Funerali di don Elio Ferri – Omelia

condividi su:

Trescore Cr., 6 dicembre 2018

All’inizio del suo testamento spirituale, don Elio ha citato il primo versetto del Salmo col quale abbiamo pregato dopo la prima lettura. È il salmo pasquale per eccellenza, che inizia e finisce proprio con le parole «Celebrate il Signore perché è buono, perché eterna e la sua misericordia» – e chiede, e insieme proclama, la salvezza e la vittoria di Dio: «Ti preghiamo, Signore: dona la salvezza! Ti preghiamo, Signore: dona la vittoria!» (Sal 118/117, 25). Questa preghiera, e questa certezza, sono la nostra preghiera e la nostra certezza per don Elio: ti preghiamo, Signore: dona a questo tuo servo, il nostro fratello Elio, tuo ministro nella Chiesa, la salvezza nella quale egli ha creduto, e che ha proclamato con la sua vita e con il suo ministero. Come lui stesso ti ha chiesto, nella tua grande bontà cancella ogni suo peccato, e rendilo partecipe della tua vittoria pasquale sul peccato e sulla morte.

Mi è stato detto che fra i tre segni che i preti ordinati il 25 giugno 1977 dal vescovo Manziana avevano scelto (in occasione della loro ordinazione diaconale) – la Parola, la luce e la croce – don Elio aveva scelto per sé la croce. Dio, evidentemente, ha preso sul serio questa scelta, e ha chiesto a don Elio di abbracciare la croce di Cristo non soltanto nel dono generoso di sé al servizio dei fratelli nella Chiesa, che è chiesto ad ogni prete, e neppure solo nelle tante croci quotidiane, con le quali anche lui ha dovuto fare i conti vivendo il suo ministero, ma anche nella malattia che ha colpito il suo corpo e che in un tempo così breve l’ha stroncato e condotto alla morte.
Con il Salmo 118 abbiamo pregato così: «Apritemi le porte della giustizia: vi entrerò per ringraziare il Signore» (v. 19). Per ogni prete (ma anche per ogni credente) queste parole danno voce al desiderio di entrare nella vita piena, e di sperimentare la benedizione di Dio.
Don Elio si è sentito rispondere: «È questa la porta del Signore: per essa entrano i giusti» (v. 20). Questa porta è quella per la quale è passato Cristo: è la porta stretta della fede, della pazienza a tutta prova, della speranza che non viene meno, della carità che si esprime in un concreto voler bene alle persone e alle comunità, del perseverare nella fedeltà anche quando la malattia ti travolge e scopri che Dio ti chiama all’ultima Pasqua, all’ultimo passaggio, molto prima di quanto non ti saresti aspettato.

È la porta stretta della vita e della felicità, quella felicità che don Elio ci augura nel testamento spirituale: «Che siate felici nell’oggi e nell’eternità. Oh, come vorrei che tutte le persone che mi vogliono bene siano felici!». Raccogliamo con riconoscenza questo augurio: ma lo raccogliamo consapevoli che don Elio, da questo altare, ci ripeterebbe anche, senza tanti complimenti, in un modo anche un po’ ruvido e schietto, ciò che Gesù dice nel Vangelo: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7, 21).
Don Elio ci lascia l’augurio di una felicità non a buon mercato, ma scoperta nell’incontro lieto e generoso con la volontà del Padre, che Gesù Cristo ci rivela. È un augurio che pensiamo indirizzato in modo speciale agli adolescenti e ai giovani: a loro don Elio ha voluto particolarmente bene, soffrendo, anche, quando gli sembrava di non trovare risposta; e tanti di loro, come sappiamo, ha aiutato a cercare la felicità scoprendo e seguendo la chiamata di Dio per la loro vita; e di questo gli siamo particolarmente debitori.

Il Signore ha chiesto a don Elio di abbracciare la croce anche attraverso la malattia. In questo modo, però, gli ha fatto anche un dono che, mi è stato detto, egli desiderava molto: il dono di morire da parroco, di morire spendendosi per la sua comunità. Vorrei che questa parrocchia di Trescore portasse profondamente nel cuore questo desiderio di don Elio, e lo raccogliesse come seme capace di portare frutti di unità, di reciproca accoglienza, di generosità nella vita della fede, nell’educazione cristiana delle nuove generazioni, nella testimonianza piena alla gioia e alla bellezza del Vangelo in questo paese.
Anche per questo motivo, sicuro di interpretare anche i sentimenti della parrocchia, vorrei ringraziare in modo speciale i famigliari di don Elio, soprattutto i fratelli e la sorella che, con disponibilità e senso di Chiesa, hanno acconsentito a che l’ultimo saluto della Chiesa cremasca a don Elio, il loro fratello più giovane, avvenisse in questa parrocchia, prima di partire per l’amata parrocchia natale di Credera, dove il suo corpo riposerà in attesa della risurrezione.

I suoi genitori e i suoi cari, i vescovi e i confratelli defunti, i tanti parrocchiani che ha accompagnato all’incontro con Dio, e soprattutto i piccoli e i poveri, ai quali ha voluto particolarmente bene, siano ora i suoi compagni nell’incontro con il Padre, perché arrivando alla porta del Paradiso don Elio sia accolto con le parole del Salmo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore»; e lui, a sua volta, ci benedica dalla casa del Signore (cf. v. 26), ormai raggiunta per sempre.