SOLENNITÀ DELLA MADRE DI DIO – GIORNATA DELLA PACE: IL PONTIFICALE DEL VESCOVO DANIELE

Il vescovo Daniele Gianotti ha celebrato, questa sera alle ore 18, in cattedrale, il pontificale della solennità della Madre di Dio nella 51a Giornata di preghiera per la Pace. Presenti le autorità civili (in rappresentanza del sindaco, il vice dott. Michele Gennuso), politiche (l’on. Cinzia Fontana) e militari, nonché le associazioni di volontariato e un notevole numero di fedeli che hanno gremito il duomo. Ha guidato la liturgia don Angelo Lameri e l’ha accompagnata il coro “F. Cavalli”, diretto dal maestro Alberto Dossena.
 
LA VERGINE E MADRE MARIA
Nell’omelia il vescovo Daniele ha parlato innanzitutto della Madonna: “Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio Gesù attraverso Maria, la ragazza di Nazaret, che oggi veneriamo con il titolo di Madre di Dio”. E Gesù è il più grande dono che possiamo ricevere: “Colui che per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e si fece uomo nel grembo di Maria è il Figlio stesso di Dio, e che proprio in lui Dio ci ha fatto il suo dono più grande e definitivo.”
Non solo un dono, ma anche un impegno: Dio “come duemila anni fa ha voluto fare questo attraverso la fede e la disponibilità di Maria, così oggi chiede ai credenti e alla Chiesa tutta di continuare a dare al mondo Gesù Cristo.” E ha ricordato l’episodio dello storpio che chiede a Pietro e a Giovanni l’elemosina, davanti alla porta del tempio di Gerusalemme. “Pietro gli risponde: Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!”
Il dono del Figlio da offrire a tutti non è non semplicemente un’idea, o una devozione – ha aggiunto il vescovo – “perché si tratta di donare Gesù Cristo come appunto hanno fatto Pietro e Giovanni, ossia offrendo concretamente speranza e fiducia, un futuro che si apre per chi non ne ha, una via di salvezza a chi ritiene che tutte le strade siano chiuse, un sostegno a chi ne è privo. Dare, offrire al mondo il Salvatore, è anche ciò che i cristiani possono e debbono fare di fronte alla ricerca di un mondo più giusto e pacifico.”
 
LA GIORNATA DELLA PACE
E a questo punto mons. Gianotti s’è collegato al tema della Giornata della Pace, rifacendosi al Messaggio di Papa Francesco: Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace. “Il desiderio di pace, ci ricorda quest’anno papa Francesco è gravemente messo in questione dalle condizioni di 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come ricordava già papa Benedetto XVI, sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace.” E ha ricordato “quanto sia importante per noi renderci conto che ciò che vediamo (o pensiamo di vedere) a partire da qui, dall’Europa e dall’Italia – e che spesso crea in noi disagi e vere e proprie opposizioni – è solo una minima parte dei drammi che coinvolgono tanti paesi e persone nel mondo.”
Papa Francesco ci sfida “a guardare a queste situazioni, e alle persone che bussano alle porte dei paesi dove sperano di vivere in pace, con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace”. E ha citato le quattro azioni – accogliere, proteggere, promuovere e integrare – con le quali il papa riassume “la risposta, certamente complessa, attraverso la quale le nazioni, e i credenti, possono far fronte a questa sfida, se davvero ci tengono a un mondo più giusto e fraterno.”
Al termine della celebrazione mons. Gianotti – come da tradizione – ha consegnato alle autorità presenti il testo del Messaggio del Papa, porgendo a ciascuno un caloroso augurio di Buon Anno. 
 
 

