Memoria di San Giovanni di Dio – Chiesa dell’Ospedale

Nel pomeriggio di martedì 8 marzo 2022, il vescovo Daniele ha presieduto la Messa alla Chiesa dell’Ospedale maggiore di Crema, nella memoria di San Giovanni di Dio, patrono dell’Ospedale. Riportiamo di seguito l’omelia tenuta dal vescovo

La vicenda di san Giovanni di Dio, che veneriamo oggi, nel giorno che vede corrispondere quello della nascita (8 marzo 1495) con quello della morte (8 marzo 1550), è una vicenda che dimostra molto bene la verità di ciò che abbiamo ascoltato nella prima lettura: la certezza, cioè, della fecondità della Parola di Dio.
«La mia parola uscita dalla mia bocca», dice Dio, «non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,11), così come la pioggia e la neve che cadono sulla terra ne assicurano la fecondità – e ce ne accorgiamo in questi giorni e settimane, dopo mesi e mesi senza pioggia…
Dei cinquantacinque anni della sua vita (una durata che a noi sembra breve, ma all’epoca si poteva considerare discreta), quelli che – almeno agli occhi dell’osservatore esterno – si possono considerare gli anni della sua vita santa, sono gli ultimi dieci-undici. Prima, la sua è una vita errabonda: di pastore, nella sua giovinezza, poi di soldato, vagabondo per mezza Europa e in Africa del Nord, venditore ambulante a Gibilterra, e finalmente titolare di una piccola libreria a Granada. Una vita non dico lontana da Dio, ma che sembra poco interessata a Lui.
Ma a Granada la Parola di Dio lo raggiunge, attraverso una predica del b. Giovanni di Avila, nel gennaio del 1539: e raggiungendolo cambia così radicalmente la sua vita, che lo si giudica pazzo, e lo si richiude in ospedale, tra i matti: e proprio quest’esperienza orienta la sua conversione verso il servizio degli ammalati, e in particolare dei malati di mente, e in ogni caso dei più emarginati.
È come se questa Parola, certamente seminata nel futuro santo già da molto prima, trovasse solo verso la fine il terreno fertile in cui sbocciare e portare frutto abbondante. Quarantacinque, dei cinquantacinque anni di vita di san Giovanni, sembrano «sprecati».
Naturalmente, noi non possiamo pretendere di sapere in che modo Dio abbia operato nel cuore di quest’uomo anche prima di quella svolta determinante, che avviene solo undici anni prima della sua morte. Ma quello che qui mi importa sottolineare, è che comunque questa fecondità arriva.
Ricordate la parabola del seminatore, che butta il suo seme in modo che sembra disattento, distratto: sulla terra battuta, fra le pietre, in mezzo ai rovi… E però il seme arriva anche sul terreno buono, e finisce per portare molto frutto.
I tempi di Dio, decisamente, non sono i nostri tempi. E Dio non sembra preoccuparsi troppo, se di tutta la vita di un uomo solo una parte minoritaria (undici anni, su cinquantacinque) sembra «buona». Intanto, perché Dio vede più profondamente di noi, nel cuore di ciascuno – anche più e meglio di quanto ciascuno di noi possa vedere nel proprio cuore – e sa diagnosticare meglio di noi certamente anche le nostre fatiche e i nostri peccati, ma anche il nostro impegno e la nostra buona volontà.
E poi, perché quel che più importa a Dio è di averci con sé, di farci entrare nella sua amicizia: ma di farci entrare attraverso il cammino della nostra libertà: che può essere un cammino molto tortuoso, ma che Dio rispetta come un dono preziosissimo – ce l’ha data lui, e ce la garantisce lui, questa libertà!
Certo, ce la dona perché non sia sprecata; e dobbiamo riconoscere che a volte proprio la sprechiamo, la rendiamo sterile, priva di frutti. E questo avviene in particolare quando ci chiudiamo in noi stessi, quando l’unica forma di «bene» che conosciamo è quello che riguarda noi stessi.
La sfida, allora, diventa questa: come si fa, a fare davvero del bene a se stessi?
Come sapete, i «fratelli ospedalieri», che san Giovanni di Dio aveva raccolto intorno a sé per lavorare in mezzo agli ammalati, vengono chiamati oggi i «fatebenefratelli»: un nome che riprende la frase con la quale san Giovanni di Dio chiedeva l’elemosina, dicendo: fate del bene a voi stessi, facendo l’elemosina; cioè: fate del bene a voi stessi, facendo del bene agli altri!
Questo principio vale sempre: si potrebbe dire, persino, che è il principio della felicità cristiana: quella che si raggiunge preoccupandosi non tanto di sé, e del proprio bene e della propria felicità, ma del bene e della felicità degli altri: perché appunto partecipiamo così della fecondità generosa di Dio e della sua Parola, capace di generare sempre nuova vita.
Mi arrischio a dirlo persino a chi si trova nel letto di un ospedale: dove è del tutto normale – ci mancherebbe – che uno si preoccupi di sé, della propria salute, della propria vita; ci sono passato anch’io, anche se con problemi non troppo gravi, e credo di capire, almeno un po’, che cosa si prova quando si è ammalati.
Eppure, mi è capitato anche, e non raramente, di incontrare ammalati i quali, anche durante la loro malattia, sembravano preoccuparsi più degli altri, che di sé stessi: magari dei propri cari che erano a casa, o di amici o amiche messi anche peggio…
Mi sembra bello pensare che ci sono persone così, che anche quando sono tribolate, hanno problemi, sono malati… riescono a fare attenzione più agli altri che a sé stessi, riescono a vivere questa grande fecondità e generosità, che apre e libera tutta la vita, e la rende bella e serena.
È un dono soltanto di pochi? Io credo che questa è una grazia che Dio può fare e anzi vuole fare a tutti. Proviamo a chiederla nella preghiera, in quello stile di preghiera semplice, di poche parole, ma fatta con spirito di figli, che Gesù ci ha insegnato con il Padre nostro. (cf. vangelo del giorno: Mt 6,7-15).
Una preghiera per chiedere a Dio di liberarci dalla eccessiva preoccupazione per noi stessi, che ci rende vuoti e sterili; una preghiera perché Dio trasmetta anche a noi la fecondità della sua Parola, renda anche noi capaci, in ogni situazione, buona o cattiva, di salute o di malattia, di generare il bene, di portare serenità, di preoccuparci degli altri e della loro vita buona.
Se lo chiediamo con fiducia, Dio ci renderà capaci di fare questo, e sarà per noi la gioia più grande che possiamo desiderare. San Giovanni di Dio interceda per noi, protegga tutti i malati, in particolare quelli di questo Ospedale, e tutti quelli che si prendono cura di loro con competenza, delicatezza e attenzione.