Presentazione del Signore – Giornata della vita consacrata 2023

Giovedì 2 febbraio 2023, il vescovo Daniele ha presieduto nella chiesa di S. Carlo in Crema la preghiera dei Vespri e l’Eucaristia insieme con le consacrate e i consacrati della diocesi, nella Festa della Presentazione del Signore, giornata della vita consacrata. Riportiamo di seguito l’omelia della Messa.

«I miei occhi hanno visto la tua salvezza, [o Signore], preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,30-32).
Così abbiamo sentito proclamare nelle parole di Simeone, ascoltate nel Vangelo, e che abbiamo anche cantato nel rito delle luci; così diciamo o cantiamo ogni sera, nella preghiera di Compieta, prima di chiudere fisicamente gli occhi alla luce del giorno e al compimento della giornata.
Le diciamo o le cantiamo, queste parole: riprendendo un’espressione della Regola di san Benedetto (‘mens concordet voci’), mi chiedo però se il nostro pensiero (o il nostro “spirito”, se vogliamo) si accorda davvero a ciò che la voce esprime. Se davvero, cioè, ripensando alla nostra giornata, possiamo dire di aver visto la salvezza di Dio: e se possiamo indicarla, questa salvezza, almeno in qualche segno, in qualcuno degli eventi attraverso i quali si è snodata la giornata.
Per riconoscere la salvezza di Dio in segni che ci chiedono di essere interpretati e capiti, occorre, prima di tutto il resto, la luce dello Spirito. È appunto «mosso dallo Spirito» che Simeone si reca al tempio quando Maria e Giuseppe vi portano il bambino per compiere gli adempimento della Legge di Dio (cf. Lc 2,27). E sicuramente è lo Spirito a fargli scorgere, in quel bambino, il compimento della promessa di Dio che lo stesso Spirito teneva viva in lui (cf. v. 26).
Senza lo Spirito, quella coppia di sposi poveri – offrono in sacrificio «una coppia di tortore o due giovani colombi», come la Legge di Dio prescriveva per chi non aveva i mezzi per un’offerta più significativa – non avrebbe dato particolarmente nell’occhio; senza lo Spirito, quel bambino sarebbe apparso come tanti altri bambini: un segno della benedizione di Dio, senza dubbio, ma non ancora la luce delle genti, la gloria di Israele tanto attese…
Non c’è dubbio che, senza la luce dello Spirito – quella luce che abbiamo anche portato nelle nostre mani, all’inizio della celebrazione – anche la nostra stessa realtà di consacrate e consacrati può sembrare poca cosa.
Può sembrare, addirittura, che la nostra vita, la nostra chiamata, appaiano contraddittorie, rispetto alla salvezza di Dio. Perché una vita che sceglie di rinunciare alla propria autonomia, nell’uso dei beni, nel vivere la propria libertà e la propria affettività, dovrebbe essere segno della salvezza di Dio? È difficile convincersene, senza la luce dello Spirito.
E forse la difficoltà che oggi vive il mondo, e in parte anche la Chiesa stessa, nel riconoscere la bellezza e la luminosità della nostra chiamata, dipende proprio dal fatto che non ci si affida a sufficienza alla luce dello Spirito, e si giudica troppo con criteri mondani…

Ma della luce dello Spirito abbiamo bisogno anche noi, che pure ci siamo sentiti chiamati e chiamate da Dio a questa vita paradossale, a noi che abbiamo scelto con libertà e con gioia, in un giorno assai lontano (per buona parte di noi), di consacrare a Lui tutto noi stessi.
Anche per noi è necessaria la luce dello Spirito, perché si tratta di scorgere la salvezza di Dio anche dentro le pieghe della nostra vita quotidiana, nel modo in cui la consacrazione, il dono di noi stessi a Dio, si fa storia e vita di ogni giorno.
Facciamo presto a vedere i limiti di questa vita: limiti dovuti a tante cause, che possono essere prima di tutto i nostri peccati, ma poi anche le condizioni oggettivamente limitate in cui si pone oggi questa forma di vita: per i numeri scarsi, per l’età che avanza, per la fatica a inventare anche nuove modalità in cui vivere il carisma dei nostri fondatori e fondatrici…
E poi, ancora, ci sono le piccole e grandi tribolazioni di tutti i giorni, quella difficoltà nella vita comunitaria, quella stanchezza che oggi mi rende più difficile la relazione con chi mi sta accanto, quell’incertezza sul futuro, quel problema che non riusciamo a risolvere…
Solo la luce dello Spirito può aiutarci a leggere tutto questo, e altro ancora, cercandovi i segni della salvezza di Dio che non viene meno. «I miei occhi hanno visto la tua salvezza» è ciò che un cristiano, e a maggior ragione un consacrato, una consacrata, dovrebbero dire ricevendo tra le braccia il bambino Gesù, come ha fatto Simeone; ma anche ricevendo tra le braccia il Cristo crocifisso, il Signore che è stato inchiodato sulla croce, come ci insegnano le tante “pietà”, dove Maria – modello fondamentale della nostra consacrazione – riceve tra le braccia il suo Figlio, che ha donato se stesso al Padre per la nostra salvezza.
Sì, solo la luce dello Spirito può suscitare in noi questa fede pasquale. Ma, appunto, lo Spirito può fare questo, e lo fa: e può rendere vere per noi le parole che diciamo, ripetendo quelle di Simeone; può fare di ogni giorno, di ogni sera, l’occasione per dire: sì, anche oggi ho visto la salvezza che Dio ha preparato.
L’ho vista non ‘nonostante’, ma proprio anche attraverso la nostra debolezza, anche attraverso le fatiche mie e degli altri, anche – paradossalmente (ma questo è il paradosso della Pasqua!) – attraverso la poca considerazione, la poca attrazione che sembra esercitare oggi la vita consacrata, nella Chiesa e nel mondo.
Ma se noi, non per falso ottimismo, ma per fede profonda – quella fede che appunto lo Spirito sostiene in noi – potremo continuare a dire ogni giorno: «I miei occhi hanno visto la salvezza che tu, o Dio, hai preparato, allora potremo vivere con pace la nostra chiamata, quali che siano le sue condizioni concrete, e potremo continuare a essere luce anche per altri, perché tutti possano imparare a riconoscere ogni giorno la salvezza di Dio.