Venerazione della B. V. Maria di Loreto – Omelia del vescovo

Il 28 ottobre 2020 la diocesi ha “ospitato”, in Cattedrale, l’immagine della B. Vergine Maria di Loreto, nell’ambito del pellegrinaggio organizzato dall’Aeronautica Militare nel centenario della proclamazione della Madonna di Loreto a patrona degli aviatori. A conclusione della giornata, il vescovo ha presieduto la Messa, alla quale hanno partecipato le autorità militari del “VI stormo” dell’Aeronautica, di stanza a Ghedi (BS), e diverse autorità civili e militari. Riportiamo di seguito l’omelia del vescovo Daniele.

L’immagine più «aerea», che troviamo nella Bibbia, come sintesi dell’azione di Dio nei confronti del suo popolo, si legge al c. 19 dell’Esodo, dove Dio si rivolge al suo popolo, Israele, da poco uscito dalla schiavitù dell’Egitto, e gli dice: «Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa» (Es 19,3-6).
Israele ha vissuto la libertà, ricevuta come dono inaspettato e gratuito di Dio; una libertà che lo ha sottratto dalla schiavitù dell’Egitto e lo ha fatto arrivare alla presenza di Dio. Anche il libro del Deuteronomio riprende la bella immagine del volo «su ali d’aquila»: «Come un’aquila che veglia la sua nidiata,
che vola sopra i suoi nati, egli [Dio] spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore, lui solo lo ha guidato, non c’era con lui alcun dio straniero» (Dt 32,11).
A volo d’aquila, dunque, Israele è stato sottratto dalla schiavitù, per arrivare, come popolo libero, davanti a Dio. Ma la storia non finisce qui. Le parole dell’Esodo che ho ricordato prima sono dette da Dio mentre Israele è davanti al monte Sinai, e preparano l’ora dell’alleanza: l’ora nella quale, cioè, Israele, proprio perché libero, è invitato a impegnarsi liberamente con il Dio che lo ha liberato. Questo impegno si chiama appunto «alleanza»: è l’impegno che Israele è chiamato a prendersi, a vivere, potremmo dire, «secondo Dio»: a realizzare nella propria storia ciò che ha visto fare da Dio.
Per riprendere le parole della prima lettura, Israele ha sperimentato su di sé il «disegno d’amore» della volontà di Dio (cf. Ef 1,5): che è appunto un progetto, una volontà di vita buona, che Dio da sempre ha voluto per l’uomo. Nel suo volo «su ali d’aquila», Israele ne ha fatto esperienza; per questo, adesso, è chiamato ad accogliere nella libertà questo «disegno d’amore» e farlo diventare il criterio della propria vita. Finché era un popolo di schiavi, questo non era possibile, perché Dio non vuole avere sotto di sé degli schiavi. Ora però, nella libertà ricevuta da Dio, Israele può dare la propria risposta, può accogliere l’alleanza e fare, della volontà d’amore di Dio, il criterio della propria vita.

Non è un caso, penso, che la Bibbia usi anche questa immagine del «volo d’aquila», per raccontare l’esperienza della libertà. Delle varie conquiste che l’uomo ha potuto fare nel corso della sua storia, quella di riuscire a volare – conquista relativamente recente ma che, come sappiamo, ha avuto uno sviluppo rapidissimo – è forse quella che rende meglio di tante altre la percezione della libertà. Vincere il peso che ci tiene legati alla terra, percorrere con rapidità i cieli, addirittura conquistare gli spazi al di là del nostro piccolo pianeta… tutto questo è simbolo di una libertà che abbiamo potuto raggiungere in molti altri campi (anche se forse tendiamo troppo a dimenticarci dei suoi limiti).
Anche noi, dunque, solchiamo i cieli, e voliamo anche più rapidamente e più in alto delle aquile. Abbiamo tra la mani il dono della libertà e, sotto tanti aspetti, lo abbiamo in modo molto più tangibile di tante generazioni di uomini e donne del passato, molto più condizionati di noi rispetti ai limiti della nostra vita. Anche per noi si pone dunque, inevitabilmente, la questione: libertà, sì, ma per farne che cosa? La risposta la troviamo già in parte nella storia di Israele: libertà, per poter vivere nell’alleanza con Dio. Libertà, per poter tradurre nella nostra stessa vita il «disegno d’amore» della volontà di Dio.
La pienezza della risposta ci è stata data da Gesù Cristo; ma è già anticipata e profetizzata, potremmo dire, della Vergine Maria. In Gesù Cristo, perfetta libertà e perfetta dedizione a Dio sono, in pratica, una sola e unica cosa; egli è l’uomo veramente e pienamente libero e, proprio per questo, totalmente dedito nella libertà alla volontà di Dio, che è la vita e la salvezza del mondo. Maria partecipa di questa pienezza di libertà nell’amore e nel dono di sé. Ancor prima che il suo Figlio Gesù prenda carne nel suo corpo, e venga alla luce, Maria è già la sua perfetta discepola, e già lo segue nella via di una libertà che diventa dono e disponibilità piena e libera della sua vita per Dio e per gli uomini, come ci ha ricordato il racconto dell’annunciazione.
Torniamo così alla nostra immagine iniziale, quella del «volo d’aquila»; quell’aquila che è anche nello stemma dell’Aeronautica militare, che in questo anno onora la Beata Vergine di Loreto, nel centenario della sua proclamazione a patrona degli aviatori.
L’esperienza del volo ci ricorda, come ho detto, il dono della libertà: una libertà che, per noi cristiani, è resa vera e piena grazie a Gesù Cristo e alla salvezza che viene da lui. Una libertà, dunque, ancor più orientata a diventare dono; una libertà non fine a se stessa, ma che ci rende veramente capaci di una vita piena, generosa, donata a Dio e ai fratelli.
La Vergine di Loreto, patrona degli aviatori, è la Vergine della Santa Casa di Nazaret, di quella casa che è la casa del ; del di Maria, ma anche – e ancora di più – del che il suo stesso Figlio, Gesù, continuamente ha detto a Dio suo Padre, vivendo la comunione con gli uomini.
La Vergine di Loreto custodisca tutti gli aviatori, e custodisca tutti coloro che solcano i cieli; e aiuti loro, e tutti noi, a essere riconoscenti a Dio per il dono della libertà che ci ha dato e sempre ci dà in Cristo; e ci aiuti a fare di questa libertà, come dice Paolo, non un pretesto per vivere secondo il nostro egoismo, ma la radice di una carità sempre più forte e piena (cf. Gal 5,13), riflesso dell’amore senza riserve del Dio che ci ama, ci libera e, sollevandoci su ali di aquila, ci fa giungere fino a Sé.