Conferimento del ministero di lettore a Andrea Berselli

Nella parrocchia di S. Carlo Borromeo in Crema, il 3 giugno 2021, il vescovo ha conferito il ministero di lettore al seminarista Andrea Berselli, originario di quella stessa parrocchia. Riportiamo di seguito l’omelia del vescovo.

L’evangelista Luca segue quasi al rallentatore le azioni di Gesù, che mette in atto, nel racconto che abbiamo ascoltato, il ministero del lettore: si alza per leggere; va – presumiamo – al luogo indicato per la lettura, luogo fatto apposta per questo e presente in ogni sinagoga; riceve il libro, lo apre, cerca il testo, legge; poi richiude il libro, lo riconsegna all’incaricato, torna al suo posto, si siede (cf. Lc 4,16-21)…
L’evangelista registra minuziosamente questi gesti, perché possiamo meglio orientare l’attenzione su ciò che sta al centro, e cioè la parola stessa della Scrittura, in questo caso tratta dal libro di Isaia. Tutto punta a quel testo, nel quale Gesù trova come una sintesi della sua missione, il programma di ciò che è venuto a fare – l’annuncio del Vangelo ai poveri –, non come sua opera, ma come compito ricevuto dal Padre, che gli dona per questo l’abbondanza dello Spirito.
Un elemento essenziale ci manca, purtroppo, in questa ripresa al rallentatore dei gesti di Gesù: e cioè la sua stessa voce, come potevano udirla duemila anni fa quanti erano presenti quel giorno nella sinagoga di Nazaret; e come l’ascoltavano i suoi discepoli, o le folle, e tutti quelli che entravano in contatto con il Signore.
Anche per questo – perché, cioè, quella voce, dal punto di vista acustico, si è dissolta subito, nessun apparecchio l’ha registrata e trasmessa fino a noi – la Chiesa ha avuto, e ha tuttora, bisogno del ministero del lettore. Il cui compito è proprio, anzitutto, quello di «restituirci», in qualche modo, il suono di quella voce.

Permettetemi di insistere su questa dimensione «vocale» del ministero del lettore che, questa sera, viene affidato ad Andrea: ministero che, evidentemente, non si esaurisce nella proclamazione della Scrittura all’interno della liturgia ma comporta – come ci ricorderanno tra poco le parole del Rito di istituzione – un impegno di accompagnamento nell’educazione alla fede di piccoli e grandi, e l’essere partecipi dell’annunzio missionario del Vangelo a quanti ancora non lo conoscono.
Ma il momento simbolicamente più importante di tutto questo è proprio il «dar voce» alla Scrittura, ai testi biblici, durante la liturgia. «Dar voce», perché la Parola non sia per noi solo qualcosa da imparare, ma una Presenza da riconoscere e accogliere.
Quando leggiamo per conto nostro, possiamo interrompere quando vogliamo, distrarci, pensare ad altro… Ma quando qualcuno ci parla, e ci comunica qualcosa di importante, è proprio brutto fare dell’altro, mostrarsi distratti, controllare il telefonino…
E se Dio, se il suo Figlio Gesù, ci parla, ci fa sentire la sua voce, che cosa faremo, come ci comporteremo? Dando voce alla Parola, il lettore ci manifesta il Signore qui, presente, che fa appello alla nostra attenzione, al nostro ascolto; davanti a questa voce, siamo in grado di dire: «Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta!» (cf. 1Sam 3,9); «parlaci, Signore, perché se tu non ci parli, noi siamo come morti» (cf. Sal 28,1); «parlaci, non restare muto e silenzioso e inerte, o Dio!» (Sal 83,2).
Come ci ricorda l’Introduzione al Messale: «Quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annuncia il Vangelo» (Ordin. generale del Messale Romano, 29).
La voce e la presenza si richiamano l’una con l’altra: la voce è al servizio della presenza, e dunque dell’oggi in cui Dio ci parla (cf. Lc 4,21). Certo, potremo riprendere in mano le nostre Bibbie, i nostri Vangeli, anche nelle nostre case; è anzi bene farlo, tornare sempre sulla Parola che ci è stata proclamata. Ma quando il lettore dà voce alla Parola, si crea un «qui e ora» irripetibile: qui, adesso, ascolto la voce del Signore; qui, adesso, sono sollecitato a rispondere.
Dovremmo provare a metterci nella situazione dei cristiani che non avevano la Bibbia, nella maggior parte dei casi neppure sapevano leggere… E forse l’ascolto di ciò che passa attraverso la voce del lettore li colpiva più profondamente: come accadde al giovane Antonio, il futuro «padre dei monaci» che, diciottenne, «entrò in chiesa e avvenne che proprio in quel momento venisse letto l’Evangelo e sentì il Signore che diceva al ricco: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che che possiedi e dallo ai poveri; poi, vieni, seguimi e avrai un tesoro nei cieli” (Mt 19,21). Antonio… come se la lettura dell’Evangelo fosse proprio per lui, subito uscì dalla chiesa, donò alla gente del suo villaggio i beni che aveva ereditato…» (S. Atanasio, Vita di Antonio 2).
Certo, non sarà stata solo la bravura del lettore a suscitare nel cuore di Antonio questa scelta radicale: e però, proprio grazie a chi leggeva, la voce stessa di Gesù ha raggiunto Antonio e lo ha chiamato a seguirlo in un modo nuovo e pieno.

Tutto questo richiede certo al lettore di «fare bene» il suo lavoro, il servizio che gli è affidato; gli chiede di prepararsi in modo conveniente. Ma è chiaro che la radice fondamentale di questa preparazione non può essere se non quella che ci è stata ricordata dalle parole di Mosè nel Deuteronomio (6,3-9): ed è l’ascolto assiduo, profondo, orante della stessa Parola alla quale il lettore dovrà poi prestare la propria voce.
In un certo senso, il lettore neppure dovrebbe aver bisogno di una preparazione specifica a leggere quella lettura, quel passo della Bibbia (anche se uno sguardo, e anche più di uno sguardo, è sempre meglio darlo!): il lettore dovrebbe avere una familiarità tale con la Scrittura, una consuetudine così profonda con la Parola di Dio, che poi la lettura di una singola pagina diventa pressoché spontanea.
Il Deuteronomio esorta l’israelita ad avere costantemente con sé la Parola: impressa nel cuore, prima di tutto; ma poi ripetuta agli altri, ascoltata e meditata in casa o per la strada, al mattino e alla sera… cioè sempre! Incollata alla mano, penzolante davanti agli occhi, in modo da sbatterci contro di continuo…
Solo così, caro Andrea, la tua voce e la voce del Signore si assomiglieranno sempre più; e così anche tu potrai collaborare al rinnovarsi del miracolo di quella Parola, permettendole di continuare a risuonare in mezzo a noi oggi. E anche tu, secondo la parola dell’Apocalisse, sarai beato come lettore della Parola e strumento di beatitudine per chi ti ascolterà (cf. Ap 1,3) e riconoscerà, nella tua voce, la voce del Signore Gesù, la voce del buon Pastore (cf. Gv 10,16.27), che conduce chi la ascolta alla pienezza della vita.