S. Francesco di Sales, patrono dei giornalisti

Il 24 gennaio 2022, in occasione della memoria di S. Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il vescovo Daniele ha presieduto la Messa in Cattedrale con i giornalisti e per chi opera nel mondo della comunicazione. Riportiamo l’omelia del vescovo.

 

Il passo, tutt’altro che semplice, del vangelo di Marco che riferisce della controversia tra Gesù e gli scribi sul fondamento degli esorcismi (cf. Mc 3,22-30) – passo difficile in particolare a proposito del riferimento alla bestemmia «imperdonabile» contro lo Spirito Santo (cf. vv. 29-30) – ci permette di collegare la nostra riflessione con il Messaggio di papa Francesco per la 56ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, messaggio reso pubblico proprio oggi, e che il papa ha voluto dedicare all’importanza dell’ascolto per un corretto processo di comunicazione e informazione.
Si può dire senz’altro, infatti, che la ragione principale per la quale gli scribi riconducono l’azione di Gesù a un potere di origine demoniaca («Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni»: v. 22) è proprio una mancanza di ascolto.
Ce lo fa capire meglio tutto il contesto di questo episodio. Fa parte di un insieme di scene nelle quali si contrappongono, da una parte le folle, che si stringono intorno a Gesù «sentendo quanto faceva» (cf. 3,8); certo anche sperando in un beneficio (gli ammalati in particolare), ma indubbiamente con il desiderio di ascoltare, come poi si vedrà chiaramente soprattutto all’inizio del capitolo successivo, che riporta il lungo discorso di Gesù alla folla in parabole.
Dall’altra parte ci sono quelli che giudicano Gesù, evitando la fatica di mettersi in ascolto. Ci sono i «suoi», cioè i suoi parenti, che vorrebbero andare a prenderlo, perché lo ritengono «fuori di sé», matto da legare (cf. v. 21); ci sono appunto gli scribi, che lo qualificano come indemoniato; ci, sono ancora – proprio subito dopo il nostro episodio – la madre e i fratelli, che lo cercano ma stando all’esterno della folla che si è radunata intorno a Gesù per ascoltarlo (cf. vv. 33-35).
A questa ricerca da parte dalla madre e dei fratelli, Gesù risponderà dicendo che «chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre»: ma la volontà di Dio si raggiunge precisamente anzitutto a partire dall’ascolto, che è un tratto fondamentale della relazione tra Dio e l’uomo, a partire proprio dall’ascolto che Dio stesso mette in atto, nei confronti dell’uomo.
Lo ricorda papa Francesco nel suo messaggio:

«L’ascolto… è quell’azione che permette a Dio di rivelarsi come Colui che, parlando, crea l’uomo a sua immagine, e ascoltando lo riconosce come proprio interlocutore. Dio ama l’uomo: per questo gli rivolge la Parola, per questo “tende l’orecchio” per ascoltarlo.
L’uomo, al contrario, tende a fuggire la relazione, a voltare le spalle e “chiudere le orecchie” per non dover ascoltare. Il rifiuto di ascoltare finisce spesso per diventare aggressività verso l’altro, come avvenne agli ascoltatori del diacono Stefano i quali, turandosi gli orecchi, si scagliarono tutti insieme contro di lui (cfr At 7,57)».

E proprio il rifiuto di ascoltare la voce dello Spirito conduce gli scribi a stravolgere il senso di ciò che Gesù compie, a distorcere un’azione di liberazione da un potere del male, facendola diventare addirittura un’azione complice di quello stesso potere del male.
In termini comunicativi, quanti esempi si potrebbero citare di simili distorsioni dell’informazione, di presentazioni di eventi che vengono completamente stravolti e fatti passare per il contrario di ciò che sono!
La disponibilità all’ascolto, ad ascoltare – come dice papa Francesco, con «l’orecchio del cuore» – è la prima garanzia di un modo serio e attento di comunicare e informare.
Evidentemente, non ogni ascoltare realizza effettivamente questo ascolto «con l’orecchio del cuore»: il papa accenna a quell’ascolto che si chiama l’origliare:

“Infatti, una tentazione sempre presente e che oggi, nel tempo del social web, sembra essersi acuita è quella di origliare e spiare, strumentalizzando gli altri per un nostro interesse. Al contrario, ciò che rende la comunicazione buona e pienamente umana è proprio l’ascolto di chi abbiamo di fronte, faccia a faccia, l’ascolto dell’altro a cui ci accostiamo con apertura leale, fiduciosa e onesta”.

Certo, succede ache anche nel trovarsi di fronte all’altro, «faccia a faccia», l’ascolto sia solo apparente; che il dialogo si trasformi in «duologo» (lo accenna sempre il papa nel suo Messaggio), cioè nella contrapposizione di due monologhi: «In realtà, in molti dialoghi noi non comunichiamo affatto. Stiamo semplicemente aspettando che l’altro finisca di parlare per imporre il nostro punto di vista». Credo che in questa frase si riassuma bene ciò a cui assistiamo molto spesso nei talk show televisivi…

In definitiva,

“L’ascoltare è… il primo indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione. Non si comunica se non si è prima ascoltato e non si fa buon giornalismo senza la capacità di ascoltare. Per offrire un’informazione solida, equilibrata e completa è necessario aver ascoltato a lungo. Per raccontare un evento o descrivere una realtà in un reportage è essenziale aver saputo ascoltare, disposti anche a cambiare idea, a modificare le proprie ipotesi di partenza.

Papa Francesco tira alcune conseguenze di questo principio, applicandolo anche alle contingenze attuali: ad es. all’informazione diventata «infodemia» nel contesto della pandemia; oppure al modo in cui il mancato ascolto delle storie e vicende di chi è costretto a emigrare distorce completamente il giudizio che si dà su questa realtà certamente complessa:

Ascoltiamo queste storie [quelle dei migranti]! Ognuno poi sarà libero di sostenere le politiche migratorie che riterrà più adeguate al proprio Paese. Ma avremo davanti agli occhi, in ogni caso, non dei numeri, non dei pericolosi invasori, ma volti e storie di persone concrete, sguardi, attese, sofferenze di uomini e donne da ascoltare.

Il papa ricorda infine che questo stile di ascolto è fondamentale anche nella vita della Chiesa, e trova proprio nel cammino sinodale, avviato qualche mese fa, un’occasione privilegiata di esercizio, nella quale l’ascolto reciproco, l’ascolto attento e partecipe del fratello, diventa la via migliore per ascoltare la voce di Dio.

In definitiva, non è facile dire in che cosa consista il «peccato contro lo Spirito Santo», di cui ci parla Gesù. Ma forse non ci sbagliamo di molto nel dire che questo peccato consiste nella chiusura ostinata, nel rifiuto dell’ascolto di ciò che lo Spirito in tanti modi dice al nostro cuore.
Consiste, forse, nel travisare sistematicamente la sua voce, nel distorcerla in tutti i modi, impedendo ai nostri cuori – e, Dio non voglia, agli altri – di ascoltare la voce di Dio, che nel suo Figlio annuncia al mondo la buona notizia della salvezza, della liberazione.
Ci guardi Dio da questo peccato, e apra il nostro cuore a un ascolto attento, disponibile e fraterno: certamente, come ci ricorda il papa, tutto il nostro impegno nel comunicare ne trarrà profondo giovamento.