Conferimento dell’accolitato a Alessandro Vanelli – Omelia

Chiesa parrocchiale di Ombriano, 29 gennaio 2019

«Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà»: la frase del Salmo 40(39), che l’autore della Lettera agli Ebrei mette in bocca a Cristo per indicare il suo atteggiamento quando «entra nel mondo» (cf. Eb 10,7-9), è una bella espressione anche per riassumere la disponibilità di chi accoglie una particolare chiamata di Dio, e vi risponde anche attraverso le varie tappe disposte dalla Chiesa per questo, com’è appunto il conferimento del ministero di accolito.
Quando, qualche settimana fa, con Alessandro, abbiamo dato un’occhiata alle letture previste per la Messa di questa sera, da subito ci siamo detti: cosa potremmo cercare di meglio? Tanto più che anche Gesù, nel vangelo, parla della volontà di Dio e chiama suoi fratelli, sorelle e madri – sua famiglia, insomma – proprio chi fa questa volontà (cf. Mc 3,31-35). Meglio di così…
Certo, poi fare la volontà di Dio non è facile; ma è molto difficile anche parlarne. Forse perché nel linguaggio cristiano se ne parla tanto; forse perché ci sono in giro espressioni proverbiali che ne parlano, anche banalizzando la cosa («Non cade foglia che Dio non voglia…»); senza dubbio perché si è anche abusato, e gravemente, di questa espressione, perché è fin troppo forte la tentazione di identificare la volontà di Dio con la nostra volontà… Insomma, ci vuole attenzione, cautela, e molta umiltà per parlarne.
Il rischio più grosso che si corre, io credo, è quello di parlare della «volontà di Dio» prescindendo da Gesù Cristo: come se noi potessimo cercare di capire che cosa Dio vuole, per noi, prima di tutto, e poi anche da noi, al di fuori di ciò che Egli ci ha detto, una volta per tutte, nel suo Figlio Gesù.
Perché in lui Dio «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato» (Ef 1, 4-6).
Noi non possiamo parlare seriamente, da cristiani, della volontà di Dio, se non nell’orizzonte del «disegno d’amore della sua volontà»; non possiamo parlarne se non contemplando, in Cristo, il desiderio, la «volontà», appunto, del Padre, che noi – e anzi la creazione intera – siamo partecipi della sua vita e della sua gioia; non possiamo parlarne che come volontà di Dio di superare, in Cristo, la distanza che il peccato crea tra noi e Lui; volontà di Dio di essere per l’uomo pienezza e compimento, di fare alleanza con lui, perché l’uomo possa conoscere e accogliere la passione d’amore di Dio per lui e fare di questo il segreto, il cuore dell’esistenza sua e del mondo intero.
La si può dire, naturalmente, anche con altre parole: ma questa, e solo questa, è la volontà di Dio per noi, come la conosciamo in Gesù Cristo. E il famoso «fare la volontà di Dio» significa, in definitiva, accordarsi con tutto questo, entrare in sintonia con questo «disegno d’amore», in modo che esso si compia non solo in me, ma anche in tutte le creature, appassionandomene al punto di decidere di mettere tutta la mia vita a disposizione di questo progetto d’amore.
Ed è ciò che ha fatto, in modo pieno e completo, Gesù Cristo: entrando nel mondo, Cristo dice appunto: «Ecco, io vengo, o Dio per fare la tua volontà», accogliendo il «corpo», ossia tutta la vita concreta che il Figlio fa sua, in questo mondo. Così «dà corpo» a questa volontà, la rende visibile nell’esistenza di un uomo che trova la sua gioia, la sua pace, la sua verità nella dedizione piena alla «volontà di Dio», partecipando cioè alla passione di Dio per la vita piena dell’uomo e del mondo.
Gesù fa questo cercando anche fratelli, sorelle, madri… insomma altri, una nuova famiglia che viva la stessa passione, lo stesso suo desiderio che il «disegno amoroso» del Padre si compia nella storia dell’uomo. La cosiddetta «vocazione» salta fuori qui: non in qualche voce misteriosa che magicamente scampanella nella mia vita, ma nell’intuire – certo, in virtù della luce dello Spirito – che è possibile non volere altro, nella propria vita, che accordarsi con il desiderio di Cristo di compiere così la volontà del Padre.

Tutto questo non risolve automaticamente la questione di chiedersi: ma che cosa vuole Dio da me? Come cercare la sua volontà nelle circostanze concrete della mia vita? Come rispondere?
Non è sempre facile; addirittura, non è stato facile neppure per Gesù, come ci ricorda la sua agonia nel Getsemani. È qui che entra quel discernimento di cui parliamo molto, da qualche tempo a questa parte, grazie anche all’insegnamento di papa Francesco.
A questo discernimento concorrono molti elementi, anzi molti doni e aiuti, che ci vengono dati. Per te, caro Alessandro, il Signore riserva oggi un dono speciale, proprio per poter discernere «la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12, 2).
Nel tuo cammino verso il ministero presbiterale, ti ha già messo in rapporto speciale con la sua Parola, quando ti è stato conferito il ministero di lettore. In essa hai potuto contemplare – e potrai farlo ancora, naturalmente – tutta l’ampiezza del «disegno amoroso» del Padre.
Il ministero di accolito, nel quale vieni istituito questa sera, ti mette in rapporto in modo speciale con l’altare dell’Eucaristia. Ti porta così, anche fisicamente, nel cuore del memoriale, che Gesù ci ha lasciato, della sua Pasqua. Lì puoi contemplare il punto d’arrivo, per così dire, di quel «corpo», che il Figlio di Dio ha ricevuto, entrando nel mondo: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato». Questo corpo – la nostra umanità – il Figlio l’ha accettata, l’ha fatta sua: ma tutto ciò che il Figlio riceve dal Padre, non lo tiene per sé: tutto, in Lui, è «Eucaristia», ossia «rendimento», «restituzione» di sé al Padre, attraverso il dono pieno della sua vita, dono di cui il Corpo crocifisso è il sacramento definitivo.
La volontà del Padre – che l’uomo viva in pienezza, in virtù dell’amore divino che perdona e salva – Gesù l’ha fatta sua dando la propria vita per noi. Nell’Eucaristia, questo dono diventa nostro, a patto che (come dice Paolo scrivendo ai Corinzi) sappiamo discernere il Corpo del Signore (cf. 1Cor 11, 29), riconoscendo in esso il compimento del «disegno amoroso» della volontà del Padre per noi.
Facendoti accostare all’altare dell’Eucaristia, e come ministro straordinario della Comunione nell’assemblea liturgica, e anche per i malati, Dio ti offre un criterio fondamentale di discernimento della sua volontà: che è appunto il Corpo del suo Figlio, riconoscibile nel Sacramento, ma anche nella carne del fratello, e nel Corpo che è la sua Chiesa.
Così dunque, nella partecipazione all’Eucaristia e nel ministero all’altare, nell’adorazione, nel servizio generoso alle membra del Corpo di Cristo, soprattutto ai malati e ai poveri, troverai la via sicura e gioiosa per conoscere e compiere, come fratello di Gesù Cristo, la volontà di amore del Padre, che tutti, nella diversità dei doni e delle vocazioni, siamo chiamati a condividere.
Questo è ciò che ti auguriamo, e per cui preghiamo questa sera insieme.