Veglia missionaria e inizio del Cammino sinodale – Omelia del Vescovo

Sabato 16 ottobre 2021, nella Cattedrale di Crema, il vescovo Daniele ha presieduto la Veglia missionaria (in vista della Giornata missionaria mondiale del 24 ottobre) e di inizio della fase di consultazione diocesana in vista dell’Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi in programma per l’ottobre 2023, sul tema: Per una Chiesa sinodale. Comunione – partecipazione – missione. Riportiamo l’omelia del vescovo.

 

Dopo l’ascolto della testimonianza di don Federico dall’Uruguay e delle parole del messaggio del Papa per la giornata missionaria mondiale, che si celebrerà in tutta la Chiesa il prossimo 24 ottobre, le mie parole possono essere brevi: anche perché uno dei tratti principali del cammino sinodale che si inaugura in questa domenica in tutte le Chiese particolari dovrà essere quello dell’ascolto; e sarà certamente utile anzitutto a noi vescovi, che abbiamo la tendenza a parlare molto, fare nostro questo atteggiamento di ascolto.
Mi limito allora a sottolineare ancora una volta la necessaria integrazione tra missione e sinodalità, che ho avuto modo di richiamare tante volte in questi anni, parlando soprattutto del nesso che c’è tra missione e comunione, che sono come i due polmoni, entrambi necessari, della vita della Chiesa.
Gli Atti degli apostoli ci mettono davanti continuamente il lavoro di questi due polmoni: ad esempio nel testo ascoltato in questa veglia (cf. Atti 4,13-31), che partiva dalla testimonianza di Pietro e Giovanni davanti al sinedrio – quella loro affermazione, che abbiamo detto insieme: Noi non possiamo tacere quel che abbiamo visto e ascoltato!, e che dà anche il tema alla Giornata missionaria mondiale – dunque da una situazione missionaria, di annuncio; e poi continua con il ritrovarsi della comunità nell’ascolto e nella preghiera, e si riapre di nuovo alla missione, resa possibile dalla rinnovata effusione dello Spirito Santo, come ascolteremo tra poco.
Permettetemi di sottolineare un paio di aspetti della seconda parte del racconto, che abbiamo all’inizio di questo secondo momento della veglia. Anzitutto: una comunità di «fratelli» (e sorelle, dobbiamo pensare) si ritrova; quel che avviene è un’azione comune, fatta «tutti insieme», sottolinea il narratore (v. 24). Ciò che è accaduto ai due apostoli riguarda, in realtà, tutta la comunità; e nella comunità viene raccontato e ripensato nella preghiera e nell’ascolto della parola di Dio.
E questa è la seconda sottolineatura: in modo certamente riassuntivo, gli Atti ci fanno vedere una comunità che, di fronte a qualcosa di nuovo (per la prima volta l’annuncio del vangelo si è scontrato con un’opposizione), primo, si mette in preghiera; secondo, ascolta la parola di Dio, in particolare richiamandosi esplicitamente a un salmo; terzo, alla luce di quella parola, e ripensando a ciò che era successo prima di tutto a Gesù, cerca di capire anche la propria vicenda presente; quarto, chiede aiuto a Dio non – notiamo bene – perché dia una lezione ai persecutori, li punisca ecc., ma per poter continuare «a proclamare con tutta franchezza» la parola; chiede, cioè, di essere sostenuta nella missione.
Questo mi sembra il modello del «ritrovarsi sinodale», che viene chiesto a tutte le Chiese: un modo di riunirsi che sta nell’orizzonte della fede, in un contesto di preghiera, dove le nostre (e anche le altrui) domande, dubbi, proposte… proteste, anche, si confrontano con la parola di Dio e si aprono a riconoscere nello Spirito ciò che Dio dice oggi alla Chiesa, e alla nostra Chiesa, per vivere la missione di sempre, quella di annunciare a tutti il vangelo della misericordia e della salvezza.
Si tratta, dunque, di passare continuamente dalla missione alla comunione e dalla comunione alla missione; e di farlo riconoscendo che tutti siamo abilitati a questo, in virtù del Battesimo e dei diversi doni dello Spirito; tutti, dunque, siamo invitati a partecipare, ciascuno secondo le sue possibilità, a questa dinamica.
Forse questa partecipazione è l’aspetto più difficile. Nessuno, certo, dovrà sentirsi costretto a farlo; ma dovremo fare il possibile perché nessuno se ne senta impedito; impedito, soprattutto, da atteggiamenti di esclusione, di poco interesse, di sufficienza… come se non avessimo bisogno gli uni degli altri. Riascoltiamo il richiamo di Paolo ai Corinzi:

Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui (1Cor 12,21-26).

In questo spirito muoviamo i primi passi, con tutta la Chiesa, nel cammino che ci sta davanti; invocando lo Spirito, perché ci illumini sui passi da fare e sullo stile, autenticamente evangelico, con cui dovremo camminare insieme: con Dio e con i fratelli, nella Chiesa, con tutta l’umanità e in comunione con ogni creatura.