OMELIA DEL VESCOVO DANIELE PER IL GIORNO DI PASQUA 2018

Cattedrale di Crema, 1 aprile 2018

«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Le parole di Maria Maddalena, dopo la scoperta che la tomba di Gesù era aperta, esprimono una preoccupazione, una paura, che è ancora più forte di quella sperimentata con la morte di Gesù. Perché la presenza di un sepolcro, e sapere che esso racchiude il corpo di una persona amata, è in qualche modo rassicurante: c’è il dolore del lutto, ma c’è un segno che ancora ci lega alla persona scomparsa. Se invece la tomba è profanata, se il corpo del Signore è stato portato via, come Maria sospetta senza darsi neppure la pena di verificare, allora non ci resta davvero nulla. E mi chiedo se le parole di Maria di Magdala non diano voce al timore forse più grande, per un credente che si guarda attorno nel mondo di oggi: e cioè, precisamente, il timore che il Signore, con tutto ciò che la sua persona implica per chi si è affidato a lui, sia stato portato via, sia stato cancellato da questo mondo, in un modo forse più sottile, ma non meno devastante, rispetto a chi duemila anni fa lo ha condotto sulla croce.
La fede pasquale è insidiata da questo timore, che è quello della dimenticanza, della rimozione; il timore che Gesù sia stato ormai irrimediabilmente messo da parte, che non si sappia più dove trovarlo, in un mondo i cui criteri di orientamento ci appaiono lontanissimi dal Vangelo che egli ha annunciato e dalla proposta di vita che egli ha incarnato fino all’estremo del dono di sé sulla croce; il timore, come recita un celebre testo del filosofo Nietzsche, che persino le chiese non siano ormai altro che «le fosse e i sepolcri di Dio» (Cf. F. Nietzsche, La gaia scienza, 125). È bene che ci misuriamo anche con questa vertigine, nel giorno più importante della fede e della vita dei cristiani, per ricordare che cosa è in gioco, nella fede pasquale che oggi professiamo. Ed è bene anche che non ci fermiamo alla prima impressione superficiale, quale sembra essere il gesto di Maria di Magdala – che poi arriverà in altro modo alla fede pasquale, della quale sarà anzi la prima testimone, con quel bel titolo di «apostola degli apostoli», che la tradizione le ha riconosciuto.

È bene che seguiamo il cammino, anzi la corsa, dei due discepoli, che vanno alla tomba e guardano anche all’interno; e con loro, dunque, incominciamo ad approfondire la fede pasquale, che viene proclamata in questo giorno santo.
Perché, certo, è anzitutto la fede che respinge l’idea – la paura, anzi – che il Signore sia stato portato via da questo mondo, che non ci sia più posto per lui. E la fede respinge questa paura aiutata dai segni (la tomba di Gesù è vuota, ma in ordine; non sembrano esserci tracce di un saccheggio, di una violazione brutale…) ma, soprattutto, aiutata dal ricordo delle Scritture, che avevano preannunciato che «egli doveva risorgere dai morti» (Gv 20, 9).
Comprendere le Scritture ispirate da Dio significa comprendere, nella fede, il progetto di Dio, e riuscire a leggere in questo orizzonte tutta la vicenda di Gesù: vicenda segnata dalla morte, ma orientata alla vita in pienezza; vicenda che si misura fino in fondo con il peccato, con il no dell’uomo a Dio, ma si volge al perdono e alla riconciliazione; vicenda che appare come la sconfitta di Gesù, ed è invece la sua vittoria; vicenda che ha cercato appunto di estrometterlo, di buttarlo fuori dal mondo – come la pietra scartata dai costruttori, secondo le parole del salmo – ma che invece lo fa scoprire, proprio grazie alla fede pasquale, come la pietra d’angolo, scelta e preziosa per Dio.
Meditando le Scritture, ritornando nella preghiera e nella contemplazione, con la luce dello Spirito, a tutta la vicenda di Gesù letta nell’orizzonte del disegno di Dio (quel disegno che abbiamo meditato nel corso della Veglia pasquale), i cristiani si rinnovano così nella fede pasquale che oggi celebriamo: «Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto», come abbiamo cantato poco fa nella Sequenza della Pasqua.

Ne siamo certi, anche perché Dio ci dà delle tracce, dei segni concreti della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Ce li dà continuando a suscitare uomini e donne della Pasqua, uomini e donne che si sono messi sulla via di Cristo e con i fatti, con le scelte della loro vita, mostrano la forza della risurrezione anche nel mondo di oggi.
Mi ha colpito leggere, proprio su un giornale stamattina, un richiamo al gesto di quel poliziotto francese, di origine italiana – Arnaud Beltrame –, che qualche giorno fa, nel corso di un attentato, ha offerto la sua vita in cambio di quella di una donna presa in ostaggio da un terrorista. E mi ha colpito leggere la rivendicazione, chiamiamola così, dell’ispirazione cristiana di questo gesto, che ne ha fatto la moglie: «È stato il gesto di un poliziotto, e di un cristiano. Dettato dall’amore di patria e dall’amore per il prossimo. Due ispirazioni impossibili da separare» (cf. A. Cazzullo, «Quel gesto racconta anche noi»: Corriere della sera, 1.4.2018, p. 1).
Non tutti i comportamenti degli uomini e delle donne della Pasqua, che lasciano trasparire in sé la novità della risurrezione, finiscono sulla prima pagina dei giornali: ma non importa, l’importante è, invece, sapere che questi comportamenti ci sono, più numerosi di quanto non pensiamo; e sapere che essi lasciano intravedere la gloria del Risorto, presente nel nostro mondo; e ancora sapere che, attraverso di essi, lo Spirito di Cristo trasfigura il nostro mondo e lo porta progressivamente verso il compimento della Pasqua eterna.
La questione ultima è poi, in definitiva, se anche noi vogliamo diventare ciò che, a partire dal nostro Battesimo, già siamo in Cristo, e cioè appunto uomini e donne della Pasqua. È più facile fermarsi alla prima reazione di Maria di Magdala, lamentarsi perché abbiamo l’impressione che il Signore sia stato irrimediabilmente portato via dal nostro mondo; ma la sfida è di avventurarsi verso l’incontro con il Risorto nella fede, e di lasciarsi trasformare dallo Spirito, perché faccia anche di noi quegli uomini e quelle donne che rendono visibile la Pasqua del Signore.
Così l’augurio pasquale che ci scambiamo non resterà un semplice gesto di cortesia, ma sarà espressione di una fede autentica e della nostra disponibilità a diventare testimoni del Cristo risorto in mezzo al mondo.