Funerale di don Bernardo Fusar Poli – Omelia

Chiesa parrocchiale di Bagnolo Cremasco, 26 agosto 2019

Le parole con le quali Paolo si rivolge ai cristiani di Tessalonica (1Ts 1,1-5.8b-10), in questa che è la sua prima lettera a noi rimasta e, probabilmente, il più antico scritto cristiano a noi noto, sono anche parole che possiamo sentire in bocca a don Bernardo; quasi una sua lettera, da dove ora il Signore lo ha chiamato, anzitutto per questa sua comunità di Bagnolo Cremasco, nella quale è vissuto per ben sessantatré anni: più di metà dei pur numerosi anni della sua vita, trentacinque dei quali, come ben sappiamo, come parroco.
Ma è una lettera di don Bernardo anche per tutta la nostra Chiesa, per le altre comunità da lui servite, per il Seminario diocesano di cui è stato direttore spirituale per dieci anni a partire dal secondo dopoguerra; una lettera nella quale egli ci dice, prima di tutto, che rende grazie a Dio per tutti noi, rende grazie a Dio perché negli ottant’anni del suo ministero presbiterale – festeggiati qui poco meno di due mesi fa – ha potuto raccogliere in abbondanza i frutti che Dio ha fatto crescere per suo mezzo.
Nel suo lungo ministero, don Bernardo ha potuto senz’altro ripetere l’esperienza di Paolo: ha visto senz’altro che il Vangelo, da lui annunciato e servito, si è diffuso «non soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione» (1Ts 1, 5). Anche don Bernardo, con le parole di Paolo, ci dice oggi: «ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene» (v. 7); sì, lo sappiamo bene, ed è stato ben ricordato con varie testimonianze anche nella Messa per l’ottantesimo di ordinazione.
Sappiamo – anticipando un po’ anche il seguito della lettera ai Tessalonicesi, che si leggerà domani – che don Bernardo, trovato da Dio degno di essere ministro del Vangelo, così lo ha annunciato, «non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori» (2, 4). Sappiamo che don Bernardo, ben consapevole anche dei suoi peccati, non ha però cercato la gloria umana (cf. 2, 6); sappiamo che ha svolto il suo ministero con determinazione e tenacia ma che, alla fine, potrebbe dirci – ci dice, anzi, con le parole di Paolo: «siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari» (2, 7 s.).

Dono della sua vita per questa comunità sono stati anche i lunghi anni della sua vecchiaia, portati con pazienza e vissuti anche, finché gli è stato possibile e fino a tempi recenti, con alacrità spirituale e intellettuale. Anni che, certo, incominciavano a pesargli, mentre cresceva in lui il desiderio di partire per l’ultimo viaggio. Mi ha chiesto, in occasione di una visita in ospedale: «Ma devo campare ancora?». Quel che ho potuto dirgli, naturalmente, era che la cosa non dipendeva né da lui né da me… Certo è che egli ormai si sentiva pronto: mi ha detto, nel corso delle ultime visite, che si sentiva in pace, che era pronto a morire in pace.
Dio gli ha dato e anche chiesto di vivere una vita molto lunga: ma gli ha fatto questa grazia – di cui dovremmo essere tutti più consapevoli e desiderosi –, di prepararsi coscientemente e pacificamente alla morte. Ha aspettato a lungo il ritorno del suo Signore (cf. Lc 12,35-40), per aprirgli la porta: e il Signore lo ha trovato desto, vigilante, anche se è venuto a prenderlo durante il sonno del corpo, nel mezzo della notte, prima dell’alba, per portarlo con sé nelle nozze eterne. E ora, ne siamo sicuri nella fede, il Signore si stringe le vesti ai fianchi, fa mettere a tavola il nostro don Bernardo, e passa a servirlo nel banchetto della vita eterna.

Nella stessa prima lettera ai Tessalonicesi, di cui abbiamo oggi incominciato la lettura, Paolo sostiene la fede della giovane comunità nella speranza del Signore risorto, perché, dice non dobbiamo «essere tristi come gli altri che non hanno speranza» (1Ts 4, 13). Ancora una volta, è come se don Bernardo ci scrivesse ora queste parole. È lui che ci dice: «Se  crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti… e noi per sempre saremo con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole» (4, 14.17-18).