Mercoledì delle Ceneri 2021 – Omelia del vescovo Daniele

Omelia del vescovo Daniele per la celebrazione del Mercoledì delle Ceneri (Cattedrale di Crema, 17 febbraio 2021)

Rispettando le indicazioni liturgiche date a tutta la Chiesa, subito prima dell’imposizione delle ceneri diremo una volta sola le parole che normalmente dovrebbero essere ripetute per ciascuno, nel momento in cui ci accostiamo a ricevere questo segno penitenziale: «Convertitevi, e credete nel Vangelo».
Per rispetto alle precauzioni sanitarie ancora in atto, queste parole non saranno ripetute, e ciascuno di noi si accosterà poi in silenzio a ricevere le ceneri. Questo silenzio può essere però opportuno per fermarci a meditare con maggior attenzione intorno alla parola che ci viene detta, e che è una sorta di brevissimo programma per la Quaresima – ma che è, ancora di più, un programma di vita.
Sono parole che, nel vangelo di Marco, sentiamo pronunciare direttamente da Gesù, proprio all’inizio della sua missione pubblica, quando – racconta l’evangelista – «dopo che Giovanni [il Battista] fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”» (Mc 1,14-15).
C’è abbastanza consenso negli studiosi del Vangelo nel ritenere che queste parole siano una specie di sintesi, un riassunto, forse formulato dall’evangelista stesso, di ciò che Gesù andava annunciando con le parole e con i gesti, percorrendo i villaggi e le cittadine della Galilea.
Ed è una sintesi che porta per noi, anzitutto, una «buona notizia» – forse è proprio il caso di sottolinearlo, dato che da un anno a questa parte, dopo l’inizio della pandemia, abbiamo ricevuto una quantità sovrabbondante di cattive notizie… – una «buona notizia», dicevo, un vangelo. Questa «buona notizia» Gesù non la spiega direttamente; la «nasconde», parlando del «regno di Dio», che si è fatto vicino, che è qui, a portata di mano. A questa «buona notizia» si tratta di credere: che non vuol dire – su questo occorre attenzione – che si tratta di prendere per buona un’informazione che non possiamo verificare.
«Credere» nel vangelo significa invece: puoi scoprire che cosa annuncia questo «vangelo», puoi scoprire che cos’è il «regno di Dio», che questo vangelo annuncia, affidandoti ad esso, e scoprirlo proprio in questo affidamento. Oppure: puoi scoprire la buona notizia che è il vangelo, se incominci a crederci, cioè a viverlo: e lo puoi vivere andando dietro a Gesù, cominciando a mettere i tuoi passi dietro ai suoi.
E questo è il senso della «conversione», che vuole dire: cambia strada, non andare dietro alle tue illusioni, o ai miraggi che ti vengono mostrati e che spesso sembrano molto luccicanti e promettenti; e non seguire neppure le tue inevitabili delusioni, ciò che può amareggiare la tua vita, e renderti rancoroso e avvilito, privo di speranza e stanco della vita… Prova invece a camminare sulla via del vangelo, prova a crederci, non solo a parole, ma facendo scelte e adottando comportamenti coerenti con questo vangelo.

Forse possiamo capire un po’ meglio la cosa chiedendoci, con qualche esempio, che cosa significa non credere al Vangelo – perché, lo sappiamo, può capitare che proprio noi che ci diciamo cristiani ci allontaniamo dal Vangelo, seguiamo altre vie: per questo, il «tempo favorevole» che ci è dato con la Quaresima è anche un’occasione per «lasciarci riconciliare con Dio» (cf. II lettura): cioè per lasciarci ricondurre dalla sua misericordia sulle vie del Vangelo.
Non crediamo al Vangelo, prima di tutto, quando non ci aspettiamo più da esso la promessa di una gioia autentica, di una speranza più forte di ogni delusione e persino più forte della morte, quando non cerchiamo più nel Vangelo le condizioni di una vita «eterna», all’altezza del desiderio di vita che Dio ha per noi e per tutti;
non crediamo al Vangelo quando lo riduciamo solo a qualche nozione religiosa e, per quanto riguarda la nostra vita quotidiana, scegliamo altri riferimenti, più ‘realistici’, più ‘pratici’, più rispondenti ai criteri che vanno per la maggiore;
non crediamo al Vangelo quando releghiamo Dio e la sua presenza nella nostra vita a un vago sentimento, a qualche devozione, rispettabile sì, ma che non ha il potere di incidere con verità nelle nostre scelte o anche di parlare seriamente ai nostri dubbi e interrogativi, e anche ai momenti drammatici che possiamo vivere, come persone e come società;
non crediamo al Vangelo quando non gli permettiamo di interrogare seriamente i nostri stili di vita, personali e sociali, di metterci in discussione in modo vero e profondo, per cercare poi pazientemente, sotto la sua guida, condizioni e comportamenti più retti, più giusti, più rispettosi di noi, degli altri, del mondo in cui viviamo;
non crediamo al Vangelo quando, in noi e ancor più, probabilmente, in chi ci sta intorno, vediamo solo il male, i limiti, ciò che si espone alla critica malevola e corrosiva, anziché vedere in lui, in lei, un fratello, una sorella, per i quali Cristo ha dato la sua vita, e che ci chiede di amare incondizionatamente…

Come dicevo, questi sono solo alcuni esempi. Forse, il primo compito che ci viene consegnato, questa sera, ricevendo il segno delle ceneri e ascoltando l’invito a convertirci, cioè a credere nel vangelo, è proprio quello di fare, in questi giorni che abbiamo davanti, un po’ di esame di coscienza precisamente intorno a questo punto: ci credo, nel Vangelo di Gesù? mi affido ad esso, anche quando non lo capisco bene, anche quando mi sembra di andare per strade impervie, anche quando è faticoso? Riesco a vedere nel Vangelo la buona notizia, e la buona promessa, alla quale Dio sempre mi invita?
E forse – oltre a prendere sul serio ciò che il Signore ci ripropone nella pagina di vangelo ascoltata, ossia di praticare umilmente e silenziosamente le vie della preghiera, della carità fraterna, della ricerca di ciò che è essenziale e veramente necessario nella vita – possiamo avviarci in questo esame di coscienza proprio prendendo in mano il Vangelo, i Vangeli, e lasciando che la loro parola scavi nella durezza dei nostri cuori e li converta.
Perché succede che noi non crediamo nel Vangelo al punto da non prenderli neppure in mano per provare a leggerli. Magari, invece di cercare chissà quali penitenze, potremmo in questi giorni quaresimali fare questo proposito: di prendere in mano ogni giorno il vangelo, e di lasciarlo parlare alla nostra vita, al nostro cuore. Non preoccupiamoci troppo di «capire»: certo, il Vangelo va capito ma, prima di tutto, va ascoltato – e messo in pratica. Così, anche, arriveremo a «capire» e, soprattutto, arriveremo a credere, cioè ad affidare la nostra vita al Signore e alla «buona notizia» che continuamente Egli offre a noi e al mondo, per trasformarlo secondo il suo disegno di amore.