Maria SS.ma Madre di Dio – Giornata per la pace 2022

Sabato 1 gennaio 2022 il vescovo Daniele ha presieduto in Cattedrale la S. Messa nella solennità di Maria Ss.ma Madre di Dio, nel primo giorno del nuovo anno civile, e nella ricorrenza della 55ª Giornata mondiale per la pace. Al termine della Messa, il vescovo ha consegnato alle Autorità presenti il Messaggio del S. Padre per la Giornata per la pace, intitolato Dialogo tra le generazioni, educazione e lavoro: tre strumenti per edificare una pace duratura. Riportiamo di seguito l’omelia del vescovo.

 

È nel segno della benedizione, che vorrei contemplare con voi il dono di grazia che la liturgia ci fa mette davanti oggi, a otto giorni dal Natale, mentre prende il via un nuovo anno della società civile e, con tutta la Chiesa, celebriamo la 55ª Giornata mondiale per la pace.
Questa parola della benedizione è suggerita in modo esplicito dalla prima lettura, tratta dal libro dei Numeri, che riporta la formula della benedizione affidata ai sacerdoti per il popolo di Israele; una formula diventata poi molto conosciuta pure in ambito cristiano, anche perché san Francesco d’Assisi l’ha fatta sua – scrivendo di suo pugno il testo latino della benedizione – per benedire il suo seguace, frate Leone, che stava vivendo un momento di particolare difficoltà spirituale.
Vogliamo anzitutto accogliere la benedizione di Dio per noi, per la Chiesa e per il mondo. Pegno definitivo di questa benedizione è il suo Figlio, nato da Maria – lei che la Chiesa, oggi, venera in modo particolare con il titolo antichissimo, e molto impegnativo, di «Madre di Dio», perché Colui che da lei è nato, i cristiani lo riconoscono e confessano come Figlio di Dio e, come diremo anche tra poco nel Credo, «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero».
All’inizio della lettera agli Efesini, l’apostolo Paolo dice che «Dio ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale, nei cieli, in Cristo» (Ef 1,3): come a dire che Gesù Cristo, il Figlio nato da Maria, è la somma e la sintesi di tutte le benedizioni di Dio per noi; come a dire che ormai, dandoci il suo Figlio, colui che «nella pienezza dei tempi» Egli ci ha mandato, «nato da donna, nato sotto la legge» (cf. Gal 4,4), Dio ha confermato per sempre la sua benedizione per l’umanità e per il mondo intero.
La benedizione di Dio è una parola efficace, che compie ciò che dice. La benedizione di Dio, che è Gesù Cristo, ci assicura che Dio ha detto e dice al mondo il suo , la sua parola di grazia e di salvezza; e questa parola è senza pentimento; il mondo sta definitivamente sotto la benedizione di Dio.

Accogliere questa benedizione significa però anche diventarne strumento. Nella sua prima lettera, l’apostolo Pietro scrive così ai suoi cristiani: «Non rendete male per male né ingiuria per ingiuria, ma rispondete augurando il bene. A questo infatti siete stati chiamati da Dio per avere in eredità la sua benedizione» (1Pt 3,9). Si potrebbe anche tradurre: «Rispondete benedicendo», appunto perché non si tratta, neppure per noi, di benedire solo con le parole, ma di «diventare benedizione» gli uni per gli altri, diventare con la nostra stessa vita, e con i nostri comportamenti, segno e strumento di benedizione.

Riprendo dal testo del libro dei Numeri tre sottolineature, che caratterizzano la benedizione di Dio e possono caratterizzare anche il nostro modo di essere segno e strumento di benedizione.

