Funerale di don Guido Zagheni – Omelia del vescovo Daniele

Capergnanica, 24 agosto 2020

«Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello» (Ap 21,9). Per don Guido, questo invito – «Vieni!» – e questa promessa – «ti mostrerò la sposa dell’Agnello» – sono risuonati improvvisamente, nella notte tra venerdì e sabato.
Quella che per il veggente dell’Apocalisse era ancora una visione provvisoria, resa possibile da una trasfigurazione «nello spirito» (cf. v. 10), per don Guido è realtà. Ha sentito risuonare definitivamente l’invito, la chiamata di Dio che in questa vita lo aveva attirato alla fede, alla adesione a Gesù Cristo, al ministero presbiterale vissuto in tanti servizi, qui in diocesi di Crema e poi, da una dozzina d’anni, in diocesi di Mondovì; e quel mondo redento in Cristo, di cui la Chiesa, Sposa dell’Agnello, è sacramento, da lui conosciuto sia attraverso il ministero pastorale, sia attraverso la ricerca storica, ora lo può contemplare senza veli.
Questa è, quanto meno, la nostra ferma speranza – accompagnata dalla preghiera di suffragio, perché sia tolto ogni ostacolo derivante dalla nostra umana fragilità, e don Guido possa ricevere dal Signore la ricompensa promessa ai suoi servi fedeli.

Ho conosciuto pochissimo don Guido, in alcuni incontri avuti con lui quando veniva qui a Crema a visitare i suoi famigliari, e in alcuni messaggi scambiati in questi tre anni. Più che parlare di lui, del resto, vorrei per un momento lasciare la parola a lui. Lo faccio a partire da un suo libretto – credo che sia la sua ultima pubblicazione –, uscito lo scorso anno, e che qualcuno mi ha fatto arrivare qualche mese fa.
Il titolo – Crisi della fede, crisi della Chiesa. C’è un futuro per il cristianesimo? – è piuttosto impegnativo, e impegnativo è anche il modo in cui don Guido affronta la domanda, perché in poco più di cento pagine fa una ricognizione su tutta la storia della Chiesa, e sulle crisi che essa ha conosciuto nei secoli, per arrivare poi alla questione come si pone oggi. E, nell’arrivare qui, don Guido sottolinea principalmente due cose che – ritengo – ci portano un po’ al cuore delle sue convinzioni di cristiano e di prete, e diventano anche per noi una sollecitazione, un invito: quasi (se vogliamo) un’ultima sua omelia per noi.
La prima è questa: di fronte alla crisi indubbia che il cristianesimo attraversa, non c’è altra risposta che una rinnovata adesione credente a Gesù Cristo. Potremmo dire – guardando al vangelo di oggi – che la strada non può essere se non quella che conduce lo scettico, disincantato Natanaele/Bartolomeo all’incontro personale di fede con Gesù.
«La fede cristiana – scriveva don Guido – è la fede in Gesù… Conoscere e amare Gesù significa “sapere” chi è Gesù per me; sapere chi è Gesù per il mio vivere; sapere chi è Gesù per il mio morire. È una conoscenza “vitale”, perché in lui il cristiano trova il senso pieno della vita» (pp. 90-91).
Don Guido insisteva molto – con ragione, credo – sul carattere fortemente personale, «individuale», di questa fede: «individuale» nel senso che non si può credere «in mucchio», non si può credere senza la decisione personale per Gesù e per il suo vangelo.
D’altra parte, poi, questo incontro così personale con Gesù non può fare a meno della testimonianza data e ricevuta, come abbiamo sentito anche nel dialogo tra Filippo e Natanaele. Credere, scriveva don Guido, «è condividere la gioia di questo “incontro” per essere Chiesa» (p. 101). E per essere una Chiesa che non teme di affrontare le crisi, come è successo più volte nel corso della sua storia, dobbiamo avere fiducia nello Spirito, promesso da Gesù ai discepoli prima della Pasqua (cf. p. 103, con rinvio a Gv 14, 15).
Credi a Gesù Cristo, vivi l’incontro con lui nella fede; e affídati allo Spirito che egli ha promesso perché non sia turbato il cuore dei credenti e della Chiesa anche nei momenti inevitabili di crisi e difficoltà anche gravi. È questo, mi sembra, il punto di arrivo della meditazione di don Guido: sulla storia della Chiesa ma anche, immagino, sulla sua stessa vita di cristiano e di prete.
Alla fine del suo libretto scrive: «Oggi… lo Spirito – secondo la promessa di Gesù – sarà ancora il protagonista della Chiesa e, per noi, si apriranno tempi meravigliosi. Umanamente viviamo questo passaggio come “mala tempora”, ma la Sua presenza nella vita della Chiesa riempie di luce gli orizzonti che sembrano solo un tramonto» (p. 103).
Immagino che don Guido vorrebbe mettere queste parole anche come sigillo della sua vita personale di cristiano e di prete. La malattia lo ha condotto più rapidamente di quanto ci aspettavamo sulla via del tramonto: abbiamo la ferma speranza che su questa via lo Spirito di Gesù Cristo abbia riempito di luce il suo ultimo orizzonte, per condurlo all’incontro definitivo con Dio, Padre nostro e di tutti.