Omelia del vescovo Daniele per il pellegrinaggio a S. Maria della Croce

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Basilica di S. Maria della Croce, 3 maggio 2018

Letture bibliche: Rm 12,9-16; Salmo 130/131; Mt 12,46-50

C’è poco da dire: le parole di Gesù sono spesso sconcertanti. Ci farebbe piacere ascoltare da lui una parola incoraggiante sulle nostre famiglie, in un tempo nel quale la realtà della famiglia incontra tante difficoltà e sembra così poco apprezzata; ci farebbe piacere sapere che anche la famiglia e la parentela di Gesù erano in prima fila con lui, facevano parte di quelli che seguivano e lodavano il rabbi di Nazaret per tutto il bene che faceva…
E invece abbiamo l’impressione di una distanza, di qualcosa che non funziona: la madre e i discepoli di Gesù sono «fuori», non sono in prima fila, non sono tra i vicini: e a chi lo informa del loro desiderio di parlargli – nel vangelo di Marco sembra addirittura che i parenti di Gesù cerchino di venire a prenderlo perché viene giudicato «fuori di testa» (cf. Mc 3, 21.31-35)! – Gesù dà una risposta che sembra prendere le distanze: ormai per lui c’è un’altra famiglia, costituita in base a criteri diversi da quelli naturali, ed è la famiglia dei discepoli, di quelli che, come lui, cercano sopra tutto la volontà del Padre.
Probabilmente anche gli ascoltatori di Gesù sono rimasti meravigliati per queste sue parole. Nel mondo di Gesù, infatti, la famiglia era una realtà molto importante, più che nel nostro mondo, dal punto di vista sia sociale che religioso. Come mai, allora, questo atteggiamento?

La risposta la troviamo in quel che segue subito, nel vangelo di Matteo: ed è il grande «discorso in parabole» (cf. Mt 13), il discorso nel quale Gesù annuncia il «mistero del Regno», quel «Regno dei cieli» (cioè «Regno di Dio») al quale egli ha consacrato tutta la propria vita e tutte le proprie forze. In questo discorso, Gesù parla del Regno di Dio usando, tra le altre, le immagini del tesoro nel campo e della perla preziosa (cf. 13,44-46): una realtà infinitamente ricca, per la quale vale la pena di spendere tutto, di vendere tutto, per comprarla.
Il Regno di Dio, insomma, per Gesù vale più di tutto. Anche più della famiglia? Certamente anche più della famiglia: come vale più del cibo, del vestito, di tutte le cose che l’uomo ritiene belle e necessarie e indispensabili. Per questo, già nel discorso della montagna, aveva detto: «Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (cf. 6, 33).
Il Regno di Dio vale più di tutto, anche più della famiglia, perché dentro alla ricchezza inestimabile del Regno è possibile ritrovare anche la preziosità, la bellezza, il valore straordinario e autentico della famiglia.
Il Regno di Dio significa infatti il dispiegarsi pieno dell’amore e della misericordia del Padre; significa il suo desiderio di salvezza per tutti, anche e soprattutto per i «piccoli» e i «perduti»; significa la capacità del perdono e la cura amorevole per chi è più nel bisogno; significa la speranza per chi ha fallito e la gioia per chi vive nel bene, significa la bellezza dell’amore fedele e la pazienza tenace nei confronti di chi zoppica e cade e cerca di rialzarsi; significa, insomma, che Dio non è sordo ai desideri e ai progetti dell’uomo e li porta al vero compimento; significa che Egli vede l’amore autentico e se ne compiace e addirittura ne fa il sacramento del suo stesso amore per l’umanità; e ancora significa che c’è speranza per gli ultimi, possibilità di conversione per i peccatori, misericordia sempre da capo offerta all’uomo…
La volontà di Dio, alla quale Gesù rimanda la «sua» famiglia, è appunto che il suo Regno venga e sia accolto, e che proprio questo rinnovi e porti a verità e pienezza tutto ciò che di buono c’è nell’uomo e nel mondo: e tra questo, senza dubbio, anche la famiglia.

Cercando la volontà del Padre, cercando sopra ogni cosa il suo Regno e la sua giustizia, Gesù dunque non volta le spalle alla famiglia, tutt’altro: le indica, invece, la possibilità di una vera realizzazione, e anche la possibilità di una redenzione e di una salvezza per i limiti e i peccati che la possono contrassegnare.
Perché, in definitiva, la buona notizia è che anche la famiglia può e deve essere il luogo dove si cerca la volontà di Dio, dove si lascia venire il suo Regno. In altre parole, la famiglia può e deve essere il luogo dove si realizza quella santità, il cui primato ci è stato ricordato da papa Francesco con la sua esortazione
Gaudete et exsultate, che ha guidato anche la nostra preghiera questa sera.
Le parole di Gesù sono così anche una sfida, o piuttosto un invito: ad avere il coraggio di entrare sempre più, nella nostra vita di famiglia (e più in generale nella nostra vita di uomini e donne) dentro la «logica» del Vangelo, la logica del Regno di Dio. È un invito che può anche metterci in difficoltà, perché non c’è dubbio che nell’orizzonte di questa logica si staglia anche la Croce: ma non come luogo del dolore per il dolore, ma come realtà nella quale la promessa del Regno di compie; perché è promessa di vita, e non di morte, di perdono e non di rassegnazione al peccato, di fecondità di un amore che si dona senza temere i rischi e le perdite.
Maria, che sotto la Croce ha «ritrovato» la sua maternità a nostro favore, ci aiuti e aiuti tutte le nostre famiglie a percorrere la via gioiosa della santità, nell’adesione piena alla volontà di amore e di vita del Padre, che risplende per noi sul volto di Cristo.