Veglia pasquale 2019 – Omelia

Cattedrale di Crema, 20 aprile 2019

Com’è noto, la parola «pasqua» deriva probabilmente da una radice ebraica che indica il «passaggio»: forse quello del Signore che «passa oltre» le case degli ebrei segnate dal sangue dell’agnello, per non colpirli con il flagello; forse il passaggio di Israele attraverso il mare, come abbiamo sentito anche nella lettura del libro dell’Esodo, proclamata prima… Forse non è neppure così importante decidere di quale «passaggio» esattamente si tratti, perché in realtà la dinamica del passaggio, la dinamica della Pasqua, sta sotto a tutta la storia, anzi a tutta la creazione, quando la guardiamo con sguardo credente.
E le letture della Veglia, che abbiamo ascoltato, volevano condurci precisamente a questo: a riconoscere i tratti della Pasqua in tutto, a partire dal primo passaggio, quello che dal nulla porta all’esistenza ogni cosa, per continuare poi nella storia del mondo e in particolare in quella di Israele. Continuamente Dio passa in questa storia, e continuamente in essa conduce il mondo, l’umanità, il suo popolo attraverso passaggi diversi, «di pasqua in pasqua», potremmo dire riprendendo le parole di un antico inno cristiano.
Non sono sempre passaggi facili: a volte sono anche dolorosi, sono vissuti come esperienza di sconfitta, di fallimento. La meditazione credente, però, sotto la guida della Parola di Dio, arriva a scorgere la presenza di Dio anche in quelle tribolazioni e sofferenze: e se Dio è all’opera, allora tutti questi sono passaggi pasquali, sono anticipazioni e segni, tracce di un Pasqua piena e definitiva, che i credenti hanno imparato a cercare e desiderare, nel corso dei secoli.
La fede della Chiesa ha compreso queste tracce come prefigurazioni, anticipazioni e profezie del passaggio definitivo, della Pasqua perfetta: il passaggio di Gesù Cristo, il Crocifisso, da questo mondo al Padre, il suo passaggio da morte a vita, cantato da tutta la liturgia di questa notte santa. Secondo le parole dell’Exsultet, cantate prima dal diacono, «questa è la vera Pasqua, in cui è ucciso il vero Agnello, che con il suo sangue consacra le case dei fedeli». Non che le altre pasque fossero false: ma erano ancora incomplete, non realizzavano il passaggio definitivo compiuto in Gesù Cristo morto e risorto, perché solo questo passaggio «ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore».

Questo non vuol dire che, raggiunta la Pasqua perfetta in Cristo morto e risorto, non ci sia più nessun passaggio da compiere. Prima di tutto perché, potremmo dire, l’universo intero è immerso nel movimento che scaturisce dalla Pasqua del Signore. A partire da Cristo morto e risorto, e in virtù dello Spirito, che è il frutto più importante della Pasqua, tutta la creazione vive il «transito pasquale», è incamminata verso la trasfigurazione finale, quando il dinamismo della risurrezione di Cristo avrà trasformato ogni cosa secondo il «disegno d’amore» del Padre (cf. Ef 1, 6).
Ma il passaggio pasquale si deve compiere anche in ciascuno di noi. Lo vedremo bene, tra poco, nel nostro fratello Davide, che ha chiesto di diventare cristiano e lo diventerà, secondo l’antica tradizione cristiana, proprio in questa Veglia. Vedremo in lui ciò che già è avvenuto in noi, a partire dal nostro Battesimo: quando, secondo le parole di Paolo ascoltate prima, «siamo stati sepolti insieme a Cristo nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6, 4).
Nel Battesimo, con Cristo morto e risorto, anche noi abbiamo attraversato il mare della morte e del peccato, per giungere alla pienezza della vita; siamo stati segnati con il sigillo dello Spirito Santo, per essere resi conformi a Cristo e, come lui, poterci considerare «morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù» (6, 11). E ci siamo accostati alla mensa del suo Corpo e del suo Sangue, vero cibo e vera bevanda, che sostengono il nostro cammino e ci permettono di compiere nella vita di ogni giorno il nostro pellegrinaggio verso la Pasqua eterna.
Tra poco, dicevo, tutto questo si compirà in Davide: i sacramenti pasquali lo renderanno pienamente partecipe della Pasqua del Signore Gesù, realizzeranno anche per lui il passaggio dalla morte alla vita, dalla tenebra alla luce, dal peccato alla libertà dei figli di Dio. Ringraziando Davide per aver risposto alla chiamata del Signore alla fede, pregando per lui e contemplando in lui i sacramenti pasquali, saremo aiutati a riscoprire e rinnovare anche la nostra identità di cristiani, di figli nel Figlio prediletto, conformati a Lui nel passaggio da morte a vita.

Questo passaggio – di nuovo, la Pasqua del Signore – aspetta ancora di essere pienamente realizzato nel nostro mondo e nella nostra storia. Sì, lo Spirito di Cristo morto e risorto è all’opera, perché questo avvenga.
Normalmente, però, la sua opera passa attraverso la nostra risposta, attraverso la nostra docilità alla sua azione.
Lo Spirito, infatti, ci rende capaci di resistere alla menzogna, per essere cercatori e testimoni della verità; ci chiede di rifiutare l’ingiustizia e l’inganno, perché la nostra società passi verso una condizione di maggiore giustizia ed onestà; ci aiuta a dire di no alle seduzioni dell’odio, della paura, della diffidenza reciproca, per provare a realizzare una più forte fraternità; ci impegna a non rassegnarci alle forme di diseguaglianza, sfruttamento e oppressione, perché ogni uomo sia riconosciuto e onorato nella sua dignità; ci rafforza nella lotta contro ogni forma di violenza e di morte, perché la gloria di Dio si manifesti nell’uomo vivente e in tutte le creature.
Ci accorgiamo, così, che il passaggio pasquale, compiuto in Cristo morto e risorto per noi, è anche il compito che Dio affida alle nostre mani. Se lasceremo operare in noi il mistero pasquale, scopriremo che questo compito, che ci sembra spropositato, è possibile: perché «Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio» (6, 9 s.).
La vera Pasqua è entrata nel mondo e Dio, sicuramente, la porterà a compimento.