1. Benedire qui è sinonimo di «custodire»: significa farsi carico dell’altro, preoccuparsene come ci si preoccupa di sé e delle proprie cose. Nel mistero del Natale, Maria e Giuseppe sono le figure della custodia: a loro Dio affida il proprio Figlio, ed essi lo custodiscono nelle azioni concrete, ma custodiscono anche – come ci suggerisce il vangelo – il mistero che è questo Figlio, anche in ciò che suscita stupore, meraviglia, persino incomprensione…
Essere segno e strumento della benedizione che viene da Dio significa allora farsi carico personalmente di ciò che viene messo nelle nostre mani: che si tratti del tempo (visto che siamo all’inizio di un nuovo anno), di un compito, di una responsabilità, di una chiamata… Benedire significa assumere tutto ciò con premura e attenzione, con pazienza e lungimiranza, con uno stile di custodia la cui immagine troviamo appunto in chi custodisce la vita che domanda di essere accolta e sostenuta nel suo svilupparsi e nascere.

2. La benedizione è legata al «volto». Dio benedice mostrando il suo volto all’uomo e al suo popolo: in altre parole, Dio benedice entrando in relazione, facendosi conoscere e domandando di essere riconosciuto, senza mai imporsi con violenza alla nostra libertà.
Potremmo dire, addirittura, che la benedizione è relazione: nel senso che noi stessi siamo chiamati a essere benedizione gli uni per gli altri. I gesti che compiamo, le azioni che mettiamo in campo, i beni di cui ci serviamo… tutto questo è naturalmente utile e importante, ma senza l’incontro con l’altro a livello del volto, nella disponibilità della persona a mettersi in gioco, non c’è vera benedizione. Non capiremmo, altrimenti, perché Dio abbia voluto benedirci assumendo il nostro stesso volto, rivolgendo a noi il suo sguardo umanamente, nello sguardo di Gesù. Da lui impariamo a essere benedizione gli uni per gli altri, entrando con libertà e disponibilità nel cammino di fraternità che egli ci mette davanti.

3. La benedizione è associata alla pace, a quella pace che appunto sta al centro anche della nostra attenzione e della nostra preghiera, in questa ricorrenza che da ormai più di mezzo secolo ci invita a sostare e a domandarci come possiamo costruire cammini di pace nel nostro mondo tormentato.
Nel suo messaggio per questa Giornata mondiale per la pace – Messaggio che poi sarò lieto di consegnare a tutte le autorità qui presenti, e che ringrazio per questo – papa Francesco indica tre piste importanti e impegnative, tre strumenti per «edificare una pace duratura»: il dialogo tra le generazioni, l’impegno educativo, l’attenzione alla realtà del lavoro.
Ciascuno di questi «strumenti», ce ne rendiamo conto, avrebbe bisogno di essere approfondito; e ciascuno di noi è invitato a farlo, leggendo e meditando il Messaggio del Papa. Qui, per concludere la mia riflessione, mi limito a sottolineare che tutti e tre questi strumenti sono associati alla benedizione di Dio.
Nella Bibbia, la benedizione appare spesso nel dialogo tra le generazioni: e se normalmente è l’anziano che benedice il più giovane, c’è però anche reciprocità, perché l’invito è proprio quello di essere benedizione gli uni per gli altri.
Benedizione di Dio per l’umanità sono i figli, le nuove generazioni (ed è importante ricordarlo, richiamando ancora una volta la grave questione dell’«inverno demografico», che affligge il nostro paese). Ma questa benedizione implica il compito di farsi carico di loro e più in generale implica, per la società, il compito di investire in tutti i modi per la loro educazione (mentre purtroppo, ci ricorda il Papa, a livello globale crescono gli investimenti nelle armi, e diminuiscono quelli finalizzati all’educazione!).
Finalmente, l’uomo partecipa della benedizione di Dio attraverso il proprio lavoro, che lo fa partecipare all’azione creatrice, con la quale Dio conduce il mondo alla sua pienezza: promuovere il lavoro, difenderlo, custodirlo, onorarlo, salvaguardare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, significa aver parte alla benedizione di Dio e seminare la pace nel nostro tempo.

Sì, Dio benedica questo anno che abbiamo appena incominciato: ci custodisca nel suo amore fedele; illumini il nostro volto con il volto del suo Figlio; ci conceda la pace e renda le nostre menti, i nostri cuori, le nostre mani capaci di costruire la pace e di portare a tutti la sua benedizione.