Annunciazione del Signore – 25 marzo 2022

Nella solennità dell’Annunciazione del Signore (25 marzo 2022), il vescovo Daniele ha presieduto la celebrazione dell’Eucaristia nella chiesa parrocchiale dei Sabbioni, a Crema, aprendo in questo modo anche la «24 ore per il Signore» dei giorni 25-26 marzo. Al termine della celebrazione, inoltre, il vescovo ha pronunciato – in unione con il Papa – l’atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria come preghiera speciale per la pace. Riportiamo di seguito l’omelia del vescovo.

Ci sono tre e un no, nelle letture bibliche di questa solennità dell’Annunciazione del Signore. Volendo usare un’immagine sportiva, possiamo dire che il batte il no tre a uno!
E ancor prima di entrare brevemente in qualche dettaglio di questo partita tra il e il no, possiamo dire che abbiamo qui un modo per esprimere ciò che sta al cuore di tutta la nostra fede di credenti: e cioè che Dio, nel suo amore gratuito, ha detto definitivamente il suo all’uomo e al mondo. Ha detto il suo , cioè la sua concreta volontà di vita e di salvezza, per questa nostra umanità, per questo nostro mondo.
Non importa se noi, questo mondo, lo giudichiamo ancora segnato da tanti limiti, ancora provato dal male, ancora lontano, molto lontano, dall’essersi veramente «sintonizzato» con Dio e con il suo progetto di amore – dopo tutto, il tempo di Quaresima, entro il quale si colloca questa solennità dell’Annunciazione, sta a dirci che anche in noi stessi, prima di tutto, può mancare questa sintonia piena con il di Dio: il richiamo alla conversione e alla riconciliazione con Dio, anche attraverso la celebrazione del Sacramento della Penitenza (come siamo invitati a fare anche in questa «24 ore per il Signore»), serve proprio a ricordarci che al di Dio può mancare, effettivamente, la nostra piena adesione… Ma ciò non toglie niente al fatto che il di Dio è ormai detto una volta per tutte, e che la fedeltà del suo amore è una roccia che non può venire meno.

La manifestazione piena di questo noi l’abbiamo in Gesù Cristo. Di fatto, come scrive Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, «tutte le promesse di Dio in lui [Cristo] sono “sì”» (2Cor 1,20). Il di Dio al mondo si riassume nel dono del suo Figlio: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).
Ma il dono del Figlio non è il dono di una “cosa”: è il dono di una Persona, quella del Figlio, che corrisponde pienamente al desiderio del Padre, e risponde a questo desiderio attraverso la sua umanità, attraverso il «corpo» che gli è stato preparato dal Padre, e che è tutta la sua esistenza in questo mondo.
Il Figlio è colui che dice a Dio «entrando nel mondo» (Eb 10,4): non solo nell’eternità beata, ma accettando di fare sua la nostra «carne», che non vuol dire soltanto la «materia» di cui siamo fatti, ma tutta la nostra umanità, con le sue ricchezze e le sue fragilità, con il bene e con il male – un male che il Figlio non compie, ma con il quale si misura, proprio perché il di Dio possa vincere anche il male che c’è nel mondo: ed è ciò che contempleremo in pienezza nel mistero pasquale.
Proprio in Gesù Cristo, nel Figlio di Dio che ha fatto sua la nostra «carne», si vede che al di Dio può rispondere il dell’uomo. Perché la grande tentazione dell’uomo è di non fidarsi del di Dio, e di cercare altre sicurezze, altri sostegni – come vediamo fare ad Acaz, il re del popolo di Israele che in un momento di grande difficoltà (una guerra! e siamo otto secoli prima di Cristo…), invitato a fidarsi di Dio, a riconoscere ed accogliere il suo , preferisce i sostegni umani, preferisce le risorse politico-militari alle quali ha già deciso di rivolgersi: è suo l’unico no della Parola di Dio che abbiamo ascoltato – ma è il no che riassume tutte le nostre mancanze di fede, tutti i continui tentativi che facciamo per fare a meno di Dio e vivere come se non esistesse o fosse irrilevante per la nostra vita.
Per questo, per contrapporsi a questo no, ci vuole il del Figlio, un portato fino all’estremo della morte e di «una morte di croce» (cf. Fil 2,8). Solo così l’uomo diventa capace di accogliere nella fede il di Dio e di fare di questa fede il punto di partenza di un altro modo di vivere, di un altro modo di stare al mondo.

E tutto questo lo vediamo risplendere pienamente in Maria: che, ricordiamo, non è la premessa, ma il frutto pieno del del Padre e del Figlio. Certo, perché il Figlio entrasse nel mondo, c’è stato bisogno del di Maria; ma il di Maria, già questo primo e fondamentale , che abbiamo sentito risuonare nella sua risposta all’angelo, è stato possibile grazie al eterno del Padre, e perché il Figlio gli ha risposto dicendo: «Ecco, io vengo… per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 4,7).
Maria è, potremmo dire, il primo frutto di tutto questo: e così è capace di acconsentire pienamente a questa logica, che è la logica della fede. Non a caso, i Padri della Chiesa dicevano che Maria è stata madre del Figlio di Dio prima di tutto in virtù della fede; e poi anche, certo, nella maternità che ha accettato, perché il del Padre al mondo prendesse la carne e il sangue, il volto, l’umanità di Gesù di Nazaret.
La fede di Maria – una fede, notiamo, che non è cieca; ma è una fede matura, una fede che, per questo, non ha paura di domandare, di entrare così in dialogo con Dio – questa fede è il punto di partenza di un’esistenza nuova, capace di far entrare nel mondo, per la virtù dello Spirito Santo, il eterno del Padre e del Figlio.
È ancora san Paolo, quando dice che «tutte le promesse di Dio in Cristo sono “sì”», a indicare questa conseguenza: «Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro “Amen” per la sua gloria» (2Cor 1,20).
Potremmo dire che i cristiani sono gli uomini e le donne dell’Amen, cioè del della fede, che sale a Dio, ma discende anche verso il mondo. I cristiani sono chiamati a essere testimoni attivi del definitivo, che Dio ha detto al mondo in Cristo. A essere segno della sua benedizione; a richiamare alla possibilità, come dicevo, di un modo diverso, altro, di «stare al mondo», un modo che deriva dal Vangelo.
Anche i no, che a volte i cristiani dicono, devono dire, nei confronti dell’una o dell’altra scelta mondana – e come non dire di no alla violenza, alla guerra, alla sopraffazione, alle ingiustizie, alla ricerca del profitto sopra ogni cosa, al disprezzo per la vita… – dovrebbero essere sempre il risvolto del che siamo chiamati a far risuonare nella vita nostra e dei nostri fratelli e sorelle.
Potremo farlo, aderendo come Maria al suo Figlio Gesù, rinnovando la nostra fede in lui, lasciandoci anche noi afferrare, come ha fatto lei, dalla benevolenza lieta e «piena di grazia» di Dio; anche noi, accogliendo il Figlio di Dio nella nostra vita, potremo diventare sempre più e meglio donne e uomini del , testimoni lieti dell’amore che rinnova e trasfigura il mondo.