Messa per p. Pier Luigi Maccalli a diciannove mesi dal rapimento – Omelia

Nel Santuario della Madonna delle Grazie, a Crema, venerdì 17 aprile 2020 alle 20.30, a diciannove mesi dal rapimento di p. Gigi Maccalli, il Vescovo ha presieduto la santa Messa per implorare la sua liberazione. Celebrata a porte chiuse, la Messa è stata trasmessa attraverso la televisione Lodi e Crema TV canale 111, la diretta streaming e la radio diocesana.

Omelia

Nel vangelo di Giovanni, l’apertura alla fede pasquale incomincia dalla constatazione di una mancanza. L’abbiamo sentito nel vangelo della domenica di Pasqua: quando Maria di Magdala, al mattino di Pasqua, va al sepolcro, nota subito ciò che manca: la pietra che doveva chiudere il sepolcro e custodire il corpo di Gesù. E ne deduce, subito, un’altra e più grave mancanza: quella del corpo del Signore (cf. Gv 20, 1 s.), una mancanza che continua a ossessionarla, perché anche più tardi continuerà ad aggirarsi intorno al sepolcro girando intorno a questa convinzione: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto» (v. 13).
Anche il racconto della terza manifestazione di Gesù risorto ai discepoli nel vangelo di Giovanni segnala una mancanza: i discepoli vanno a pescare, «ma quella notte non presero nulla» (21, 3): e anche in questo caso la mancanza viene ribadita, fatta notare, perché il personaggio misterioso, che si presenta sulla riva del lago, chiede: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?» – e il testo greco del Vangelo ci fa capire che la domanda implica una risposta negativa, un po’ come se Gesù (perché di lui si tratta, anche se i discepoli ancora non lo sanno) avesse chiesto: «Figlioli, non avete proprio nulla da mangiare, vero?». Ed è vero: i discepoli sono a mani vuote. E forse non si rendono ancora pienamente conto di quanto siano a mani vuote, perché la mancanza non è solo quella del pesce, ma è mancanza di vita, della loro stessa vita.
Dopo tutto, erano pescatori, avevano pensato che tornare a pescare, dopo il fallimento delle vicende pasquali, potesse essere una soluzione, un modo per riempire la mancanza che si era scavata nel loro cuore. Ma tutto si rivela inutile, e Gesù li aiuta anzitutto a essere ben consapevoli di questo: non hanno pescato nulla, la mancanza c’è, ed è davvero radicale.
Così, però, si dischiude per loro la novità sorprendente di Dio. Basta, sulla parola di questo ancora sconosciuto personaggio, gettare la rete dalla parte giusta, per vedersela riempita improvvisamente e al di là di ogni aspettativa. Il riconoscimento della presenza del Signore risorto parte da qui. Improvvisamente capiscono (e lo capisce prima di tutti il discepolo che Gesù amava) che ciò che mancava era proprio questo: la presenza del Signore.
A Pietro la pesca sembra non interessare più: si butta in acqua per andare verso Gesù, perché è Lui il dono del Padre che risponde a ciò che manca veramente nella nostra vita, e che il vangelo di Giovanni ha indicato con tanti simboli: la sete, la mancanza di salute, la cecità, la dispersione, la morte… sono vuoti che hanno come contraltare la pienezza, ma non semplicemente di benefici materiali, per quanto importanti: ma la pienezza di vita che si identifica in Gesù Cristo stesso, e che Dio dona al mondo in abbondanza.

Di mancanze ne abbiamo sperimentate tante anche noi, nelle settimane scorse: penso anzitutto a quella che ci sembra umanamente più grave, la mancanza della salute, del respiro, della vita stessa, per tanti, troppi nostri fratelli e sorelle. E penso quindi anche alle mancanze sperimentate dai loro cari: il mancare di una persona amata, spesso la mancanza di un ultimo saluto, dei gesti del lutto… Penso ancora a tante mancanze pesanti, come quella del lavoro; e ancora a tante altre cose di cui siamo stati e siamo ancora privati. A volte, forse, ci siamo lamentati della mancanza di cose secondarie, in sé poco rilevanti, ma alle quali eravamo fin troppo attaccati: indubbiamente, però, le mancanze ci sono state, e tuttora ci sono.
E che cosa sarà mancato di più, a padre Gigi, in questi diciannove lunghi mesi di prigionia? Possiamo solo immaginarlo, noi che comunque tendiamo poi a riempire le nostre mancanze di tante risposte più o meno a buon mercato. Ma possiamo anche immaginare che per lui sia stato non dico più facile, ma più immediato, più evidente, percepire la presenza del Signore risorto sulla riva dei suoi quasi seicento giorni lontano dalla missione, dalla sua gente, dal contatto con i suoi confratelli e con i suoi cari.
Pensando a lui, pregando per lui, siamo forse aiutati a superare la tentazione di riempire troppo rapidamente le nostre mancanze di risposte parziali e inconcludenti. Forse oggi è sua la voce che, da lontano, ci dice: «È il Signore!», e ci invita ad andare verso Gesù, a non stare troppo a badare se siamo poveri, malconci, o addirittura se, come Pietro, lo abbiamo anche rinnegato e abbandonato.
Andare verso il Signore risorto, perché le mancanze possono essere anche utili, sebbene dolorose, quando ci aiutano a scoprire qual è il dono che Dio ha in serbo per noi, come Gesù dice alla donna di Samaria venuta al pozzo ad attingere acqua: «Se tu conoscessi il dono di Dio, e chi è colui che ti chiede da bere…» (cf. 4, 10).
Mi sembra che siano queste la domanda e l’invito che ci vengono questa sera da p. Gigi: conosci il dono di Dio? Ti rendi conto di come Lui vuole rispondere a ciò che ti manca, donandoti il suo Figlio, proponendoti ti credere in Lui? Ciò che Lui ti dona non è una risposta a buon mercato, prima di tutto perché viene da colui che ha attraversato la passione e la morte, per arrivare sulle rive della tua vita.
E poi anche perché ti propone di seguirlo, come farà subito dopo a Pietro (cf. 21, 19): ti propone di mettere i tuoi passi sui suoi, di accettare anche tu di trasformare vita e morte, gioie e dolori, ciò che ti sembra positivo e anche ciò che ti sembra dolore e perdita, in un dono d’amore, affidandoti al Padre e donandoti ai fratelli.
Dunque, non è a buon mercato. Ma le soluzioni a buon mercato presto o tardi rivelano tutta la loro inadeguatezza, se si tratta di rispondere con verità a ciò che rende mancante la nostra vita. È in Gesù morto e risorto che possiamo avere vita sovrabbondante. Ci sia concesso di riconoscerlo vivente in mezzo a noi, e di amarlo e seguirlo con tutte le nostre forze.