Veglia di Pentecoste – Ammissione tra i candidati al Diaconato

Nel corso della Veglia di Pentecoste, celebrata nella Cattedrale di Crema sabato 22 maggio 2021, il vescovo Daniele ha ammesso tra i candidati al Diaconato Davide Margheritti, della parrocchia di S.Maria della Croce, e Fabio Marta, della parrocchia di Pieranica. Riportiamo di seguito l’omelia del vescovo.

 

Quando c’è bisogno di una transizione, di un passaggio, è il momento dello Spirito. Tutta la storia della salvezza – che abbiamo ripercorso in alcuni momenti, attraverso le letture bibliche proposte in questa Veglia di Pentecoste – non fa che confermarlo.
Ed è all’opera, lo Spirito, non in transizioni qualsiasi: «Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, / dal soffio della sua bocca – dal suo Spirito, dunque – ogni loro schiera» (Sal 33,6), dice un salmo; e un altro, con il quale anche abbiamo pregato poco fa, ci ricorda: «Tu, Signore, mandi il tuo Spirito e tutto è creato e si rinnova la faccia della terra» (cf. Sal 104,30). Il primo grande passaggio, la prima grande transizione, è che quella che dal nulla, nella creazione, fa esistere ogni cosa: e lì lo Spirito è all’opera.
È all’opera nella Pasqua del Signore, nel decisivo passaggio da morte a vita che si compie sul Golgota e nel giardino dove la tomba di Gesù viene ritrovata vuota: perché è nello Spirito che Gesù si consegna al Padre e si dona per la salvezza del mondo (cf. Eb 9,14), ed è nello stesso Spirito che il Padre risuscita il suo Figlio e lo fa entrare nella pienezza della vita (cf. Rm 8,11); e nel medesimo Spirito si compierà, per ciascuno di noi, per la Chiesa e per il mondo, l’ultimo passaggio, e la creazione tutta – che «fino a oggi», come abbiamo sentito nell’epistola, «geme e soffre le doglie del parto» –, «sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21-22).
Lo Spirito, effuso in pienezza a partire dalla croce gloriosa di Cristo, dal quale scaturiscono «i fiumi d’acqua viva» (cf. Gv 7,38) che danno vita al mondo, fa sì che anche i dolori, le tribolazioni, le incertezze che inevitabilmente accompagnano momenti difficili di passaggio – appunto come le doglie del parto, per riprendere l’immagine usata da Paolo nella lettera ai Romani, ma anche dal Signore Gesù nelle sue parole ai discepoli prima della passione (cf. Gv 16,21-22) – si rivelino momenti non di morte, ma di nascita; non di perdita, ma di vita, e vita nuova. Anche le ossa più disseccate, calcinate al sole, possono riprendere vita, se la Parola di Dio le interpella e lo Spirito le vivifica, come abbiamo sentito dal passo di Ezechiele (cf. Ez 37,1-14).

Insisto su questo, perché anche il tempo che stiamo vivendo ci appare un tempo difficile, doloroso, una transizione lunga e complicata, per la Chiesa e per il mondo. Ci porterebbe troppo lontano elencare i tratti di questa transizione. Permettetemi di riassumerla in un segno, che offre anche un’immagine biblica eloquente.
Scrivendo ai Corinzi, in un passo molto denso e ricco, Paolo dice: «Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,17-18).
C’è appunto riferimento a un’azione di trasformazione, a un passaggio, che avviene grazie all’azione dello Spirito del Signore, che «di gloria in gloria» rende i credenti sempre più conformi con il loro, il nostro modello, che è il Signore Gesù, morto e risorto: ma, dice Paolo, tutto questo avviene per noi «a viso scoperto», un viso che è il riflesso della gloria del Signore.
Da ormai molti mesi, invece, i nostri visi sono coperti! Questo forse è il simbolo che meglio esprime tante difficoltà e fatiche del nostro tempo; non solo la pandemia, naturalmente, ma è come se questa riassumesse in sé tutte le fatiche di quel «cambiamento d’epoca» di cui parla spesso papa Francesco. I nostri volti mascherati sembrano trattenere lo Spirito, impedirgli di soffiare liberamente, come se tutto questo tempo frenasse la sua azione di rinnovamento e di rinascita. Ma proprio in questa situazione ci è chiesto di credere sempre più fermamente all’azione dello Spirito e alla capacità che ha di trasformare i dolori in gioia, le fatiche e le sofferenze in vita nuova.

Dobbiamo per questo anche esercitarci a scrutare i segni dello Spirito: e tra questi segni, senza dubbio, riconosciamo anche la disponibilità di nostri fratelli e sorelle ad accogliere la chiamata del Signore e a mettere la propria vita a servizio del Signore e della Chiesa.
Questa sera siete anche voi, carissimi Davide e Fabio, ad assicurarci che lo Spirito è all’opera. Nel contesto della vostra vita matrimoniale e di famiglia, nel contesto delle comunità cristiane dentro le quali già vivete in spirito di servizio, avete accolto la chiamata del Signore a fare della vostra vita un dono anche attraverso la via del diaconato: questa via, che la Chiesa ha rilanciato più di mezzo secolo fa, e che anche nella nostra Diocesi, in tempi più recenti, è diventata realtà con l’ordinazione dei primi diaconi permanenti e il cammino che altri stanno portando avanti.
Siamo qui, questa sera, per accogliere con riconoscenza questa vostra disponibilità; e per assicurarvi che la nostra Chiesa di Crema, mentre vi chiede di continuare con fede, con impegno, con dedizione, quel cammino di preparazione che già avete avviato negli anni scorsi, a sua volta si impegna a sostenervi: con la preghiera, prima di tutto; ma poi anche con simpatia, con riconoscenza, con l’appoggio dei vostri formatori, con ogni altro strumento che possa esservi di aiuto e sostegno.
Nel dirvi il suo grazie, affidandovi alla benedizione di Dio, chiedendovi, come dicevo, di continuare il cammino di formazione che avete intrapreso, la nostra Chiesa prende un impegno nei vostri confronti, ma anche nei confronti dello Spirito: ed è l’impegno di assecondarlo, questo Spirito; di riconoscere i suoi doni; di fare spazio alla sua azione; di non avere paura se lo Spirito scompiglia la nostra tranquillità, per farci passare dalla stagnazione nella quale, a volte, rischiamo di arenarci, per camminare più risolutamente dietro al Signore e offrire a tutti la gioia e la bellezza del Vangelo.
Ben venga lo Spirito a scuoterci, perché anche per noi si compia sempre meglio il passaggio pasquale da morte a vita, e perché ciascuno di noi – singoli credenti, comunità, gruppi, associazioni, Chiesa diocesana – «a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore».