OMELIA DEL VESCOVO DANIELE PER LA VEGLIA PASQUALE – 2018

Cattedrale di Crema, 31 marzo 2018

Tra le molte domande che il racconto pasquale di Marco solleva, c’è anche quella che riguarda il «giovane» – un adolescente, secondo la parola greca – che annuncia alle donne il vangelo della Pasqua: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto.”» (Mc 16, 6-7).

Chi è questo giovane? Negli altri vangeli diventeranno due uomini (Luca), un angelo (Matteo), due angeli (Giovanni)… Marco parla di un giovane, seduto, vestito di una veste bianca: e viene in mente che aveva parlato un’altra volta di un giovane, nel racconto dell’arresto di Gesù; lo aveva presentato in una situazione in qualche modo rovesciata, perché avvolto in un lenzuolo stava seguendo Gesù, e nel corso dell’arresto avevano cercato di catturare anche lui, che però era fuggito via nudo, come avevano fatto gli altri discepoli (cf. Mc 14, 50-52). Colpisce questo passaggio: dalla fuga alla sicurezza con la quale, seduto, annuncia alle donne il messaggio pasquale; dalla nudità alla veste bianca…

Quest’ultimo passaggio, i cristiani delle prime generazioni lo avevano vissuto proprio nella notte pasquale, nel corso di questa santissima Veglia che, ogni anno, riporta i credenti nel cuore del mistero della salvezza, e ricorda la prima grande Pasqua di ciascuno di noi: quella nella quale, come abbiamo sentito dalle parole di Paolo, «per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Cristo nella morte affinché, come egli fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (cf. Rm 6, 4).

I cristiani delle prime generazioni erano stati spogliati dei vestiti, come Cristo prima di essere crocifisso; in questa nudità, segno di povertà radicale, privi di ogni difesa e di ogni compiacimento, erano scesi nell’acqua battesimale come in un sepolcro, per partecipare così della morte redentrice. Riemersi dall’acqua, risalendo con Cristo dalla tomba, erano stati poi rivestiti di una veste bianca, unti con l’olio profumato e così, rinati «dall’acqua e dallo Spirito» (cf. Gv 3, 5) a nuova vita, avevano partecipato per la prima volta al banchetto dell’Eucaristia.

Per tutti noi, probabilmente, l’ingresso nella Pasqua del Signore si è svolto in modo leggermente diverso, ma il senso fondamentale delle cose non cambia: e il giovane vestito di bianco, messaggero della Pasqua, è figura di ciascuno di noi, della giovinezza della fede, della nuova nascita che è incominciata con la Pasqua di Gesù morto e risorto: quella Pasqua che ricordiamo come l’evento di salvezza che ha segnato la storia, duemila anni or sono, ma anche la Pasqua che si rinnova attraverso i segni sacramentali, in particolare il Battesimo che ci ha inseriti in Cristo, e l’Eucaristia che continua a sostenerci con il suo dono di amore, perché possiamo essere sempre più configurati a Cristo.

Come questo giovane, anche noi, in Adamo, eravamo fuggiti via da Dio; anche noi avevamo sperimentato la nostra nudità come cosa vergognosa (cf. Gen 3, 7; Ap 3, 18), perché in realtà metteva a nudo la nostra fragilità, i nostri patetici tentativi di salvarci da soli, di affermare noi stessi gli uni contro gli altri, anziché accogliere dalla benevolenza di Dio, credendo alla sua Parola, la promessa di una vita buona e piena.

Ma in tutta la storia della salvezza – che abbiamo meditato attraverso le letture della Veglia – Dio continuamente ci è venuto a cercare, fino a condividere, nel suo Figlio divenuto uomo e fatto obbediente fino alla morte di croce, la nostra nudità, la nostra miseria, la nostra morte: è sceso fino alle nostre tombe, per farne il luogo da dove la vita ancora può germogliare; si è lasciato anche lui spogliare di tutto, perché anche noi, battezzati, cioè immersi nella morte di Cristo, potessimo rivestirci di lui (cf. Gal 3, 27).

Così Dio ha rivestito anche noi del vestito più bello, donato al figlio prodigo (cf. Lc 15, 22); ha dato anche a noi, a partire dal Battesimo, l’abito nuziale (cf. Mt 22, 11); ha reso anche noi splendenti come il suo Figlio trasfigurato sul monte (cf. Mc 9, 3). E se siamo qui, in questa santa notte, è per ricordare e rivivere tutto questo, per ritrovare la novità battesimale, per ricuperare la giovinezza che Dio dona a quanti seguono il Cristo morto e risorto. Siamo qui, perché vorremmo provare a essere, come questo ragazzo di cui parla il Vangelo, donne e uomini della Pasqua.

Pensate che cosa significherebbe, per chi tante volte sente la propria vita oppressa come sotto il peso del macigno che ostruisce l’ingresso del sepolcro, scoprire che questo macigno è stato tolto; scoprirlo, perché incontra un cristiano, una cristiana, un discepolo di Gesù, che con la vita – e se necessario con la parola – annuncia e testimonia la risurrezione. Pensate che cosa vorrebbe dire trovare, nei luoghi oscuri della vita e della storia – oscuri perché ancora segnati dal male, dalle tribolazioni, dalle ingiustizie, dalle violenze, da inganni ed egoismi… – uomini e donne che, partecipi della giovinezza che viene da Cristo, portano luce, annunciano pace, aiutano a non avere paura, rendono possibili cammini di speranza… E chi dovrebbe farlo, se non lo facciamo noi cristiani, noi che viviamo della novità che scaturisce da Cristo morto e risorto?

Siamo partiti dalla domanda: chi è questo giovane, vestito di bianco, portatore del vangelo della risurrezione? Ebbene, lo ripeto, siamo noi, ciascuno di noi, singoli credenti e Chiesa di Dio, chiamati a essere testimoni della gioia del Vangelo e dunque evangelisti – cioè messaggeri – di Gesù risorto.

Rinnovando, tra poco, la professione di fede battesimale, riconosciamo in questo giovane noi stessi, passati da morte a vita nelle acque del Battesimo e nutriti del Corpo di Cristo alla mensa della sua Eucaristia. E chiediamo, in questa santa notte, la grazia di «rinnovarci nello spirito della nostra mente» e di continuare a «rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (cf. Ef 4, 23 s.), quell’uomo nuovo che è lo stesso Signore nostro Gesù Cristo, il Crocifisso/Risorto, vivente per sempre.