Mercoledì delle Ceneri 2019 – Omelia del Vescovo

Cattedrale di Crema, 6 marzo 2019

Risale a vent’anni fa la pubblicazione in inglese di un fortunato libro sull’educazione dei figli, intitolato Dire di no; in italiano fu tradotto con I no che aiutano a crescere. Mi è tornato in mente questo titolo – devo dire che non ho letto il libro – provando a riflettere sul senso della Quaresima che oggi abbiamo la grazia di ritrovare, nel nostro cammino di fede e di vita cristiana.
Tempo penitenziale per eccellenza, la Quaresima è un tempo nel quale accettiamo – lietamente – di sentirci dire dei no. Lietamente, perché, come dice Gesù a proposito del digiuno, non dobbiamo diventare «malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano» (Mt 6, 16). Il discepolo, invece, quando digiuna e fa penitenza, è invitato a «profumarsi la testa e lavarsi il volto» (cf. v. 17), e non solo per non ostentare la propria penitenza, ma perché gioisce dello sguardo del Padre e si rallegra che gli sia data un’occasione di rinnovamento: perché questo è davvero «il momento favorevole, il giorno della salvezza» (cf. 2Cor 6, 2), secondo la parola di Paolo che abbiamo ascoltato nella seconda lettura.

Con gioia, dunque, e riconoscenti a Dio che ci offre ancora una volta un tempo di grazia e di salvezza, ci sentiamo dire dei no, e accettiamo questi no per lasciarci raddrizzare, per essere ricondotti sulla via buona, per vivere insomma la grazia della conversione e del rinnovamento personale e comunitario.
Questi no convergono, in definitiva, in un solo no, che è il no al peccato. Ma è utile che quest’unico grande no, che in questo tempo di Quaresima siamo chiamati a ribadire nei fatti, in modo sempre più chiaro e netto, si possa precisare attraverso dei no un po’ più concreti e determinati, che vorrei raccogliere dal vangelo ora ascoltato.
Le parole di Gesù, in realtà, dicono di no a dei modi ipocriti, esteriori, appariscenti, di vivere alcune delle pratiche tradizionali già nel mondo di Gesù stesso: l’elemosina, la preghiera, il digiuno. Ma è chiaro che Gesù non vuole squalificare queste pratiche: anzi, le raccomanda ai discepoli, ma chiedendo loro di viverle con l’unico desiderio di ritrovarsi nello sguardo d’amore del Padre verso i suoi figli.

E queste stesse pratiche suggeriscono appunto dei no importanti:

– l’elemosina è il no detto in primo luogo alla durezza di cuore; la parola greca rimanda all’atteggiamento della misericordia, della compassione che sa aprirsi alla miseria e alla necessità dell’altro e che, prima di tutto, accetta di prenderlo in considerazione, di fargli attenzione, di non respingere la sua attesa; è il no all’insensibilità nei confronti dell’altro, e specialmente del povero, del bisognoso; il no alle corazze che ci costruiamo con l’illusione di difenderci e che, invece, ci disumanizzano…

– la preghiera è il no detto alla nostra pretesa di autonomia davanti a Dio, al nostro rifiuto di vivere come figli che si mettono nelle mani del Padre (all’interno di questo riferimento alla preghiera è contenuto anche l’insegnamento del Padre nostro…); è il no detto agli idoli che facilmente ci costruiamo, aiutati come siamo anche da tante risorse di ogni tipo; è anche il no alle mille distrazioni con cui riempiamo il nostro tempo, per sfuggire all’incontro silenzioso e calmo con il Signore, e anche con noi stessi;

– il digiuno è il no nei confronti dell’ingordigia, dell’avidità insaziabile, del desiderio di accumulare, dell’incapacità o della fatica di condividere con i fratelli i beni di questo mondo; ed è anche un no (il Papa ce lo ricorda nel suo Messaggio per la Quaresima) a uno stile di vita che depreda l’ambiente nel quale viviamo, saccheggia in modo indiscriminato i beni della creazione e non ha rispetto per la «casa comune» nostra e delle generazioni che verranno.

Il no penitenziale di questo tempo di Quaresima, e che verrà espresso tra poco anche nel segno delle ceneri che ci verranno imposte sul capo, non avrebbe alcun senso, naturalmente, se non fosse il risvolto del grande e definitivo sì, che Dio ha detto all’uomo e al mondo, una volta per sempre, nel suo Figlio Gesù Cristo. In questo sì, Dio ha oltrepassato tutti i nostri no, le nostre chiusure mortali e portatrici di morte, i nostri peccati e le nostre colpe: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2Cor 5, 21). Con questa parola fortissima, Paolo ci ricorda che Gesù Cristo ha preso su di sé i no dell’uomo, il peso di tutti i suoi peccati, per farci conoscere e trasmetterci una volta per sempre il di Dio, la fedeltà del suo amore che perdona e salva.

Con la Quaresima ci avviamo a celebrare la Pasqua; e proprio nella celebrazione pasquale saremo chiamati a ribadire ancora una volta il nostro no, la nostra rinuncia battesimale al male e al peccato, e a rinnovare il , l’Amen della nostra fede in Dio, in risposta al che il Padre ci ha già detto una volta per sempre nel suo Figlio. Chiediamo a Dio di aiutarci a vivere bene questo tempo di penitenza e di grazia, accogliendo il «momento veramente favorevole», vivendo il «giorno di salvezza», in modo che – come diremo tra poco, benedicendo le ceneri – «attraverso l’itinerario spirituale della Quaresima» possiamo giungere «completamente rinnovati a celebrare la Pasqua» del nostro Signore Gesù Cristo.