IL TESTO INTEGRALE DELL’OMELIA DEL VESCOVO
Per tutta la settimana che va dal Natale al 1° gennaio, la Chiesa nella sua liturgia continua a celebrare come un giorno solo, quello in cui «la Vergine Maria diede al mondo il Salvatore». Nel concepimento verginale e poi nel parto, Maria ha dato al mondo il Figlio di Dio: ma attraverso questo suo dono il credente, e anzi ogni uomo, è invitato a risalire alla radice ultima di questo dono, e cioè Dio stesso: perché è Dio che, «quando venne la pienezza del tempo» (cf. la seconda lettura), ci ha dato il suo Figlio, per offrire anche a noi la condizione di figli.
Ma, appunto, Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio Gesù attraverso Maria, la ragazza di Nazaret, che oggi veneriamo con il titolo di «Madre di Dio». Questo un titolo suscitò discussioni nella Chiesa antica, e potrebbe essere frainteso anche oggi: ma la fede cristiana lo ha utilizzato e lo utilizza per attirare l’attenzione su Gesù, e per ricordare che in quel bambino, e in quell’uomo, è proprio Dio che ci viene incontro, e non un uomo qualsiasi.
In questo titolo di «Madre di Dio» è dunque in gioco una questione decisiva per la fede; è in gioco ciò che ripetiamo nel Credo, quando affermiamo che Colui che «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e si fece uomo nel grembo di Maria» è il Figlio stesso di Dio, e che proprio in lui Dio ci ha fatto il suo dono più grande e definitivo.
Ma vorrei fermarmi ancora un momento su quell’espressione della liturgia: Maria «diede al mondo il Salvatore». In essa non risuona soltanto un’affermazione di fede e di riconoscenza per la disponibilità di Maria al progetto di Dio, ma anche l’indicazione di un compito. Ciò che Maria ha fatto in un modo unico e singolare, attraverso la sua maternità divina, è anche un compito, anzi il compito, l’impegno, che Dio ancora affida alla Chiesa e ai credenti oggi.
Ancora oggi Dio vuole «dare al mondo il Salvatore», che è il suo Figlio Gesù. E come duemila anni fa ha voluto fare questo attraverso la fede e la disponibilità di Maria, così oggi chiede ai credenti e alla Chiesa tutta di continuare a «dare al mondo» Gesù Cristo.
Di fronte a tutti i nostri desideri, di fronte alle nostre attese e ai nostri problemi, infatti, la risposta di Dio continua a essere questa: il suo Figlio Gesù Cristo. È come quando uno storpio chiede a Pietro e a Giovanni l’elemosina, davanti alla porta del tempio a Gerusalemme, e Pietro gli risponde: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!» (At 3, 6).
Così, all’inizio di un nuovo anno, che sempre suscita speranze e desideri, i cristiani sanno che tutto ciò che potranno chiedere a Dio si riassume nel nome di Gesù Cristo; e il dono del Figlio è anche ciò che possono offrire a tutti: certo non semplicemente come un’idea, e neppure soltanto come una devozione, perché si tratta di donare Gesù Cristo come appunto hanno fatto Pietro e Giovanni con lo storpio, ossia offrendo concretamente speranza e fiducia, un futuro che si apre per chi non ne ha, una via di salvezza a chi ritiene che tutte le strade siano chiuse, un sostegno a chi ne è privo, ecc.
«Dare, offrire al mondo il Salvatore» è anche ciò che i cristiani possono e debbono fare di fronte alla ricerca di un mondo più giusto e pacifico. Poco più di cinquant’anni fa, il beato papa Paolo VI ebbe l’intuizione di istituire in questo giorno una giornata di preghiera corale per il dono della pace.
Di questa pace abbiamo più che mai bisogno: ma abbiamo bisogno anche di guardare con serietà a tutte quelle situazioni che allontanano la pace; anche, e soprattutto, alle situazioni che ci disturbano, e che lasceremmo volentieri nell’ombra.
Il desiderio di pace, ci ricorda quest’anno papa Francesco nel suo Messaggio per la giornata odierna, è gravemente messo in questione dalle condizioni di «250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati». Questi ultimi, come ricordava già papa Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace».
Non possiamo qui entrare in tutti i passaggi del messaggio di papa Francesco: come sappiamo, egli torna frequentemente, e con insistenza, sui drammi che spingono tante persone, con scelte penose e duramente pagate, a lasciare la propria terra o la propria famiglia, per cercare altrove un luogo dove vivere in pace.
Mi preme sottolineare che papa Francesco non fa che riprendere preoccupazioni e attenzioni sulle quali più volte sono intervenuti anche i suoi predecessori; così come mi preme ricordare quanto sia importante per noi renderci conto che ciò che vediamo (o pensiamo di vedere) a partire da qui, dall’Europa e dall’Italia – e che spesso crea in noi disagi e vere e proprie opposizioni – è solo una minima part e dei drammi che coinvolgono tanti paesi e persone nel mondo.
Anche di fronte a tutto questo, ciò che possiamo e dobbiamo fare, come cristiani, è anzitutto «dare al mondo il Salvatore»: far incontrare ogni situazione con il cuore di Dio, che si è manifestato nel suo Figlio Gesù. Papa Francesco lo fa, sfidandoci a guardare a queste situazioni, e alle persone che bussano alle porte dei paesi dove sperano di vivere in pace, «con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace».
E riassume concretamente in quattro azioni – «accogliere, proteggere, promuovere e integrare» – la risposta, certamente complessa, attraverso la quale le nazioni, e i credenti, possono far fronte a questa sfida, se davvero ci tengono a un mondo più giusto e fraterno.
 Invito me e voi a leggere le parole del Papa e a riflettere sull’impegno che esse ci propongono. Non basterà probabilmente una generazione, per affrontare le sfide che abbiamo davanti: chiediamo dunque, all’inizio di questo nuovo anno, sapienza, prudenza, ma anche coraggio, forza e perseveranza, perché la pace non rimanga solo un desiderio del cuore, ma si traduca in scelte di vita – quelle scelte attraverso le quali noi credenti, oggi e sempre, siamo chiamati a «dare al mondo il Salvatore».

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