Messa a S. Maria della Croce in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne

Il vescovo Daniele ha presieduto la Messa nella Basilica di S. Maria della Croce in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, giovedì 25 novembre 2021. Riportiamo di seguito l’omelia.

Pensando all’azione della Vergine Maria nei confronti di Caterina degli Uberti – che proprio qui subì, da parte del marito, la violenza che l’avrebbe condotta alla morte – mi è venuta alla mente la parola «consolazione». Per questo, ho pensato di celebrare questa Messa, nel giorno in cui si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, utilizzando le preghiere e le letture della Messa intitolata a Maria Vergine Madre della Consolazione; una parola, questa, che risuona anche nelle letture bibliche, dove si parla appunto della consolazione promessa agli afflitti: sia nella profezia tratta dal libro di Isaia (cf. Is 61,1-3.10-11), sia nelle beatitudini proclamate da Gesù all’inizio del «discorso della montagna» (cf. Mt 5,1-12).

Raccogliamo da Dio, per l’intercessione della Vergine Maria, questa parola di consolazione pensando alle tante, tantissime donne che nel nostro tempo, probabilmente ancora più che alla fine del quindicesimo secolo, sperimentano su di sé, nei modi più diversi, maltrattamenti, forme di odio, di persecuzione e violenza che arrivano fino alla morte.
Le abbiamo volute ricordare, poco più di mezz’ora fa, alle 20, anche attraverso il suono delle campane dei nostri campanili: anche questo voleva essere un piccolo segno di consolazione e di attenzione.

E vorrei raccogliere questa parola della consolazione pensando anche alle tante persone che sono poi come «vittime collaterali», ma certo non secondarie, di questa violenza (i figli, prima di tutto!); la raccogliamo, questa parola di consolazione, pensando alla società nel suo insieme, e anche alla Chiesa, che non possono non essere ferite, a loro volta, dalla violenza che colpisce le donne. E pensando, naturalmente, anche alle tantissime donne vittime di violenza e soprusi in tante parti del mondo.

Non vorrei, però, che pensassimo alla «consolazione» in termini – scusate il bisticcio – troppo «consolatori»; o, in altre parole, che pensassimo a una consolazione troppo a buon mercato: e neppure vorrei che pensassimo in termini riduttivi la consolazione e il conforto cercati da Caterina degli Uberti; come sappiamo, chiese, e ottenne attraverso la Vergine, la grazia di non morire senza i sacramenti.

Ma i sacramenti non sono soltanto realtà spirituali: essi rimandano, anzi rendono presenti anche per l’oggi della vita dei credenti e della Chiesa, i gesti di salvezza compiuti dal Signore Gesù durante la sua vita in mezzo a noi.

Se penso ai sacramenti caratteristici dei morenti: la confessione, con l’assoluzione dei peccati, non è separabile dai cammini di riconciliazione che siamo chiamati a vivere tra di noi (perché, altrimenti, chiedere al Signore di «rimettere a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori»?). Quella che un tempo si chiamava l’«estrema unzione» (più propriamente, come sappiamo, l’unzione dei malati) non può essere capita dimenticando i gesti concreti di guarigione compiuti da Gesù, o dimenticando ciò che fa il samaritano della parabola, quando cura con olio e vino le ferite del poveretto che era incappato nei briganti. E l’Eucaristia data ai morenti come viatico, come pane che sostiene l’ultimo viaggio della vita, non può essere separata dal pane con il quale Gesù ha sfamato le folle che gli andavano dietro per giorni; senza contare che l’Eucaristia è sacramento di unità, di comunione vicendevole, sostegno nella carità reciproca…

Dai sacramenti, insomma, noi riceviamo doni che non solo sostengono la nostra relazione con Dio, ma che vogliono incidere anche nella nostra vita in questo mondo e tra di noi. Del resto, la vocazione profetica che risuona nel libro di Isaia, e che abbiamo ascoltato nella prima lettura, associa alla parola della consolazione diverse altre azioni: oltre che di consolazione degli afflitti, si parla, ad esempio, di libertà degli schiavi, di scarcerazione dei prigionieri… Si parla di cose molto concrete, che impegnano Dio – e il profeta che viene chiamato da lui, ma anche il popolo che riceve questo annuncio e questo profeta – dentro la storia effettiva del suo popolo e dei mali di cui sta soffrendo.

Per questo, non possiamo raccogliere la parola di consolazione che la Vergine Maria ha manifestato proprio qui, dove ora sorge questa bella basilica, nei confronti di una donna vittima della violenza, senza chiederci come possiamo noi, oggi, nella situazione che stiamo vivendo, essere strumento di consolazione, attraverso la preghiera solidale, come stiamo facendo, ma anche attraverso gesti di liberazione, di cambiamento, di trasformazione di una realtà insostenibile, qual è quella della violenza sulle donne.

Credo giusto e doveroso esprimere qui, in questa linea, una parola di ringraziamento per tutti coloro che ormai da anni si impegnano concretamente nei confronti delle donne minacciate o vittime di violenza. Penso in particolare a tutte e tutti quelli che operano, a Crema e nel cremasco, nell’ambito della Rete Contatto, unendo diverse competenze e professionalità in aiuto delle donne minacciate o effettivamente vittime di violenza;
ma sono sicuro che ci sono molte altre buone samaritane e buoni samaritani che in tanti modi, anche nascosti, portano consolazione fattiva, operosa e affettuosa, alle donne oltraggiate e colpite.

Certamente rinnovo anche a nome della Chiesa di Crema la disponibilità a cooperare con tutti quelli e quelle che si adoperano in quest’opera di collaborazione; e anche la disponibilità a far sì che si correggano, si convertano, cambino tutte quelle mentalità, quelle concezioni, che sono poi la base di comportamenti, modi di fare, gesti che si risolvono in atti di violenza inaccettabili.

Mi piacerebbe – anche se non so dire come, in questo momento – che anche questo santuario, nato dalla risposta della Vergine Maria a un «femminicidio» (una parola non bella, che esprime però una realtà ancora meno bella, e che speriamo di non dover più pronunciare…), diventasse un luogo non solo di preghiera, ma anche di «consolazione», nel senso più ampio che ho provato ad accennare. Un luogo di riflessione, anche, e di azione, se possibile, perché ciò che secoli fa fece Maria, la Madre del Signore, per Caterina degli Uberti, stimoli anche noi a fare tutto il possibile, per rispondere al dolore di chi è vittima della violenza e perché tutti – e specialmente noi uomini – impariamo a deporre «la violenza che è nelle nostre mani» (cf. Giona 3,8), e cerchiamo con passione il bene di tutti e di tutte.

Lo Spirito Santo, che è il Consolatore per eccellenza, ci aiuterà a trovare insieme le vie; mentre, ancora una volta, chiediamo che ci ispiri l’esempio della Vergine Madre, che proprio qui manifestò la consolazione promessa da Dio per una delle sue tante figlie umiliate, ferite e uccise dalla malvagità dell’uomo.