Conferimento del ministero di accolito a Cristofer Vailati – Omelia del vescovo Daniele

La sera di martedì 23 giugno 2020, nella parrocchia di S. Bartolomeo di città, nella vigilia della Solennità di san Giovanni Battista, il vescovo Daniele ha conferito il ministero di accolito al seminarista Cristofer Vailati, della parrocchia di Moscazzano. Riportiamo di seguito l’omelia tenuta dal Vescovo.

 

Un legame tra le due ricorrenze di fede che ci vedono raccolti questa sera  – la solennità di san Giovanni Battista (l’unico santo, oltre alla Vergine Maria, di cui la liturgia celebra la nascita) con il dono e l’impegno che la Chiesa affida questa sera a Cristofer, conferendogli il ministero dell’accolitato – ci è suggerito da una parola che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, tratta dalla prima lettera di Pietro.
Evidentemente, questo passo è stato scelto per la Messa della vigilia di S. Giovanni Battista, perché vi si parla della missione che i profeti hanno avuto nel disegno di salvezza di Dio; e la fede cristiana, obbediente alle parole di Gesù stesso, ha considerato e considera Giovanni come l’ultimo e il più grande dei profeti che hanno preannunciato la venuta di Cristo e in particolare il mistero della sua Pasqua: perché, dice l’apostolo, i profeti «indagarono e scrutarono» sulla salvezza che Dio offre all’uomo, chiamandolo alla fede in Gesù Cristo (cf. 1Pt 1,8-10).
I profeti, dunque, «cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite» (v. 11). Ma, aggiunge ancora la lettera di Pietro, «a loro fu rivelato che, non per se stessi, ma per voi erano servitori di quelle cose che ora vi sono annunciate per mezzo di coloro che vi hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo» (v. 12).

Mi sembra da sottolineare questa espressione: «non per se stessi, ma per voi erano servitori di quelle cose…», servitori, in definitiva, dell’annuncio del Vangelo e della pienezza e grazia di Dio che appunto il Vangelo offre agli uomini. In queste poche parole, la lettera di Pietro riassume una «logica» che noi vediamo tornare più volte, nella storia della salvezza. Dio chiama l’uomo a essere suo collaboratore nel compimento del suo progetto di salvezza per l’uomo; e ce lo ricorda anche il ministero che questa sera viene affidato a Cristofer.
Molte volte, però, vediamo che Dio chiede di vivere questa collaborazione nell’orizzonte di una promessa il cui compimento l’interessato potrebbe anche non vedere. Il caso più clamoroso, nelle Scritture di Israele, è certamente quello di Mosè: a lui Dio affida la guida del suo popolo nell’uscita dall’Egitto e poi nel lunghissimo pellegrinaggio nel deserto, lo porta fin sulle soglie della terra promessa, gliela fa vedere da lontano… ma poi Mosè non ci entra, rimane sulla soglia, finisce prima il suo compito.
Ed è la stessa cosa per Giovanni il Battista: chiamato a preparare la via del Signore nella sua venuta, venuto – come dice l’annuncio dell’angelo a Zaccaria nel tempio – a camminare davanti al Signore «con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto» (Lc 1, 17), anche Giovanni si ferma sulla soglia: indica in Gesù il Messia, ne vede i primi gesti di salvezza (che fanno anche nascere dubbi nel suo cuore: cf. Mt 11,2-3), ma il suo compito, e la sua stessa vita, si chiudono prima che egli possa vedere il compimento pieno della salvezza. Non per sé, ma per altri è stato servitore della salvezza di Dio in Gesù Cristo. Del resto, ai suoi discepoli che forse erano smarriti, invidiosi persino del «successo» di Gesù, Giovanni stesso dice: «Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3,28-30).

C’è qui una chiave fondamentale anche per ogni servizio nella Chiesa: tanto più fondamentale, anzi, quanto più il servizio è appariscente – proprio anche nel senso letterale del termine. Il ministero dell’accolito avvicina all’altare del Signore: è servizio alla comunità che celebra l’Eucaristia, naturalmente non solo per le necessità proprie della celebrazione stessa (come preparare l’altare, il pane, il vino ecc.; o anche distribuire, come ministro straordinario, la comunione ai fedeli), ma perché l’Eucaristia sia davvero il centro vivente della vita di una comunità cristiana.
Ora, si corre sempre il rischio che intorno all’altare si notino troppo le persone che pure ci devono stare, a scapito di quella Presenza che dev’essere veramente centrale, la presenza del Signore Gesù nei segni sacramentali: è un rischio che corre il Vescovo, i preti, i diaconi, gli accoliti… Sempre dobbiamo ricordare che non per noi, ma per i nostri fratelli e sorelle, per tutta la comunità, siamo servitori del mistero di amore che l’Eucaristia ci dona.
Sempre dobbiamo avere questo atteggiamento, che ci porta a dire: non noi, ma Lui, il Signore Gesù; se ci impegniamo, se ci doniamo, se accogliamo un ministero, non è perché sia saltato in testa a noi, ma è perché il Signore ci chiama a questo, e ci rende capaci di un servizio che è a favore non nostro, ma suo, e dei nostri fratelli: «Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3,30): questa è una frase che anche tu, caro Cristofer, dovrai continuamente ripetere a te stesso, svolgendo il ministero che ti viene affidato, e anche continuando nei passi successivi che ti porteranno, a Dio piacendo, fino al ministero presbiterale.
Non è facile dire di sì a Dio, accogliere la sua chiamata bella ma anche impegnativa, accettando al tempo stessa questa logica molto esigente, che ci chiede di «scomparire», perché nei nostri gesti, nelle nostre parole, nel nostro servizio, si delinei il volto di Cristo.
L’Eucaristia, oltre che essere parte del ministero che ti viene affidato, è anche il luogo nel quale imparare questa logica del vivere non per sé, ma per altri: per Dio e per il suo popolo, in un servizio generoso e incondizionato.
Ti aiutino l’intercessione e l’esempio di san Giovanni Battista, venuto a preparare la strada al Signore Gesù, a far conoscere lo Sposo, a indicare l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo: e così anche tu, con il tuo ministero, potrai indicare ai fratelli Gesù Cristo e aiutarli a diventare suoi discepoli e amici.