24 Ore per il Signore – Messa di ringraziamento della Scuola «Vailati»

Basilica di S. Maria della Croce, 30 marzo 2019

Alla S. Messa, che concludeva le “24 ore per il Signore”, erano presenti allievi, docenti, personale e famiglie della Scuola “Vailati”, in ringraziamento a Dio dopo le vicende del 20 marzo 2019.

Introduzione alla celebrazione

Questa nostra celebrazione conclude e inizia al tempo stesso. Conclude le «24 Ore per il Signore», che anche quest’anno abbiamo celebrato in questa nostra bella basilica di S. Maria della Croce, in contemporanea con papa Francesco a Roma e con tante comunità cristiane nel mondo intero; e inizia il ritrovarsi della Chiesa nella quarta domenica di Quaresima, che, come ogni domenica, ha al suo centro l’Eucaristia: e cioè il grande «grazie» che i cristiani sempre rinnovano a Dio per ogni suo dono, per ogni sua misericordia, e soprattutto «per Cristo, con Cristo e in Cristo»; perché in lui il perdono, la misericordia, la benedizione di Dio per tutte le sue creature si sono fatte visibili, sono entrate definitivamente nella nostra storia.

In questo «rendimento di grazie» si inserisce, questa sera, anche il «grazie a Dio», anzi il «Dio ti amo!» dei ragazzi della Scuola Media «Vailati», dei loro insegnanti, delle loro famiglie, di tutto il personale della Scuola, dopo la vicenda che conosciamo bene, e che hanno vissuto dieci giorni fa. La loro dirigente, prof. Cristina Rabbaglio, ha proposto questa Messa di ringraziamento, e gliene siamo grati: tanto più che, per motivi di salute, non può essere presente fra noi; la ricordiamo nella preghiera, augurandole una pronta guarigione; e, naturalmente, sentiamo uniti a noi anche quei ragazzi e ragazze, con le rispettive famiglie, che, per i motivi più diversi, non sono qui presenti.

 

Omelia

Se volessi riassumere in una frase breve il senso di questa notissima parabola del Vangelo (cf. Lc 15, 1-3.11-32), direi così: Dio non si rassegna a perdere niente e nessuno! Oppure, in altre parole: Dio ci vuole tutti salvi! Tutti: chi fa il male e chi fa il bene, il figlio minore che se ne va di casa e sperpera tutti i suoi soldi, e il figlio maggiore che è bravo, sta sempre a casa, obbedisce in tutto e per tutto a ciò che il padre gli chiede; il peccatore e chi non pecca, tutti.
Che cosa significa? Che allora peccare o non peccare, fare il male o fare il bene, sono la stessa cosa, visto che comunque Dio ci vuole tutti salvi? Certo che no! Il padre della parabola è contento che il figlio maggiore sia bravo: talmente contento che gli dice: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo» (Lc 15, 31). Qualche volta trascuriamo questa frase: ma è importante, anche perché è molto simile a una frase che nei vangeli si legge anche per Gesù (cf. Gv 17, 10). Il figlio maggiore è talmente bravo, che assomiglia a Gesù: il suo legame con il padre assomiglia al legame che unisce Gesù a Dio.
Gli assomiglia, ma non è proprio identico. Rispetto a Gesù, a questo figlio maggiore manca qualcosa di molto importante. Questo figlio maggiore non riesce a capire appunto che il padre gli vuole molto bene, ma vuole bene anche al suo fratello più piccolo.
Questo fratello più piccolo si è comportato male? Certamente! Questo ragazzo ha buttato via la sua vita, e non soltanto i soldi che il papà gli ha dato. Anzi, ha fatto una cosa ancora più grave: è come se avesse ucciso suo padre – o, se non lo ha ucciso, per lo meno lo ha considerato come già morto. Ha chiesto di avere l’eredità in anticipo: ma i figli ricevono l’eredità quando i genitori non ci sono più. Dicendo al padre: «Dammi la parte di patrimonio che mi spetta», è come se gli avesse detto: tu per me non conti più, tu non esisti più!
È una cosa molto grave, è proprio un peccato grave. Possiamo pensare che il padre ci stia male, e che non sia contento per questa scelta del figlio: però lo lascia andare, non lo vuole costringere a rimanere in casa.
Il padre sa benissimo che questo figlio ha fatto del male, e finirà male: e però continua a volergli bene, e continua a sperare che capisca il male che ha fatto, e si converta, e torni a casa. E di fatto gli vuole così bene che gli basta poco, gli basta appena un piccolo segno che questo ragazzo si è pentito (anche se il suo non è un gran pentimento, motivato com’è soprattutto dal desiderio di non morire di fame…), per andargli incontro e aprirgli la porta di casa e fargli una grande festa.

È così che Gesù ci fa conoscere com’è il cuore di Dio. Non è un Dio che pensa che bene e male siano la stessa cosa, che non ci sia differenza tra peccare e non peccare. Solo che Dio è contento per chi vive bene, e ci soffre per chi invece compie il male e rovina se stesso e gli altri: e quindi spera e desidera la conversione di chi pecca, ed è molto contento quando questa conversione arriva. E a chi è bravo, a chi non fa peccati, dice: come puoi essere veramente bravo, se non capisci cosa c’è nel mio cuore? Come puoi essere bravo, se non sei contento anche tu quando io sono contento? Come puoi amare me, se non ami – come faccio io – anche il peccatore, anche chi fa il male?
Certo, non lo amo perché è un peccatore: lo amo perché è mio figlio, e non posso essere contento se si perde, se rovina la sua vita; ma allora anche tu dovresti amarlo non perché ha fatto il male, ma perché è tuo fratello, e neppure tu puoi essere contento se va in perdizione.
Torniamo a quel che dicevo all’inizio: Dio ci vuole tutti, e non si rassegna a perdere niente e nessuno. Certo, non ci costringerà mai, perché ci vuole così bene, che ci lascia liberi: è come il padre che ha lasciato andare via di casa il figlio minore, e che non costringe il figlio maggiore a entrare in casa. Nella casa di Dio ci si sta soltanto nella libertà: Dio, ripeto, non costringe nessuno. Però ci si sta soltanto se sappiamo accogliere, e perdonare, e sentirci fratelli, secondo il cuore di Dio.

Mi ha colpito molto una cosa che ho sentito dire dai ragazzi della Scuola «Vailati», due giorni dopo la brutta avventura che hanno vissuto: hanno detto che sentivano che dovevano salvarsi tutti insieme, che sarebbe stato impensabile non uscirne fuori tutti quanti, compresi naturalmente gli adulti che erano con loro.
Ci si salva solo insieme: questa mi sembra una grande e bella lezione, che tutti dovremmo imparare, e ringraziamo i ragazzi per avercela data; perché ci fa capire proprio ciò che anche Dio vuole: che solo tutti insieme possiamo vivere la pienezza di vita, di amore e di salvezza, che ha preparato per noi, e che ci ha donato nel suo Figlio Gesù. Siamo sempre più segnati dal rischio dell’individualismo, che uccide: viceversa, possiamo vivere e salvarci solo insieme, e così Dio vuole e desidera la pienezza della nostra vita.