LETTERA ALLA DIOCESI PER IL TEMPO DI AVVENTO

0 false 14 18 pt 18 pt 0 0 false false false Sono in partenza per l’Uruguay, dove porterò l’abbraccio di tutti i Cremaschi a don Federico Bragonzi, che vive da un anno a servizio delle Chiese di Mercedes e di San Josè, in unità di intenti con due sacerdoti di Lodi, don Marco e don Giancarlo. 
Il nostro d.Federico è partito con tanto entusiasmo considerandosi un “apripista”, in attesa, cioè, che altri sacerdoti e qualche coppia di sposi lo possano affiancare in un tempo non troppo lontano. 
Il mio viaggio missionario, in compagnia di don Remo Tedoldi, di Mimma ed Enrico Fantoni, vuole verificare le richieste di quelle diocesi, incontrare i sacerdoti e i loro vescovi, al fine di conoscerne la situazione reale in vista di un futuro possibile impegno della nostra Chiesa. Sarà anche l’occasione opportuna per conoscere i loro metodi di evangelizzazione, considerato il fatto che l’Uruguay è la nazione più secolarizzata dell’America latina. Vorrei chiedervi innanzitutto di accompagnarmi con la vostra preghiera. Siccome al mio rientro, sarà già tempo di Avvento, vi lascio qualche riflessione che possa sostenere questo “tempo forte” di attesa del Dio che viene.
Tempo fa, pensando di trovare qualcosa di utile, ho “cliccato” sul computer la frase: “biglietti augurali per il Natale”: sono solito inviarne di due tipi, uno dei quali agli anziani e alle persone ammalate delle nostre parrocchie. Con mia grande stupore, ho constatato che le immagini natalizie avevano tutte le medesime caratteristiche stilistiche: babbo natale con slitta sulla neve, fiocchi di neve e stelle, la befana, bambini in attesa dei regali, ecc. Nessun riferimento alla festa religiosa del Natale cristiano, da qualche parte anche cancellato dal calendario e sostituito con altre festività. E’ il tentativo, ormai comune, di fare festa a prescindere, però, dal Festeggiato. Per la nostra società il Natale è oscurato nel suo vero significato, così che è diventato una generica espressione di auguri, di vacanza, di luci, un’ occasione per scambiarsi regali, insieme a una festa di fraternità, comune a tutti, ma senza nessuna radice e soprattutto senza un’ appartenenza religiosa specifica.  E’ la prova di come la secolarizzazione in atto, radicatasi pacificamente negli ambienti di vita più disparati, abbia stravolto completamente i significati più profondi del Natale cristiano, “come se Dio non esistesse”, come se Dio non fosse alla ricerca di chi lo cerca, come se Dio non si fosse fatto trovare “avvolto in fasce” nella povertà di un presepe, nella capanna di Betlemme. 
Un primo modo semplice per annunciare il Natale potrebbe essere la scelta, in ogni famiglia cristiana, di preparare, in questo tempo di Avvento, con i suggerimenti e l’apporto concreto di tutti, dal papà ai bambini, il tradizionale presepio. Non si tratta di costruire un capolavoro da esporre altrove, in bella mostra, ma di un’ immediata e spontanea testimonianza di fede offerta dalle singole famiglie. Anche i vari personaggi del presepio, se bene interpretati, possono diventare uno strumento di evangelizzazione. I genitori, proprio dentro le mura domestiche, possono trasmettono la fede ai loro figli a partire dal costruire insieme il presepio, mentre commentano ai bambini, ma anche ai più grandicelli, l’avventura di un Dio che si fa piccolo per fare gli uomini grandi e ricordano che all’uomo è data la libertà di accogliere il dono di Dio, oppure di rifiutarlo.
Il presepio diventa così una grande occasione per stare insieme, per fermarsi e contemplare, attraverso la semplicità dei diversi personaggi, che hanno avuto l’avventura di essere stati chiamati per primi ad incontrare il  Signore, a gioire della sua venuta nella carne. Egli ha trasformato dei semplici pastori in veri missionari, che hanno diffuso la lieta notizia della sua nascita, come ci racconta il Vangelo di Luca. 
Non lasciamoci defraudare il Natale, ma testimoniamo con dolce fermezza che esso riveste per noi una grande importanza perché è l’inizio di un’ umanità nuova. Non per nulla Bernanos, in un suo romanzo, ha definito la capanna di Betlemme come il luogo che ha dato il via alla più grande rivoluzione della storia!
Vi ricordo poi un secondo modo per vivere l’attesa del Dio che viene, in questo tempo di Avvento: quello di riflettere sulle conseguenze del Dio con noi. Diventando uno di noi, infatti, il Verbo di Dio si è fatto povero coi poveri, debole coi deboli, così che la sua carne preziosa si identifica con quella dei tanti disperati di questo mondo. Come non pensare alle numerose persone in crisi, ai profughi, ai fratelli tanto provati delle Filippine e della Sardegna, a quanti sono privi di risorse economiche, ridotti in povertà? Penso a quei luoghi “segno” che la nostra Comunità cristiana ha saputo realizzare in questi mesi per venire in soccorso a tante persone, ad esempio il dormitorio per i senza dimora, di prossima apertura in via Civerchi a Crema, o la “casa di Ale” a santa Maria della Croce, insieme ad altri luoghi di accoglienza presenti in diocesi. Il “segno”, piccolo e provvisorio che sia, rimanda però a un’ attitudine costante del popolo cristiano: il prendersi cura dei fratelli più piccoli e in qualsiasi modo bisognosi. E’ un compito non di qualcuno, né di qualche associazione specifica, ma di tutti i cristiani. So che non vi lascerete vincere in generosità, rispondendo alla colletta nazionale per le Filippine (la domenica 1 dicembre)  e per la Sardegna. L’attesa del Dio che viene ci tenga desti nel riconoscere il passaggio tra noi di tanti fratelli a cui possiamo aprire il nostro cuore, non solo con le offerte, ma anche con gesti concreti di amicizia. 
Perché non pensare già fin d’ora, per il prossimo Natale, di accogliere in amicizia, a casa vostra, singoli o famiglie, che abitano vicino a voi, di cui conoscete le difficoltà economiche o le situazioni problematiche che stanno vivendo in questo periodo? Se è vero che la venuta del  Signore ha cambiato il mondo, Egli ha bisogno di noi per trasmettere la “vita nuova” mediante piccoli, ma significativi gesti di fraternità e di tenerezza. Il prendersi cura dei fratelli in difficoltà è una risposta d’amore a Colui che si è preso cura di noi venendo a cercarci.
Sono solo alcuni inviti che offro alla vostra riflessione e alla vostra generosità! 
Buon cammino di Avvento, incontro al Signore, ai  suoi e ai nostri fratelli:
 
+ il vostro vescovo Oscar