuri di aver parte del regno che Gesù prepara per loro (cf. Lc 22, 28-29).
Così comprendiamo anche meglio il paradosso per cui il primo a entrare nel «regno», insieme con Gesù che muore sulla croce, sarà un brigante, un delinquente: uno che sa di non poter ambire a nessun primo posto, e di avere compiuto effettivamente il male e di pagare per questo. Ma è uno che può almeno affidarsi alla misericordia che riconosce in Gesù crocifisso: «“Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”» (23, 42 s.).
L’Eucaristia, sacramento della vita del Signore donata per noi e per la nostra salvezza, ci aiuta dunque a capire il «grande insegnamento» della Passione; ma non ci aiuta solo a capire, perché ci fa partecipare della vita e dell’amore del Signore per noi. E così, mangiando di quel Pane e bevendo a quel Calice, accogliendo il perdono di Dio che Gesù ha chiesto anche per noi (cf. 23, 34), diventiamo capaci di amare e servire, come ha fatto il Signore, per aver parte anche noi del suo regno.