Festa dell’apparizione della B. V. Maria della Pallavicina – Omelia del Vescovo

Santuario della B. V. Maria della Pallavicina (Izano), 14 maggio 2021

Quando la festa dell’Ascensione si celebrava seguendo in modo rigoroso i giorni indicati nel racconto degli Atti degli apostoli, e cadeva dunque di giovedì, quaranta giorni dopo la Pasqua (in questo anno 2021, sarebbe stato ieri, 13 maggio), i nove giorni successivi, tra l’Ascensione e Pentecoste, erano dedicati appunto alla «novena» di Pentecoste, che era la «madre» di tutte le novene, la prima e la più importante.
Adesso l’Ascensione è stata spostata alla domenica che viene prima di Pentecoste (domenica prossima, 16 maggio): però, la celebrazione dell’apparizione della Madonna della Pallavicina ci mette, specialmente quest’anno, in questo clima di «novena di Pentecoste»: anche perché in questa festa ascoltiamo di solito, come prima lettura, i due passi degli Atti che caratterizzano questo clima: anzitutto la breve notizia della comunità degli apostoli e degli altri discepoli che, insieme con Maria, «erano assidui e concordi nella preghiera», appunto tra l’Ascensione e Pentecoste (cf. At 1,12.14); e poi l’inizio del racconto della Pentecoste stessa (cf. 2,1-4).
È un momento speciale, per la comunità cristiana delle origini: il Signore Gesù non è più presente fisicamente in mezzo ai suoi discepoli, e questi non sanno bene che cosa accadrà. Gesù ha affidato loro la missione di annunciare il vangelo, ma come, dove, con quali mezzi? Non è che Gesù abbia lasciato loro molte istruzioni dettagliate… E ha promesso, certo, lo Spirito: ma non ha detto quando arriverà, in che modo si manifesterà, come i discepoli potranno riconoscerlo…
Possiamo pensare che la presenza di Maria, in mezzo a questa comunità, sia stata di conforto, e anche di aiuto, di guida. Perché Maria ha vissuto personalmente una situazione simile: anche lei si è sentita turbata da una promessa e da un compito che Dio le affidava (cf. Lc 1,29); anche lei si è sentita incerta sul «come» (cf. 1,34); anche a lei è stato promesso lo Spirito (cf. Lc 1,35)…
Non è difficile immaginare che i discepoli si siano rivolti a lei, in quei giorni, per chiederle: ma come hai vissuto quell’attesa? come hai fatto ad accogliere la missione alla quale Dio ti chiamava? in che modo lo Spirito ha operato nella tua vita?
Possiamo immaginare queste e altre simili domande; forse è più difficile immaginare le risposte di Maria… o forse possiamo immaginarle sulla base di altre cose, che i vangeli ci raccontano di lei, del suo rapporto con il Signore Gesù, del modo in cui ne ha accompagnato la vita non solo nei primi giorni o nell’infanzia e adolescenza, ma anche dopo, fino a essere presente, come abbiamo sentito, sotto la sua Croce (cf. Gv 19,25-27).
Provo, allora, a immaginare tre risposte, tre indicazioni, che la Vergine Maria potrebbe aver dato ai discepoli, in quella prima Novena di Pentecoste; risposte e indicazioni che possono aiutare anche noi, come singoli credenti e come Chiesa, in questo nostro momento storico.

Immagino che prima di tutto Maria abbia detto ai discepoli: cercate di vivere con pazienza e fiducia i tempi dell’attesa, anche quando sono segnati dall’incertezza. Penso che un mamma che aspetta la nascita di un figlio abbia molto da insegnare, a questo riguardo; ma l’attesa, da parte di Maria, non si limita certamente ai nove mesi che vanno dall’Annunciazione al Natale.
Maria ha dovuto scoprire che quando si tratta di Dio, in qualche modo siamo sempre in attesa. Le domande che nascono nel cuore di Maria, e che qualche volta arrivano alle sue labbra (cf. Lc 1,34; 2,18.48) circa il suo Figlio, il modo in cui entra nel mondo, la sua missione, che lo porterà a distaccarsi dalla famiglia in un modo anche ‘duro’ (cf. Mc 3,20-21.31-35), l’hanno sicuramente allenata a questa attesa: a non pretendere da Dio risposte immediate; a non chiedere di capire tutto subito; a scoprire che c’è bisogno di custodire e meditare a lungo nel cuore (cf. Lc 2,19.51) le cose che avvengono, per coglierne un senso.
Ma penso che, in questo modo, Maria abbia anche scoperto che Dio è fedele alle sue promesse, che l’attesa non è vana, che nel silenzio della fede che si apre all’ascolto e lascia arrivare lo Spirito, Dio viene veramente incontro all’uomo e alla sua Chiesa, e li aiuta a scoprire pian piano le Sue vie.
Il cammino della Chiesa, dalla Pentecoste in poi, nel racconto degli Atti, non è un itinerario già definito e programmato; anche dopo l’arrivo dello Spirito, i discepoli mostrano a volte la loro lentezza a capire, le resistenze che possono rimanere nel cuore… ma voglio immaginare che Maria li abbia aiutati a fidarsi di Dio, ad accogliere docilmente la sua Parola, ad aprirsi – come ha fatto lei – alla novità che lo Spirito porta nel mondo.

