OMELIA DEL VESCOVO DANIELE PER L’AMMISSIONE DI CRISTOFER VAILATI

Cattedrale di Crema, 19 aprile 2018

È affascinante la figura di questo Etiope, di cui ci ha parlato il testo degli Atti degli Apostoli nella prima lettura (cf. At 8, 26-40): che legge la Bibbia, non ci capisce niente, eppure continua a leggere; che incontra profezie misteriose, come quella che riguarda il «servo del Signore», e non ha una guida che lo aiuti a interpretarle correttamente, eppure continua a porsi delle domande…
È una figura bella: e proprio a partire da essa vorrei riprendere i tre verbi intorno ai quali papa Francesco ha sviluppato il suo Messaggio per la 55ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si celebra in tutta la Chiesa domenica prossima; verbi che toccano tutti noi ma che, naturalmente, proverò a declinare anche per te, carissimo Cristofer, perché questa Parola parli in particolare al tuo cuore, in questa celebrazione nella quale sei ammesso ufficialmente tra i candidati all’Ordine sacro.

1. Ascoltare, discernere, vivere la chiamata del Signore: questo è il titolo del Messaggio di papa Francesco per la prossima Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, un Messaggio che ci fa guardare anche al cammino che tutta la Chiesa sta vivendo verso il Sinodo dei vescovi del prossimo ottobre, che «sarà dedicato ai giovani, in particolare al rapporto tra giovani, fede e vocazione». Il papa ricorda che «la chiamata del Signore… non ha l’evidenza di una delle tante cose che possiamo sentire, vedere o toccare nella nostra esperienza quotidiana. Dio viene in modo silenzioso e discreto, senza imporsi alla nostra libertà. Così può capitare che la sua voce rimanga soffocata dalle molte preoccupazioni e sollecitazioni che occupano la nostra mente e il nostro cuore». Oppure, come accade all’Etiope della prima lettura, questa chiamata arriva senza che riusciamo a percepirla subito, anche quando partecipiamo alla vita della Chiesa, ascoltiamo le letture bibliche durante la Messa o magari leggiamo la Bibbia per conto nostro… Mi sembra bello che questo Etiope continui però a leggere, senza scoraggiarsi: continui, cioè, a essere aperto a ciò che presto o tardi – egli sembra intuirlo, proprio in questa sua perseveranza – Dio finirà per dirgli.
Vorrei invitare me e voi, e anche te, caro Cristofer, a questo atteggiamento di ostinata perseveranza nell’aspettare ciò che Dio ci dirà, senza arrenderci alle prime difficoltà, senza scoraggiarci se la preghiera, la lettura del Vangelo, la partecipazione alla Messa e altri aspetti della vita cristiana possono sembrarci aridi, inconcludenti, inutili… Non è tempo buttato via, quello che rimane aperto a Dio che parla, nei tanti e diversi modi in cui lo fa.

Perseverando in questo modo, l’Etiope è stato aiutato dall’incontro con Filippo a fare il secondo passo, quello del discernimento. Questa parola la stiamo ripetendo spesso, in questi ultimi tempi. Saltando forse qualche passaggio, provo a spiegarla partendo dall’ultima domanda che l’Etiope fa (è davvero interessante il fatto che questo personaggio parli solo attraverso delle domande): «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?» (At 8, 36).
Mi colpisce questo
‘io’, perché è la parolina attraverso la quale l’Etiope mette in gioco se stesso: e questo, precisamente, è il discernimento, o meglio il suo punto di arrivo; è quel punto nel quale non mi chiedo più in generale che cosa significa un testo della Bibbia, o questa o quella vicenda o questo o quell’incontro, ma mi chiedo: che cosa sta dicendo a me, il Signore, in questo momento, attraverso questo testo, questa vicenda, questo incontro?
Meglio ancora, è il momento nel quale diciamo: che cosa
mi stai dicendo, Signore, attraverso tutto questo? È il momento nel quale esco un po’ dalle cose generiche e davanti a Dio mi lascio mettere in questione, io, proprio io. Certo, mi lascerò aiutare: è anzi importante lasciarsi aiutare, confrontarsi con qualcuno che mi guidi e mi aiuti nel discernimento (e proprio l’episodio di Filippo e dell’Etiope ce lo dice), ma presto o tardi – e forse è meglio non aspettare che sia troppotardi…– devo arrivare a questo punto, a questa domanda: che cosa mi stai chiedendo, o Signore? Dove guidi i miei passi, perché io trovi in te gioia piena e la risposta ai desideri più profondi del mio cuore?

Forse, ho detto, è meglio non aspettare che sia troppo tardi, per arrivare a farsi queste domande. È vero, la chiamata di Dio arriva in tutte le stagioni: tra gli operai della vigna ci sono quelli della prima ora e quelli delle cinque del pomeriggio, e a tutti il Vignaiolo promette la ricompensa di una vita buona e piena (cf. Mt 20, 1-15).
Guardando però all’Etiope della prima lettura, colpisce il fatto che non stia tanto ad aspettare: qui c’è dell’acqua, perché non posso essere battezzato? L’acqua di una vita zampillante di gioia, Dio l’ha già preparata per noi: sarebbe un vero peccato passarci accanto e lasciar cadere così il tempo favorevole, l’occasione che Egli ci offre. Come dice ancora papa Francesco nel suo Messaggio: «Il Signore continua oggi a chiamare a seguirlo. Non dobbiamo aspettare di essere perfetti per rispondere il nostro generoso “eccomi”, né spaventarci dei nostri limiti e dei nostri peccati, ma accogliere con cuore aperto la voce del Signore».

E questo, caro Cristofer, è quello che tu hai incominciato a fare e, questa sera, ti impegni a continuare a fare, perché Dio porti a compimento l’opera che ha incominciato in te. Come l’Etiope, continua anche tu la tua strada, pieno di gioia: o meglio, continua a percorrere con gioia la strada che il Signore ti apre davanti.
In questi primi anni ti sei già accorto che non si tratta sempre di una strada agevole; e forse ti capiterà ancora di farti delle domande alle quali, in un primo tempo, non riuscirai a trovare risposta. Il tuo percorso verso il ministero presbiterale potrà sembrarti, in qualche momento, come il rotolo del libro di Isaia, che l’Etiope legge senza capirlo (e del resto anche sant’Agostino, quando sant’Ambrogio gli disse di leggere il profeta Isaia per prepararsi al battesimo, non ci capì niente… e questo ci dà qualche consolazione!).
Ma potrai fare anche tu, e anzi hai già fatto, l’esperienza di incontrare gli aiuti che Dio manda sulla tua strada: i tuoi formatori, i tuoi compagni, le persone che incontri nell’esperienza pastorale o in altre occasioni… anche il tuo Vescovo, spero, e tutta la tua e nostra Chiesa di Crema: che è qui, questa sera, proprio per dirti che sul carro della tua chiamata non sei da solo con le tue domande e le tue eventuali incertezze e fatiche, ma trovi la compagnia della comunità dei credenti, trovi la nostra preghiera, il nostro incoraggiamento, la nostra disponibilità a sostenerti e accompagnarti.
In noi, e cioè nella Chiesa, pur con tutti i nostri limiti, trovi il Signore Gesù, perché è lui, soprattutto, ad accompagnare il tuo cammino come «pane vivo, disceso dal cielo», come sorgente di vita che non muore. Con te affidiamo a Lui, e in Lui al Padre, nell’unico Spirito, il cammino che ti attende, perché tu lo possa percorrere, «pieno di gioia, proseguendo la tua strada» (cf. At 8, 39).