Mercoledì delle Ceneri 2023

Il vescovo Daniele ha presieduto nella Cattedrale di Crema, mercoledì 22 febbraio 2023, il rito dell’imposizione delle Ceneri, per l’inizio del tempo di Quaresima. Riportiamo di seguito la sua omelia.

In questo primo giorno di Quaresima, ho voluto indirizzare alla diocesi una breve lettera di invito a entrare con gioia e con impegno in questo tempo, tempo che la liturgia – prendendo a prestito, nella seconda lettura, le parole di Paolo ai Corinzi – qualifica come «momento favorevole, giorno della salvezza» (cf. 2Cor 6,2),
Ho preso spunto, per questa lettera, dalle prime parole dell’appello che il profeta Gioele trasmette al popolo di Israele a nome di Dio: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male» (Gl 2,12-13).
«Ritornare a Dio» è l’espressione biblica forse più ricorrente per indicare il significato della conversione: che vuol dire proprio cambiare strada, cambiare direzione, e riprendere la via che ci riporta alla relazione piena con Dio: perché il peccato è anzitutto allontanamento da Lui, è dimenticanza della sua amicizia, è il fallimento di una relazione…
Pensando al cambiamento radicale, che implica il “tornare a Dio”, ci vengono subito in mente, forse, comportamenti platealmente negativi, come le ingiustizie, le perversità morali, lo sfruttamento delle persone, le violenze, le guerre, la ricerca ossessiva del proprio tornaconto a scapito degli altri, le menzogne di ogni genere e specie, per non dire delle omissioni, specialmente quelle che riguardano la giustizia, la carità, omissioni che i profeti non si stancano di denunciare…
È chiaro che si deve guardare a tutte queste forme di peccato, che sicuramente non mancano, nel nostro mondo. Ma c’è il rischio di guardare a tutto questo con l’atteggiamento che, nella parabola detta “del figlio prodigo” (cf. Lc 15,11-32), il figlio maggiore assume nei confronti del fratello più piccolo, quello che ha dilapidato i beni del padre vivendo da dissoluto, quello che certamente è un peccatore.
Lui, sì, aveva bisogno di tornare dal padre; e lo ha anche fatto, sebbene con motivazioni non del tutto convincenti – ma il padre, nella gioia di ritrovare il figlio perduto, non aveva guardato tanto per il sottile, non era stato lì a soppesare le motivazioni…
Perché il problema, bisogna dirlo, è l’altro fratello, il maggiore, il più bravo, quello che probabilmente non sentiva nessun bisogno di “tornare al padre”, perché lui in casa c’era sempre rimasto, non se n’era mai andato…
È vero, non se n’era mai andato: ma in quella casa ci viveva come un servo, non riusciva a sentirsi figlio e fratello, non riusciva a sintonizzarsi veramente con il cuore del padre. Viveva in casa, ma era “perduto” anche lui; viveva in casa, ma aveva bisogno anche lui di ritornare al padre.
Per questo, l’invito a tornare a Dio, che risuona in questa liturgia delle ceneri, prima di pensare a chissà quali peccatori, lo sentiamo rivolto prima di tutto a noi: perché, se non siamo noi a mostrare, per grazia dello Spirito, la gioia e la bellezza della conversione, del rivolgere tutto noi stessi a Dio, come potranno altri ricevere questo appello e sentirsi attirati all’amore del Padre?

Il Signore Gesù, nel vangelo, con parole che sono tratte dal “discorso della montagna”, indica tre vie tradizionali, ma sempre determinanti, per vivere il nostro ritorno a Dio nel tempo di Quaresima: l’elemosina, la preghiera, il digiuno.
Sono i gesti che ci aiutano a incontrare il volto di Dio cercando di sgonfiare, con il digiuno, l’ipertrofia del nostro “io”, che pretende di stare al centro di tutto e di occupare tutto lo spazio; ci invitano, con la preghiera fiduciosa e incessante, a rivolgerci al Padre con l’umile fiducia dei figli; ci chiedono, con l’elemosina, di riconoscere il volto di Dio in quello dei fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi.
Ora, tutto questo, secondo il Signore, dev’essere fatto “nel segreto”: perché non si tratta di esibire nulla davanti agli altri, non si tratta di ostentare chissà quale devozione, o ascesi, o carità: solo il Padre, che vede nel segreto, saprà riconoscere e apprezzare la qualità del nostro ritorno a lui.
C’è, però, una cosa che dev’essere percepita. Elemosina e preghiera rimangono completamente nascoste agli occhi del mondo. Solo il digiuno si manifesta: ma si manifesta, per così dire, nel suo contrario: tu, «quando digiuni, profùmati la testa e làvati il volto…» (Mt 6,17): non si deve percepire che tu digiuni, non si deve percepire l’impegno che stai mettendo, mentre ascolti l’invito di Dio a tornare a Lui, e ti metti in cammino sulla via della conversione.
Si deve percepire, invece, la gioia e la bellezza di questo cammino. Si deve percepire, secondo l’espressione di Paolo, il «buon profumo di Cristo» (cf. 2Cor 2,15), la sua luce che irradia sui nostri volti (cf. ivi, 3,18), la sua bellezza che si riflette nella nostra vita di credenti.
Si dovrebbe percepire che il ritorno a Dio fa scoppiare il cuore di gioia e riempie la vita di una speranza inesauribile: sicché sarà possibile far fronte anche a tutte le inevitabili tribolazioni, ai dolori e alle pene che ci sono nel mondo, secondo la via pasquale, che il Signore Gesù ha aperto per noi, e che il tempo di Quaresima vuole insegnarci a ripercorrere.
La via del ritorno a Dio è, di fatto, quella che ha tracciato Gesù, è la via del vangelo. Il Signore non ci chiede di percorrerla da soli: sappiamo che cammina con noi, sappiamo che ci sostiene con la grazia del suo Spirito. A lui affidiamo questo tempo di grazia, che si riapre oggi per noi.