Il secondo atteggiamento, che Maria potrebbe aver trasmesso ai discepoli durante quella prima Novena di Pentecoste, è quello della domanda, e in particolare della domanda rivolta a Dio. Maria è una donna che non ha paura di chiedere, e di chiedere a Dio stesso.
Domanda all’angelo dell’Annunciazione: «come avverrà questo…?» (cf. Lc 1,34); domanderà al Figlio, rimasto fra i maestri del tempio: «Perché ci ha fatto questo?» (cf Lc 2,48); sicuramente nel corso della sua vita, vedendo ciò che il Figlio faceva, altre domande saranno sorte nel suo cuore, e non dubito che le abbia rivolte a Dio.
Non avrà mai preteso di ricevere una risposta, sicuramente: e non è questa pretesa, che trasmette agli apostoli e agli altri discepoli (e a noi), quanto la fiducia che ci si può rivolgere a Dio con le nostre domande, i nostri dubbi, le nostre incertezze ed esitazioni; che si può anche mettere davanti a Lui ciò che non capiamo, ciò che ci lascia turbati, i Suoi stessi silenzi…
Senza pretese, appunto: ma nell’atteggiamento di quell’attesa fiduciosa di cui dicevo prima, nell’atteggiamento di chi anche attraverso la domanda e il dubbio si apre a Dio e al suo Spirito; perché c’è il rischio che chi non fa domande a Dio, non lo faccia per rispetto, ma perché ha già deciso nel suo cuore cosa fare; perché, insomma, non gli interessa molto ciò che Dio ha da dirgli…
A Maria, invece, ciò interessa molto: e per questo ci insegna a mettere davanti a Dio i nostri interrogativi, le nostre domande, ciò che non riusciamo a sempre a capire.

Finalmente, credo che la terza cosa che Maria dice ai discepoli, nella sua Novena di Pentecoste, sia quella che ci ha raccontato il vangelo di Giovanni, e cioè: state sotto la croce di Gesù; non abbiate paura di fermarvi ai piedi di quella croce, e di contemplare Colui che vi è appeso.
Perché quella croce non ci parla di dolore, sofferenza e perdita: ma ci parla di amore, di vita, di gioia inesauribile. Anche le nostre attese, anche le nostre domande, alla fine vanno portate lì, sotto la croce, per scoprire che Dio ha già risposto, ci è già venuto incontro nel modo più grande e pieno che potesse, perché ci è venuto incontro nel modo dell’amore che si dona senza nulla trattenere per sé.
Credo che ai discepoli Maria abbia detto, e dica: guardate che lo Spirito che Gesù ha promesso, viene di lì; Gesù lo ha già donato, il suo Spirito, quando, innalzato sulla croce, ha esalato l’ultimo respiro (cf. Gv 19,30). Certo, dobbiamo attendere la Pentecoste, ma solo per scoprire che lo Spirito dell’amore e della vita, frutto della Pasqua del Signore, poi ci mette per via, ci fa uscire di casa per essere a nostra volta testimoni e strumenti, nella nostra libertà, dell’amore di Dio offerto a tutti.
Ma tutto parte di lì, da quella croce e da quel Crocifisso: per questo, bisogna sempre tornare lì, contemplare questo mistero di amore, non lasciarsene spaventare, e tornare a sentire che lì il Signore ci affida a Maria, la sua e nostra Madre, come nostra compagna di strada.
Lei ci insegnerà ad accogliere lo Spirito, perché anche in noi generi frutti di vita e di salvezza, che il mondo e l’umanità più che mai oggi aspettano.